Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Earache
Anno: 
1991
Line-Up: 

- Jeff Walker - Voce, Basso
- Michael Ammott - Chitarra, Voce
- Bill Steer - Chitarra
- Ken Owen - Batteria

Tracklist: 

1. Inpropagation
2. Corporal Jigsore Quandary
3. Symposium Of Sickness
4. Pedigree Butchery
5. Incarnated Solvent Abuse
6. Carneous Cacofinny
7. Lavaging Expectorate Of Lysergide Composition
8. Forensic Clinicism / The Sanguine Article

Carcass

Necroticism - Descanting the Insalubrious

Come non sentire la putrefazione avanzare solenne, l'odore della morte espandersi lentamente, come non toccare con mano tremante budella e intestini insanguinati, come non avvertire la maestosa e terrorizzante macchina chirurgica annichilire il cuore quando Necroticism - Descanting the Insalubrious comincia a far vibrare la propria pandemonica forza distruttiva? Rimanere impassibili di fronte al teatro delle oscenità, al dissacrante cabaret del sangue e al devastante delirio sonoro che i Carcass hanno immortalato in quello che - da molti fan e in molti casi - viene considerato come il loro irripetuto capolavoro, è assolutamente impossibile, contronatura, quasi proibito. Perchè riuscirono a rendere ancor più sporco e impazzito il proprio mondo rispetto all'esordio di culto Reek of Putrefaction? No, bensì perchè procedettero - anche se ovviamente non in maniera totale - per la via opposta, quella della conscia maturazione, del cambiamento, dell'originalità. Ed è grazie all'aver intrapreso quella strada che oggi Necroticism continua ad essere visto come uno dei più grandi esperimenti a cavallo tra grindcore e death metal nella storia della musica estrema. Perchè non si tratta di altro se non di questo improvviso e inaspettato cambio di rotta, di questa trasformazione che da puzzolenti grindcorer impazziti ha mutato i Carcass in un gruppo decisamente più maturo e ricercato, per certi versi affascinante.

Smaltite le scorie iper-marcie e la confusionaria follia compositiva di Reek of Putrefaction (1988), già Symphonies of Sickness (1989) aveva incominciato a trasformare il caos del grind e a trasportarlo verso un death metal non per questo meno violento e distruttivo. Di tale processo evolutivo Necroticism non segna assolutamente la conclusione bensì l'inequivocabile via di mezzo, la perfetta giuntura tra lo stile sporco e anarchico dell'esordio e una ricercatezza sempre più calibrata, non priva di un suo spessore anche 'atmosferico'. Sciolte e rallentate le linee ritmiche e un riffing da cui continua comunque ad emergerne l'indole marcia, Necroticism si concentra prepotentemente su un impeto melodico mai così vivo, oscuro, straziante: i capolavori che costituiscono l'ossatura del disco presentano infatti un'atmosfera del tutto diversa da quella dei predecessori, meno caotica ma sorretta da un vigore espressivo incredibilmente superiore, in grado di conservare la sporcizia sonora del passato e al contempo di immetterla in un disegno compositivo molto più ragionato e arrangiato con crescente perizia tecnica e creativa.

Necroticism va allora considerato come un disco grind 'ammorbidito' o come uno tra i più marci album death metal della storia? Nessuno dei due e allo stesso tempo entrambi. Tanto il grind quanto il death prevalgono continuamente l'uno sull'altro, compenetrandosi ad ogni istante e fondendosi in un linguaggio mai creato nè pensato prima. Questa è la particolarità di Necroticism e questo ciò che lo rende un capolavoro senza tempo nell'infernale contro-olimpo del metal estremo. E seguendo queste linee guida i gioielli insanguinati dei Carcass cominciano così a cadere uno dopo l'altro, lasciando allo sfiancante marciume di Inpropagatiom il compito di aprire le danze di questo osceno spettacolo da sala operatoria ammuffita e fantasmagorica. Il canto di Jeff Walker è straziato e angosciante, il drumming di Rob Owen marziale, le chitarre di Bill Steer e Micheal Ammott sono più lente ma immerse in una distorsione che esala morte e putrefazione ad ogni pennata, ad ogni singolo riff che va lentamente a costruire un inquietante immaginario sanguinolento in cui gli organi umani vengono violentemente estratti e usati per realizzare fertilizzanti, cibo animale (le sotterranee discese melodiche del capolavoro Pedigree Butchery), strumenti musicali (i contrasti ritmici e l'atmosfera malsana di Carneous Cacoffiny). Ciò che maggiormente colpisce di Necroticism è il suo devastante impeto melodico, aspetto bizzarro per un disco da molti ancora definito grind: le splendide accellerazioni di Incarnated Solvent Abuse (che raggiungono il loro apice nel riff di sostegno all'ultimo assolo di Ammott), il riffing travolgente di Corporal Jigsore Quandary e Lavaging Expectorate Of Lysergide Composition e il marciume dello straziante capolavoro Symposium of Sickness sono esempio - ognuna col suo devastante totem di sporcizia concettuale e violenza sonora - della maturità e della grandezza compositiva raggiunta dai Carcass, della loro capacità di integrare splendidamente grind e death metal e, soprattutto, della loro genialità nel saper far rabbirividire e contorcere, del loro perverso modo di shockare ed emozionare.

Diverso dall'orgia distorta dei precedenti dischi ma altrettanto seminale per le invenzioni e la ricerca stilistica che ne costituiscono l'esoscheletro, Necroticism è un'indiscutibile pietra miliare di tutto il metal estremo, di quell'universo che i Carcass hanno profondamente scosso e segnato con un un disco superbo e storicamente fondamentale per comprendere al meglio non solo il processo evolutivo di Steer e soci (il successivo gioiello Heartwork partirà proprio dalle basi di Necroticism per rendere definitivo il salto nel death metal vero e proprio) ma anche le dinamiche del metal europeo della prima metà degli anni '90. Straziante.

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