Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Relapse Records
Anno: 
2011
Line-Up: 

Dan Lilker - Bass 

Kevin Sharp - Vocals 

Richard Hoak - Drums 

Erik Burke - Guitars 

Tracklist: 

1. Malice  03:27   

2. Simple Math  01:26   

3. End Time  01:58   

4. Fuck Cancer  00:59   

5. Celebratory Gunfire  01:28   

6. Small Talk  01:41   

7. .58 Caliber  00:54   

8. Swift And Violent (Swift Version)  00:47   

9. Crawling Man Blues  01:41   

10. Lottery  01:11   

11. Warm Embrace Of Poverty  03:47   

12. Old World Order  01:25   

13. Butcher  02:55   

14. Killing Planet Earth  01:28   

15. Gut-Check  02:36   

16. All Work And No Play  01:35   

17. Addicted  02:04   

18. Sweet Dreams  01:31   

19. Echo Friendly Discharge  01:49   

20. Twenty Bag  00:45   

21. Trash  00:05   

22. Drink Up  03:43   

23. Control Room  15:21

Brutal Truth

End Time

Approcciarsi ad un disco dei Brutal Truth non è cosa facile. Qui non stiamo parlando di un grindcore facile da digerire. Non è un grindcore lineare, semplice nelle strutture o in qualche modo talmente arrembante da trascinare l’ascoltatore in un perpetuo scapocchiare. Da anni ormai il gruppo di Dan Lilker sfodera una proposta intricata per il genere, cervellotica e pregna di sorprese. Per gli amanti dei Lock Up, dei Terrorizer o dei primi Napalm Death l’ascolto di questo nuovo lavoro dal nome End Time sarà abbastanza arduo e per far sì che il disco possa essere assimilato necessiteranno parecchi ascolti. Da tempo ormai il gruppo ha abbandonato la componente death metal che regnava nei primi lavori ad inizio anni 90 per dedicarsi ad un massacro sempre calcolato, chirurgico ma volontariamente caotico allo stesso tempo.

Il nuovo lavoro, uscito a distanza di due anni da Evolution Through Revolution, annovera ventitre canzoni per una durata totale che sfiora l’ora. Tanta carne al fuoco per questo nuovo, folle album. L’introduzione di Malice è cupa, marziale e con le prime urla di Kevin Sharp ma è solo con la successiva Simple Math che si entra veramente nello stile dell’album. Blast beats improvvisi vengono alternati con up-tempo a sostenere riffs schizoidi, dissonanti e pieni di controtempo. La voce si alterna tra scream e growl in un caos cosmico che non conosce limite. Il groove a tratti contraddistingue alcune brevi sezioni con il riffing delle chitarre che si distende ma si tratta di episodi veramente sporadici in questo mare di velocità incontrollata che più volte può richiamare alla mente la follia dei Meshuggah. Il basso di Dan è già ben in evidenza in occasione della successiva title-track tra i vari stop con seguenti velocizzazioni. Il suo suono distorto al massimo è forse l’unico elemento in contrasto con la pulizia, per certi versi strana, della chitarra e della batteria. La registrazione di per sé rende il tutto molto chiaro senza dare l’effetto “plastificato” che troppe produzioni possiedono ora.

Difficile inquadrare una canzone che possa elevarsi sulle altre in questa sequenza terremotante a base di grindcore senza compromessi. Le tracce vengono vomitate in veloce successione e forse per ascoltare qualcosa di maggiormente strutturato bisogna aspettare i tempi medi e ottimamente grooveggianti di Celebratory Gunfire, canzone fortemente debitrice agli ultimi Napalm Death. La successiva Small Talk è forse la canzone che rappresenta maggiormente una volontà di ritorno al passato crust/grind di metà anni 80 grazie ad un riffs più semplice, canonico ed arrembante senza che i vari sfoghi tipici della band vengano meno. Una serie di episodi molto tecnici e veloci ci vengono proposti prima che le influenze doom di  Warm Embrace of Poverty ci trasportino nei meandri più lugubri e sudici dell’album. Ancora una volta, come ben potete notare, le tematiche di stampo sociale sono sempre radicate nella penna del gruppo.

Nella seconda parte dell’album possiamo trovare tematiche di stampo ecologista in occasione della ferale, tiratissima Killing Planet Earth o influenze tipicamente hardcore nella diretta ma più lineare All Work and No Play. Avvicinandoci alla fine dell’ascolto continuiamo ad essere assaltati da continui blast beats in un percorso irto che raggiunge la tipica canzone grindcore da un paio di secondi di durata: Trash. Nessuna concessione alla melodia o volontà di mediare. I Brutal Truth anche su questo album non conoscono limiti alla loro aggressività e se pensate che una canzone doom come Drink Up o il caos della lunga Control Room non siano capaci di disturbarvi come gli episodi più veloci, provate e mi direte.

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