Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Edel
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Stefano Bellotti – voce
- Francesco Magnelli – pianoforte, xilofoni
- Marzio Del Testa – batteria
- Andrea Salvadori – chitarra
- Marco Bachi – contrabbasso

Guests
- Alessandro Finaz – chitarra
- Massimo Giuntini – uillean pipe
- Patrick Wright – violino
- Nico Gori – clarino, clarino basso
- Vieri Bugli – violino


Tracklist: 


1. Il Mulo
(Alla mia cocciutaggine e testardaggine)
2. Multumesc
(Dedicato al popolo Rom e tutti noi poveri "gagi" che non sappiamo piu' sognare)
3. Sotto Le Nuvole
(Per tutti quelli che credono nell'aldiqua!)
4. Il Paese Delle Mummie
(Dedicato a questo nostro povero paese ammuffito!)
5. Io So Chi Sono
(Per quelli che hanno molti dubbi e a volte una qualche certezza!)
6. Onda Granda
(Per tutti quelli che ancora attendono l'onda!)
7. Funerale Per Sigaro E Banda
(A Luca "Gabibbo" Giacometti)
8. Fantasmi
(Per tutti quelli che passano la vita a rincorrere fantasmi!)
9. I Vestiti Del Cielo
(Dedicata alla madre di mio figlio. Liberamente tratto da una poesia di William Butler Yeats)
10. Haka
(Dedicata a tutti quelli che pensano che il mondo non sia solo tondo ma anche un po' ovale, schiacciato sui poli!!!)
11. Olmo
(A mio figlio)
12. Anime Di Passaggio
(All'amico Mario Ferrario e a tutti noi che siamo solo di passaggio, possiamo solo raccogliere, imparare e lasciare)

Cisco

Il Mulo

Quando i Modena City Ramblers hanno annunciato la dolorosa separazione dal loro indiscusso leader Cisco, tutti i loro fans hanno avuto un più o meno lungo attimo di smarrimento: cosa sarebbe accaduto, ora che il combat folk perdeva il suo unico, vero, grande esponente in nome di esigenze del tutto personali ed allora ancora completamente sconosciute? Cosa sarebbe stato, poi, dei Modena stessi, che non perdevano soltanto un poderoso interprete e un ispirato compositore, ma quasi un profeta della/dalla voce popolare? Le prime risposte sono state più che confortanti per la band, più che sconcertanti per il loro ex vocalist: mentre, infatti, la coppia “Dudu” Morandi & “Betty” Vezzani si dimostrava ampiamente in grado di rimediare all’assenza del loro predecessore al microfono, delineando una svolta non solo vocale ma addirittura programmatica della band verso orizzonti non più sociopolitici ma profondamente interiori (Mia dolce rivoluzionaria suona come un vero manifesto politico al proposito), per Cisco la ferrea volontà e l’intima esigenza di esplorare le sonorità e, soprattutto, le liriche della musica cantautoriale si rivelavano di assai difficile compimento, dando vita ad un album ahimè modesto ed approssimativo quale La lunga notte, noiosamente ripetitivo nei testi (frasi identiche si inseguono perfino all’interno di una stessa strofa) e drammaticamente approssimativo nelle linee melodiche.

La tremenda lezione de La lunga notte non è però rimasta inascoltata e Cisco è ritornato con un album, Il mulo, che riesce a valorizzare i (pochi?) spunti validi offerti dal lavoro precedente correggendone allo stesso tempo i principali difetti: i testi, soprattutto, sono molto più precisi, diretti e potenti e, con il giusto apporto di assonanze e consonanze, acquisiscono una più immediata cantabilità che, straniando l’ascoltatore, ormai del tutto avvinto dall’atmosfera intima e alternativa tracciata da melodie (meravigliosamente) essenziali, valorizza nel complesso tutto il lavoro. Proprio l’immediata “presa” delle parole e il gustoso minimalismo della struttura musicale rendono le canzoni de Il mulo estremamente efficaci: si ascoltano, si canticchiano, si capiscono, si ricordano e certamente non cadono nell’indifferenza. E’ questo lo straordinario merito dell’ultimo lavoro del neo-cantautore modenese: abbandonati definitivamente gli sguaiati echi rivoluzionari e la spesso confusionale dimensione musicale “da sagra di paese” (con tutte le conseguenti imperfezioni sonore e tecniche), Cisco riesce nel suo arduo intento di unire un innegabile sentimento di denuncia sociale (Multumesc, Il paese delle mummie) ad una lucidità riflessiva e, per quanto aspra, comunque mai rivoltosa (Io so chi sono, Onda granda), senza trascurare però né acute indagini interiori (Sotto le nuvole, Fantasmi) né l’ennesimo orgoglioso omaggio alle proprie origini contadine (Olmo), costruendo per ogni sua composizione un sottofondo musicale appropriato e coinvolgente. Con eccezioni a dir poco rare.

