Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
1985
Line-Up: 

- Lord Petrus Steel - voce, basso
- Keith Alexander - chitarra, voce
- Louis Beateaux - batteria


Tracklist: 

1. Predator (04:33)
2. Carnivore (03:22)
3. Male Supremacy (07:31)
4. Armageddon (04:14)
5. Legion of Doom (03:31)
6. God Is Dead (04:13)
7. Thermonuclear Warrior (05:38)
8. World Wars III and IV (10:13)

Carnivore

Carnivore

Negli ultimi tempi siamo stati abituati a grandi reunion da parte di band del passato e ciò non può che far piacere a molti. Bene, il 2006 è stato l’anno del ritorno sulle scene dei Carnivore da Brooklyn i quali, dopo tanti anni di inattività hanno ricominciato a “deliziarci” con i loro eccessi. Quindi, quale occasione migliore per farci un bel viaggetto nel passato per riscoprire il loro primo album?

Per chi non lo sapesse ancora, i Carnivore furono e sono, il gruppo che ha aperto la pista a colui che sarebbe diventato ben più famoso con i Type O Negative, ovvero il mitico Peter Thomas Steele (vero nome Peter Ratajczyk). Costui era un personaggio burbero, violento, masochista e famoso per le sue scorribande nei quartieri malfamati a picchiare un po’ tutti quelli che osavano dire qualcosa. Al momento della formazione correva l’anno 1982 e dopo una demo nel 1984, fu ora della realizzazione del loro omonimo debutto.
Letteralmente ossessionati dalla guerra, dalla tecnologia, da futuri scenari apocalittici e dalla supremazia maschile, nel 1985 diedero alle stampe un disco veramente unico. I Carnivore o si amavano o si odiavano, ma non si poteva restare indifferenti innanzi alla loro proposta. I temi che contraddistinguevano i loro testi possono sembrare ingenui e ridicoli, ma allora non erano così abusati come al giorno d’oggi e in pochi capirono veramente l’humour che si celava dietro a tanta violenza immaginaria.

La loro proposta dal punto di vista musicale si rifaceva a tutto il movimento “estremo” di allora: thrash, speed ma anche punk e crossover, senza disdegnare passaggi epici o doom. Insomma, come originalità niente da dire, per il periodo. Leggendarie furono le loro esibizioni live, alle quali i Nostri si presentavano vestiti da guerrieri venuti da un futuro devastato da disastri nucleari, tirando frattaglie e secchiate di sangue su d’un pubblico sempre più inferocito.
Parlando nello specifico dell’album in questione non si può non rimarcare l’incredibile ferocia sprigionata dal gruppo che non cala in nessuna delle composizioni. È difficile stabilire quale brano sia più rappresentativo per il gruppo perché, per coloro che li adorano, non c’è distinzione tra queste composizioni: sono tutte affascinanti ed estremamente coinvolgenti. L’accento marcatamente non americano di Peter accompagnato da una voce malata, possente e disturbata, sono un vero e proprio trademark; come anche il suono del suo basso: sempre distorto con tanto di strana eco.

Gli stacchetti con versi e rumori vari di Predator sono storici; come anche i rallentamenti doom, le ripartenze speed e i vagiti femminili della title track. Con la terza traccia, ovvero Male Supremacy si tocca per la prima volta l’apice nel disco: inizialmente i riffs hanno un qualcosa di vagamente hard rock per poi trasformarsi in bordate di puro thrash. I testi sono deliranti e la voce di Pete si fa ancora più cavernosa e potente. Il break melodico in questa traccia è qualcosa d’incredibile e completamente fuori da ogni logica in una canzone di tale violenza; qui si può dire che Steele si stesse già allenando per i Type O Negative con la sua voce profonda e baritonale a descrivere gesta eroiche e conquiste sessuali.
In Armageddon fanno nuovamente capolino i rallentamenti doom misti ad un ritornello tanto semplice quanto efficace per fare scapocciare a tutto andare. I coretti di God Is Dead, con tanto di stacchi simil-samba sono da antologia, ma è solamente con le due ultime composizioni, Thermonuclear Warrior e World Wars III & IV, che si raggiunge nuovamente l’apice in aggressività e coinvolgimento. Queste due tracce sono veramente devastanti e il tipico suono di batteria anni ’80 contribuisce a creare un muro di suono incredibile.

Esplosioni, distruzione e genocidio: questo è tutto ciò che rimane dopo l’ascolto di questo grande disco ad opera dei Carnivore. Il seguente Retaliation (1987), pur essendo un buon album, perderà un po’ in termini d’originalità e freschezza quindi per ora godiamoci questo gioiello, in attesa, magari, di future nuove composizioni. “Crush, Kill, Destroy!”


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