Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
The Mylene Sheath/Make My Day
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Philip Jamieson - Chitarra, Tastiere, Sampling, Programming
- Calvin Joss - Chitarra, Glockenspiel
- Chris Friedrich - Basso
- Joe Vickers - Batteria
- Erin Burke-Moran - Chitarra

Tracklist: 

1. Mie
2. La Cerva
3. Ghost Of The Garden City
4. Malacoda
5. Epochs in Dmaj
6. Of Foam and Wave
7. Concrescence
8. The Raven
9. Vienna
10. Sycamore

Caspian

Tertia

Saliti alla ribalta sebbene fin troppo debitori di gran parte del post rock a tinte shoegaze che tanta fortuna ha incontrato in questi ultimi anni, i Caspian - dopo aver esordito nel 2007 col discusso The Four Trees - tornano a distanza di due anni con un album che non cambia i discorsi e le critiche affiorati dopo la pubblicazione dell'esordio. Doveva essere l'esperimento della crescita, del perfezionamento e di una maturazione che per certi versi è avvenuta ma non in maniera del tutto completa e omogenea: Tertia cavalca palesemente l'onda del nuovo post rock di matrice essenzialmente canadese (e in minor parte europea), inabissandosi in uno stile che di personale ha ben poco, in quanto riporta nuovamente in auge stilemi, canoni compositivi e atmosfere del genere che molti altri acts (destroyalldreamers su tutti) hanno saputo ricostruire in maniera sicuramente più peculiare.

Rispetto al predecessore, Tertia dimostra senz'ombra di dubbio una maggiore attenzione alla raffinatezza e alle più eleganti alchimie strumentali ma, sebbene il registro compositivo risulti essere sempre ben impostato e non privo di un suo fascino evocativo, l'impeto e lo slancio melodico - che in The Four Trees di certo non mancavano - faticano a venire fuori, e quando lo fanno il tutto rischia costantemente di esaurirsi nel clichè e nella ripetitività. L'atmosfera, supportata da un vivace ensemble strumentale, c'è e si fa sentire, ma i contenuti melodici rimangono rinchiusi nel loro originario liquido embrionale esplodendo solo in rari casi (la splendida The Raven).

Lo stile dei nuovi Caspian, lontano dai minimalismi del precedente full-lenght e sempre più contaminato dalle larghe distese shoegaze oltre che da un mood decisamente più fumoso e psichedelico, è in ogni caso affascinante ed estremamente denso, sebbene fin troppo debitore dell'assetto sognante e nebbioso della nuova wave post rock d'oltre oceano. Il problema dei Caspian è fondamentalmente quello di aver colmato le lacune del precedente disco creandone però delle altre laddove quest'ultimo risultava invece convincente: se The Four Trees peccava infatti per uno stile ancora incompleto e dispersivo, risultando però positivo sotto il profilo melodico, Tertia capovolge completamente la situazione guadagnando in precisione ed eleganza ma perdendo di mordente. Lasciati da parte i migliori episodi del disco (le travolgenti esplosioni del capolavoro Ghost of the Garden City, il lento finale di Malacoda, la sopracitata The Raven), l'album si perde infatti in continui ricicli melodici (Concrescence) e in spiazzanti introspezioni ambientali di certo non esaltanti (Mie, Vienna) che non contribuiscono a sostenere il vigore espressivo ed atmosferico dei prima citati capolavori, uniche, brevi parentesi di uno stile che deve ancora maturare moltissimo tanto nella ricerca stilistica (di questi tempi il post rock ha bisogno esclusivamente di idee originali e non di fotocopie) quanto nell'intuizione melodica.

Tertia è un lavoro che doveva affermare concretamente le capacità dei Caspian e che invece non fa altro che dimostrarsi un album di pura transizione in cui le idee dei giovani statunitensi vengono "esteticamente" migliorate senza di fatto raggiungere una dimensione peculiare e positivamente distaccata, oltre che più densa a livello di contenuti. The Four Trees, seppur nella sua 'adolescenziale' imperfezione formale, risultava al confronto sicuramente più intenso e fresco.
Peccato, perchè i Caspian possono (o almeno lo si spera) fare molto di più.

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