Voto: 
8.2 / 10
Autore: 
Lorenzo Iotti
Etichetta: 
Jagjaguwar
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Stephen McBean - voce e chitarra
- Amber Webber - voce, tastiera e chitarra
- Matthew Camirand - basso
- Jeremy Schmidt - tastiera
- Joshua Wells - batteria e percussioni

Tracklist: 


1. Stormy High - 4:32
2. Angels - 3:07
3. Tyrants - 8:00
4. Wucan - 6:01
5. Stay Free - 4:29
6. Queens Will Play - 5:15
7. Evil Ways - 3:25
8. Wild Wind - 1:42
9. Bright Lights - 16:37
10. Night Walks - 3:55

Black Mountain

In the Future

A quarant’anni dal ‘68, e a poco meno dallo storico festival di Woodstock, le riminescenze di quella che fu la freak generation continuano ad esercitare un enorme fascino sulle nuove generazioni, così come il principale contributo di questa scena alla storia della musica: il rock psichedelico. Tra queste nuove generazioni sono senza dubbio compresi i canadesi Black Mountain, moderni “figli dei fiori” che già nel 2005 debuttano con un album omonimo decisamente interessante, che riprende in modo personale le atmosfere folli e visionarie che popolavano la musica tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, figlie spesso e volentieri di un uso spropositato di acidi e sostanze varie.
Tre anni dopo, ritroviamo la band di Vancouver alle prese con lo stesso percorso stilistico ed espressivo; ma con il secondo album, Into The Future, sembra che i Black Mountain vogliano mantenersi fedeli al titolo e riportare nel futuro (o forse, per non esagerare, sarebbe meglio dire nel presente) la propria musica, compiendo un complesso e riuscito lavoro di analisi e sintesi su tutte le espressioni della musica psichedelica; il tutto avvolto da un alone inquietante che odora di quel senso di oscuro ed esoterico che fece grandi band come Black Sabbath e Velvet Underground.

La furia visionaria e distorta dello stoner dei Kyuss, i patterns di tastiera di Doors e Grateful Dead, gli acidi giri di chitarra dei Jefferson Airplane, i riff granitici e i vocalizzi folli dei Black Sabbath, le atmosfere distese e visionarie dei Pink Floyd e dei Beatles di Lucy In The Sky With Diamonds, lo sperimentalismo psichedelico del post metal, il folk semplice, puro ed evocativo...con tutto questo, e molto altro, ha a che fare In The Future, tutto questo è talora sovrapposto, talora accostato, senza perdere per un attimo quell’atmosfera visionaria ed inquietante che costituisce il leitmotif dell’album, e che raggiunge il suo apice nella straordinaria carica evocativa di brani come Queens Will Play e Bright Lights. La scelta dell’alternanza di due voci, maschile e femminile, che già nel disco precedente si era rivelata vincente, in questo caso acquisisce una enorme forza espressiva; merito dell’unione perfetta della voce di Stephen McBean, ora dolce, ora visionaria, ora sulle folli orme di Ozzy Osbourne (vedi Evil Ways), e del tono ammaliante di Amber Webber, che su pezzi come Night Walks e Wucan raggiunge picchi di forza emotiva che ricordano nomi come Bjork o Nico.
Inutile analizzare l’album pezzo per pezzo, poichè ognuno di questi esprime una realtà a parte in continua evoluzione; vale la pena però segnalare brani lunghi e articolati come Bright Lights, che ondeggia tra l’occultismo dei Velvet Underground, i break sognanti dei Pink Floyd e momenti di folle divagazione strumentale, o Tyrants, ideale punto di unione tra pezzi come Sabbath Bloody Sabbath, Stairway To Heaven e Wish You Were Here, spezzato nel mezzo dalla stupenda voce di Amber, per poi concludersi con un folk dolce e sommesso.

Derivativi? Certo, e volutamente. Anacronistici? No, per niente; i Black Mountain riescono nel difficilissimo compito di riportare in auge e riammordernare le atmosfere del passato, strappando sorrisi nostalgici senza che questo interferisca con la loro creatività, la quale nasce proprio dal coniugare una serie di influssi disparati in un unico tema musicale, ma soprattutto dal finalizzare questa ricerca stilistica ad un flusso interminabile e ininterrotto di visioni ed emozioni. Inutile dire che, se si pensa che la buona musica debba per forza esprimere qualcosa di nuovo, se ne può tranquillamente stare alla larga; buon “viaggio” a tutti gli altri.

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