Il mulo
è dunque una prelibata narrazione da sfogliare con assoluta lentezza: danzando sui giocosi ritmi gitani, fra scene di accorata quotidianità zingara, di Multumesc (“Molte grazie” in romeno); sorridendo all’accogliente bonarietà con la quale, da un scomoda prospettiva laica, si schiude un tema così delicato come la religione (forse addirittura l’ateismo) in Sotto le nuvole; ruggendo alla violenta denuncia de Il paese delle mummie, evidente e rassegnato attacco a tutti i sistemi economico-politici che, come quello italiano, sfacciatamente proteggono uno status quo ormai obsoleto; riflettendo insieme con so chi sono, esplicita arringa in nome dell’ormai defunta coerenza individuale e soprattutto politica, in un tempo nel quale regna il “disordine mentale” e, al fine di avere “applausi e platea”, non resta che seguire la migliore “scia”. Ogni traccia di questo album, insomma, ha il grande pregio di comunicare contenuti precisi in maniera diretta e allo stesso tempo semplice (nella più felice accezione di questo termine), che si insinuano e sedimentano nel profondo del nostro intelletto suscitando reazioni e considerazioni: esattamente ciò che ogni cantautore pretende da sé stesso e si augura dal pubblico.

Ultime, doverose segnalazioni meritano Funerali per sigaro e banda, Fantasmi e Olmo: la prima è uno “spiritoso” ricordo di un amico scomparso, che, pur nell’evidente drammaticità del tema e della circostanza, esprime con un poderoso inciso, costruito sulle note di un coro di trombe, l’allegria e la spensieratezza della vita precedentemente condivisa; la seconda è una fresca ballata sulle grandi e piccole ipocondrie esistenziali e si lascia cavalcare da un ritmo più che vagamente sudamericano che cattura e trascina in maniera pressoché spudorata; la terza, invece, bucolica e nostalgica “fiaba da camino” per il figlio, rappresenta uno degli episodi in assoluto meglio riusciti di tutta la produzione dialettale dell’artista, che ricostruisce in maniera oserei dire struggente le suggestive atmosfere della faticosa e sanguigna vita di campagna.

Naturalmente ogni album che si rispetti deve contenere almeno un momento mal riuscito e nel nostro caso sono, ma è nulla di grave, ben 2: Haka, ingombrante omaggio al pregevole mondo del rugby, è un brano fastidiosamente noioso dove riecheggiano tutte le pecche dell’opera precedente dell’autore; la titletrack Il mulo, invece, si direbbe un esaustivo manifesto delle intenzioni artistiche del cantautore, l quale, volendo forse mascherare dietro scherzosi sfondi musicali una severa ironia, finisce al contrario per dar voce a un frullato a dir poco maldestro di suoni e parole ancora una volta ripetitivi e, di quando in quando, addirittura insensati.

In conclusione, per poter giudicare con la massima obiettività possibile quest’ultimo lavoro di Cisco sarebbe necessario accantonare per un momento il suo background musicale e soprattutto ideologico: che questo infaticabile artista stia vivendo una “seconda vita” musicale, infatti, nonostante sia una formula piuttosto abusata, in questo specifico caso è affermazione tutt’altro che inappropriata. Con ogni probabilità storceranno il naso tutti coloro i quali non hanno mai condiviso la sua radicata ideologia rivoluzionaria e anche quanti, forse, non hanno mai apprezzato la dimensione prettamente folkloristica e popolare della sua invenzione musicale: entrambi questi aspetti non devono però pregiudicare l’ascolto de Il mulo, anzi, l’abbandono dei quali è suo indiscutibile motivo di encomio. Dal punto di visto musicale, d’altronde, non c’è dubbio che questo lavoro sia opera di tutt’altro spessore rispetto al precedente La lunga notte, risultando i miglioramenti notevoli ed evidenti sin dal primo ascolto: se è vero poi che un artista raggiunge la sua piena maturità artistica solo in corrispondenza del suo terzo album, il prossimo non potrebbe essere che, davvero, un capolavoro. Per ora, comunque, meglio non illudersi e continuare piuttosto ad apprezzare questo nuovo Cisco, più intimo, più riflessivo, più serioso, ma pur sempre grintoso, vibrante e cocciuto: proprio come un mulo.

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