Voto: 
7.6 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Megaforce Records/Frontiers
Anno: 
2007
Line-Up: 

- H.R. - voce
- Dr. Know - chitarra
- Daryl Jenifer - basso
- Earl Hudson - batteria

Tracklist: 

1. Give Thanks And Praises (02:25)
2. Jah People Make The World Go Round (02:10)
3. Pure Love (00:56)
4. Natty Dreadlocks 'pon The Mountaintop (03:32)
5. Build A Nation (01:44)
6. Expand Your Soul (02:49)
7. Jah Love (03:08)
8. Let There Be Angels (Just Like You) (02:27)
9. Universal Peace (03:04)
10. Roll On (04:04)
11. Until Kingdom Comes (03:20)
12. In The Beginning (01:32)
13. Send You No More Flowers (02:32)
14. Peace Be Unto Thee (03:54)

Bad Brains

Build a Nation

A volte ritornano. Dopo cinque anni di assenza riecco sotto i riflettori i Bad Brains, pionieri nonché padri fondatori dell’East Cost Hardcore statunitense. Le reunion sono di casa nel mondo del Rock, per non parlare della scena Hardcore. I Bad Brains non fanno eccezione: scioltasi una prima volta nel lontano 1984, la band di Washington ha passato momenti molto travagliati per tutto il corso degli anni novanta, mutando stile ed avvicinandosi sempre di più al Dub - Reggae. Il culmine lo si è raggiunto nel 2003 con l’album I And I Survived, in cui mancavano quasi del tutto le influenze Hardcore Punk. Il disco ebbe il merito, o la colpa, a seconda dei punti di vista, di far tornare sui propri passi il gruppo nordamericano, spingendolo ad una ricerca delle sonorità che resero unici Bad Brains e Rock For Light, due fra gli album più influenti mai scritti nella storia del Punk - Hardcore. Dopo numerosi rinvii e ritardi di vario genere, reclutato Adam Yauch dei Beastie Boys in veste di produttore, i Bad Brains scelgono di entrare in studio per l’ennesima volta. Forti di un contratto con la Megaforce Records, H.R. e compagni danno perciò alle stampe Build A Nation, loro ottavo full lenght.

Va detto subito e senza mezzi termini: Build A Nation non è un capolavoro, né si avvicina minimamente a dischi come Bad Brains e Rock For Light. Dai Bad Brains, però, ci si poteva aspettare di tutto, viste le tante sorprese a cui abbiamo avuto modo di assistere dal 1979 ad oggi. In effetti, sarebbe stato troppo semplice e scontato pubblicare un normalissimo album Hardcore, magari una sbiadita fotocopia dei masterpiece citati poc’anzi. E invece i Bad Brains hanno voluto andare oltre, come sempre. Hanno voluto andare oltre conferendo ad un disco potente e tirato una produzione tipicamente Dub, con tanto di lieve eco dei suoni (in particolar modo delle parti cantate). Sebbene in passato sia già capitato in misura minore, questo è un aspetto comunque da non sottovalutare, anche perché potrebbe, da solo, allontanare prematuramente un ascoltatore da Build A Nation. La chiave sta nel abituarsi a questo sound, sicuramente particolare, impresa non da poco per chi apprezza dell’Hardcore le sfaccettature più austere e canoniche.

Approfondito il difetto principale che affligge Build A Nation, passiamo ora all’analisi degli aspetti prettamente musicale del disco. L’album contiene una serie di pezzi abbastanza singolari visto il tipo di suono offerto, ne sono una dimostrazione l’opener Give Thanks And Praises e Send You No More Flowers. Non potevano comunque mancare brani più tradizionali (vedi Jah People Make The World Go Round o la breve Pure Love), resi però unici dall’inconfondibile voce di Mr. H.R.. Immancabili, inoltre, le canzoni orientate verso lidi puramente Reggae, con qualche sfumatura Dub che non guasta mai: Natty Dreadlocks 'pon The Mountaintop, Jah Love, Roll On (un titolo, un programma), Until Kingdom Comes e Peace Be Unto Thee. Sono proprio questi, in realtà, i brani più diretti e di facile assimilazione, quelli apprezzabili fin dal primo ascolto. Niente da ridire invece sulla preparazione dei quattro musicisti afroamericani, conosciuti e stimati fin dai primi anni di carriera per le proprie capacità tecniche. Se i Black Flag, infatti, erano quelli che suonavano più veloce, i Bad Brains erano quelli che lo facevano meglio. Oggi, chiaramente, il tasso tecnico si è alzato ed i Bad Brains non fanno più parte di un elite, tuttavia il combo nordamericano se la cava ancora egregiamente, nonostante l’età.

Build A Nation non è un disco per tutti, anzi, è forse più adatto gli amanti del Rock in generale che non agli appassionati di Hardcore vero e proprio. I Bad Brains hanno sempre rappresentato un gruppo a sé, e quando nella scena si parlava con insistenza di unità loro erano più interessati all’erba, alla buona musica. Un ritorno gradito insomma, a dimostrazione che nemmeno gli anni possono cancellare tanta classe. Non resta quindi che attendere l’annuncio di un tour mondiale, anche se, a dire il vero, non è impossibile che i Bad Brains, da buoni rastafariani, decidano di escludere l’Italia dalla loro discesa europea.


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