Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Trisol Music/Audioglobe
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Emilie Autumn – tutti gli strumenti


Tracklist: 


1. Opheliac
2. Swallow
3. Liar
4. The Art Of Suicide
5. I Want My Innocence Back
6. Misery Loves Company
7. God Help Me
8. Shalott
9. Gothic Lolita
10. Dead Is The New Alive
11. I Know Where You Sleep
12. Let The Record Show

13. Dead Is The New Alive
14. Liar

Autumn, Emilie

Opheliac

A discapito di timori e dubbi, l’eroina gotica Emilie Autumn si sta rivelando ben più di un mero fenomeno commerciale in stile revival-baroque; a tal proposito la seconda ondata promozionale e commerciale di Opheliac, secondo full-lenght risalente al 2006 e pubblicato sul mercato europeo solo a novembre 2007, ne è chiaramente il banco di prova. Da semplice ragazza californiana con una profonda passione per il violino - iniziata all’età di quattro anni - attraverso poi l’innamoramento per la musica barocca, il neo-classical, il medieval, Emilie approda alle preziose collaborazioni con la frontwoman Courtney Love (Hole) e con Billy Corgan (Smashing Pumpkins). Queste prime esperienze la portano a mettersi di nuovo in proprio, nell’ambito di Chicago, dove si dedica all’elaborazione del disco della svolta, Opheliac, la cui pubblicazione sarà preceduta da un EP di otto tracce, auto-prodotto, che le valse la firma sotto la prestigiosa teutonica Trisol Music Group. L’interesse della label europea per questo eclettico talento si dimostra ben presto un affare coi fiocchi: la prima ondata distributiva dell’album viene rapidamente esaurita, con Emilie che si candida a diventare nuova goth-symbol. In tale contesto la ristampa del primo Enchant, album d’ispirazione neo-classica, strumentale, e l’apparizione al fondamentale palco del Wave Gothic Treffen nel maggio del 2007, contribuiscono a diffondere la musica della Autumn, con oggi la conseguente, inevitabile, seconda ristampa di Opheliac. Una mossa di marketing da manuale quindi, quella della Trisol, è la proposta di una confezione digi-pack fornita di doppio disco - con materiale inedito - poster e un esaustivo booklet di quasi trenta pagine. Tutto ciò naturalmente a testimonianza di quanto l’artista americana sia probabilmente oggi la prospettiva più redditizia per la label tedesca, la quale non ha esitato a far coincidere il tour europeo, con il periodo di diffusione del disco.

Giocando sulle proprie doti compositive, su atmosfere malinconiche e melodrammatiche, su commistioni goth e classiche, su tematiche fin troppo vendibili e vendute, ma qui rilanciate, di suicidio, rapporto esistenziale vita-morte, Emilie ha prodotto un disco di una raffinatezza pregevole, che riesce nell’impresa impossibile di addentrarsi in un sound pop ad alta dose commerciale e contemporaneamente di uscirne pura e incontaminata, oltre che esponenzialmente arricchita. Un’azione quasi di rapina la sua, che non lascia a noi spettatori nient’altro se non la possibilità di assistervi acconsenzienti e compiaciuti, instillandoci una dipendenza profonda dalla voce aggressiva, dolce, melodica e sfrontata di Emilie. L’eclettismo vocale, oltre che strumentale, davvero eclatante per tutta la durata (settanta minuti totali) delle quattordici tracce – dodici originali, più due di bonus –, ricama situazioni sonore ai limiti dell’onirismo; si ha a che fare con episodi di melodia piccante, romantica e intrigante. Soffermarsi più volte sulla toccante The Art Of Suicide diventa d’obbligo, tanto che sorge spontanea la domanda: è mai stato composto un brano dalla sensibilità più efficace? Perché in definitiva, con Opheliac, si parla di questo: totale efficacia sonora. Paradossalmente sembra che ogni nota dell’album sia stata concepita per un fine generale incontestabile e coinvolgente – non ricordo altra riflessione dai toni così rosei e sereni sull’ “arte del suicidio”- . Compiaciuti dunque da tale peculiarità, si focalizza, entusiasti, come l’album, iniziando con una sonata barocca di clavicembalo (nella titletrack), si sposti improvvisamente su toni elettro-goth dalle ritmiche trascinanti. Immersi in un corteo di frammenti elettronici, di loop, di drum machine, di stacchi di violino elettrico e soprattutto di parole grintose, sofferenti e distese, si rivela impossibile togliere il disco dallo stereo, sempre più desiderosi infatti di attingere a piene mani dalla fonte sonora. Lo spettacolo offertoci è vario, originale, delicato e imponente.
Come se poi non bastasse l’abbondanza di questo elevato traguardo compositivo, di track in track scorrono improvvisamente spezzoni di storia wave/goth, a cominciare da un tocco alla The Creatures nella maliziosa I Want My Innocence Back, fino ai contributi più recenti ebm/goth di Diva Destruction e Cruxshadows (Swallow, God Help Me). Accostamenti anche arditi emergono oltretutto negli spunti vocali growl, che creano in generale un contrasto molto piacevole con i passaggi ethereal di tastiera e con quelli classici, dal tono un po’ celtico, di violino (Shalott). L’apice di questa tempesta perfetta, emotiva e sentimentale, viene raggiunto in Gothic Lolita, titolo dal taglio da classico goth, che di sicuro farà aspettare impaziente il pubblico di tutta Europa. La tensione sonora tocca una linea sensibile inedita e profonda, l’animo dell’ascoltatore perde definitivamente qualsiasi indifferenza o incolumità rimastagli. La rabbia e un eccesso perfettamente gotico punteggiano poi le tracce finali, I Know Where You Sleep, Let The Record Show, dove l’album diventa un travolgente sfogo a metà sempre tra poesia e ballabilità, atmosfere retrò dal sapore gotico, ottocentesco, a tratti rinascimentale, e improvvise immersioni in dimensioni industrial post-moderne.

Opheliac è in definitiva, nella sua immensità, considerabile quasi come la summa di un intero genere musicale; Emilie Autumn autodefinisce questo stile come Victoriandustrial. Noi non possiamo certo dire se considerarla un’arte o no, ma una certezza per il pubblico goth sia questa: Emilie è la migliore. E questo potrete capirlo personalmente a dicembre, in occasione delle due date italiane dell’Asylum Tour.

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