Voto: 
9.5 / 10
Autore: 
Gravenimage
Etichetta: 
Massacre/Audioglobe
Anno: 
2001
Line-Up: 

- Finn Zierler - tastiera

- Jorn Lande - voce

- Tomas Freden - batteria

- Anders Kragh - chitarra

- Anders Lindgren - basso




Tracklist: 

1. Hellfire

2. Godless & Wicked

3. Shadowland

4. The Devil's Waltz

5. Crying

6. The Devil's Hall Of Fame

7. Closing The Circle

8. Perfect Dark

Beyond Twilight

The Devil's Hall of Fame

Ci sono uscite musicali che, pur non potendo contare su un vasto numero di ascoltatori, lasciano un’impronta indelebile su quei pochi ai quali sfiorano il padiglione auricolare. E questo non solo, o non necessariamente, perché portatrici di sconvolgenti rivoluzioni nel modo di fare o intendere la musica, ma per qualcosa di più sottile, di più impalpabile, di sostanzialmente inafferrabile se non ad un livello fortemente interiore.
Al momento della sua uscita, The Devil’s Hall of Fame incontrò il favore praticamente unanime di tutti, critica e pubblico. Frutto della mente non troppo sana di Finn Zierler, il progetto Beyond Twilight è stato pensato dal folle tastierista come superamento dei suoi Twilight. Se questi ultimi si muovevano nell’ambito del power metal, i Beyond Twilight si propongono appunto di andare “oltre” (“Beyond”) le passate facili sonorità. Una crescita in “progressive” per esplorare l’anima più a fondo, nei suoi meandri più nascosti, più estremi e darne cosi una lettura musicale che unisce come non mai l’esperienza sonora a quella interiore. Zierler ha bisogno di meditare, di trovare e sperimentare dentro di se quelle sensazioni che vuole esprimere nelle sue musiche, cosi si isola dal mondo, va in Africa e medita a lungo, solo, nel deserto del Sahara. Penserete certo: è fuori come una banderuola. Ovvio. E pensare però che, a prescindere dalla bizzarria, il risultato è realmente notevole.

Al suo ritorno Finn non ha difficoltà a riunire sotto di sé un gruppo di musicisti scandinavi di valore, in parte già presenti nei Twilight. Ma dove trovare ora un singer in grado di misurarsi su temi che necessitano una capacità interpretativa fuori dal comune? Ecco che si aggiunge l’ultimo tassello: Jorn Lande è uno dei cantanti rock più dotati tutt’ora in circolazione sul globo (anche se gran parte del globo tutt’ora non lo sa). Insieme il tastierista e il singer si dedicano a rielaborare le idee che Finn ha maturato nel corso dei suoi solinghi e pensosi scorrazzamenti, e fondamentale è il lavoro svolto a quattro mani sui testi.
In definitiva, The Devil’s Hall of Fame è un concept album; parla del viaggio di un uomo che riesce, tramite il computer, ad entrare nel proprio cervello, e del suo allucinante viaggio interiore tra i recessi più profondi della sua anima. Dal booklet si legge: “Qualcuno ha impiantato un chip nel suo cervello ed egli (il protagonista) si accorge che alcuni files sono corrotti e altri mancano. Inoltrandosi più in profondità nel suo cervello egli lentamente riacquista parti della memoria che aveva perduto e si imbarca per un viaggio attraverso il tempo”.

Viaggio all’interno che si intreccia fino a fondersi al percorso musicale, creando un sound oscuro, a tratti epico, ben evidente nei ritmi maestosamente cupi dell’opener Hellfire. A questi si associa, senza preponderanza, e per giunta in armonia con il contesto narrativo, un uso moderato ma efficacissimo dell’elettronica. Magistrale l’interpretazione di Jorn Lande, che dà il meglio di sé con un cantato che è assieme graffiante e struggente, sempre potente e trascinante, tanto da rendere facile il pensiero che il singer abbia fatto realmente proprie le sensazioni di colui che si esplora, un po’ si scopre e un po’ si distrugge, in una perenne tensione emotiva. Shadowland è un esempio di come la genialità compositiva di Zierler si sposi alla stratosferica prova del cantante norvegese: un inizio tanto tenebroso da far venire i brividi alla schiena, che si spezza poi inaspettatamente in un ritornello dai toni epici e pacati, che riecheggia le influenze da hard rock melodico di Lande.
Si potrebbe andare avanti una vita a discutere, ad analizzare, ma la vera esperienza è ascoltare quest’album: senza capirlo, senza mai annoiarsene, con la sensazione perenne di un disagio che ci sfiora sottopelle e poi ci lascia storditi, incapaci di non lasciarci tormentare ancora da quella voce, da quella musica, che viene da fuori, oppure da un altro posto, decisamente più vicino.

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