Prendiamo i Flaming Lips di At War With The Mystics per fare un esempio comprensibile più o meno a tutti.
Quell'album, al netto della folle genialità della band, rappresenta un possibile manifesto di come attingere completamente dalla musica di decadi passate (60', 70' .. fate un po' voi) evitando accuse di retromania e restando credibili anche agli occhi di chi esige sempre le nouveau tout court.

Con i Bad Love Experience forse siamo abbastanza lontani dai suoni della band di Oklahoma City ma in quanto ad attitudine esplosiva e inglobante è la prima che mi è venuta in mente quando è partito Believe Nothing.

L'attenzione quasi maniacale ai suoni sintetici, evidente in queste sei tracce, proietta la band in avanti rispetto ai nomi di più celebri gruppi italiani per i quali la dicitura 'indie-pop stilizzato' sarebbe sicuramente riduttiva – vedi Baustelle o Amor Fou – ma altrettando evidente è anche una comunanza con costoro nella volontà di voler interpretare – ognuno a modo suo – una nouvelle vague nostrana (cantata in inglese in questo caso e al netto di tentanzioni cantautorali per fortuna) che punta tutto su un candido, romantico cinismo piuttosto che sul solito fascino décadent.

Le esperienze degli ascolti stratificati (e dei lavori precedenti) della formazione livornese emerge pienamente da queste sei tracce dove si affaccia – soprattutto nelle pieghe della voce di Valerio Casini – il Lee Ranaldo solista ma anche vocalizzi tipo quelli di First Circle di Pat Metheny.

Stima dunque per i Bad Love Experience, band che se domani pubblicasse un album tutto rock o al contrario completamente elettronico, troveremmo sicuramente interessante.