Voto: 
7.9 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2012
Line-Up: 

Bob Bagchus - Drums 

Martin van Drunen - Vocals 

Paul Baayens - Guitars 

Alwin Zuur - Bass

Tracklist: 

1. Into the Timewastes  03:40 

2. Deathhammer  02:27  

3. Minefield  07:28  

4. Of Days When Blades Turned Blunt  03:22  

5. Der Landser  06:54  

6. Reign of the Brute  02:59  

7. The Flood  03:03  

8. We Doom You to Death  06:44   

9. Vespa Crabro  02:50  

10. As the Magma Mammoth Rises  07:51

Asphyx

Deathhammer

Death…the Brutal Way degli Asphyx fu già stato classificato dal sottoscritto l’album dell’anno 2009. Il lavoro segnava in primis il ritorno di Van Drunen dietro al microfono, seguito da un songwriting eccelso nel genere. Senza fronzoli, senza innovazioni ma con tanta passione e grinta, l’album riportava alla ribalta il puro death metal. Le venature doom che da sempre hanno ammantato il sound della band, portandola a comporre un capolavoro del calibro di Last One on Earth (1992), ritornarono al massimo dell’ispirazione tre anni fa per un lavoro che fortunatamente ha un suo più che degno seguito. Deathhammer è tutto ciò che un vero appassionato di death metal si potrebbe aspettare da una band come gli Asphyx, band che ha seguito con coerenza una strada imboccata più di vent’anni fa.

La formazione vincente che ha composto Death…the Brutal Way non viene cambiata se non per l’entrata di un nuovo bassista che risponde al nome di Alwin Zuur. Per il resto, tutto è come tre anni fa. Van Drunen orami è un simbolo di coerenza e costanza che pochi possono uguagliare nel genere; la su ugola al vetriolo non conosce cedimenti e forse nessun cantante al giorno d’oggi riesce a batterlo sul piano della pura sensazione di sofferenza e putridume che riesce ad esprimere. La musica racchiusa nell’album, comunque, non è da meno e anche in quest’occasione veniamo travolti da immancabili rallentamenti mortiferi misti a sporadiche accelerazioni di una pesantezza incredibile e di una semplicità disarmante, la quale riesce a fare colpo sull’ascoltatore e trascinarlo nei meandri più oscuri. Gli Asphyx sono sostanza, sudore, zero fronzoli, carne frollata, una macigno nero che rotola e pura goduria per chi riesce a sopportarli ed amarli per tutto questo.

L’incipit di Into the Timewastes non lascia tempo all’ascoltatore di prepararsi perché una coltellata fatta di uptempo improvvisi ci penetra nella carne e qui capiamo veramente di come gli Obituary dovrebbero fare musica nel 2012. Tutto è lineare, privo di innovazioni e terribilmente affascinante, anche quando i tempi medi spuntano fuori a richiamare i migliori Celtic Frost in un percorso paludoso e infetto che trova la sua massima espressione in un testo allucinato, pregno di visioni catastrofiche in un futuro devastato. Gli stop and go ci introducono alla title-track in un crescendo di piacere estremo fino a quella che è già diventata la frase mitica di Martin : This is the true death metal you bastards! Come dargli torto? Nessuna concessione ed un riff portante che spazzerebbe via un intero palazzo sono le caratteristiche essenziali in una traccia dal ritornello facile e dal testo fortemente contro le moderne correnti death metal; tanto che le parole you dogs pronunciate alla fine lasciano ben poco all’immaginazione sui destinatari.

Dopo un paio di tracce principalmente votate all’assalto frontale, Minefield marca l’arrivo delle influenze doom classiche del gruppo. I ritmi rallentano notevolmente, i riffs inglobano l’oscurità e la risputano fuori sotto forma di raggelanti arpeggi e prolungate note soliste d’accompagnamento. Dal punto di vista lirico, la tematica qui trattata è la guerra e precisamente una sorta di attacco notturno da parte di alcuni soldati che successivamente verranno uccisi dilaniati dalle mine antiuomo. Of Days When Blades Turned Blunt con la sua breve durata e la struttura snellita, porta una nuova dose di pura velocità con riffs diretti, solo sporadicamente interrotti dalle partiture doom/death che prevalgono invece nella successiva Der Landser, traccia in bilico tra raggelanti rallentamenti e momenti leggermente più dinamici, anche se mai diretti nel loro incedere coinvolgente e monolitico. A dir poco stupende le linee soliste di chitarra a termine della canzone, puro doom di inizio anni 90. 

Reign of the Brute ci scuote tramite un’imponente dose di velocità e pesantezza con un Martin sugli scudi ed una sezione ritmica che pesta a dovere sugli strumenti al fin di regalarci un gemma che dal vivo provocherà disastri. La vena epica di The Flood mostra una reverenza notevole verso la band di John Tardy ma a differenza dei rednecks moderni, gli Asphyx vivono di prepotenza e riescono a tirare fuori una traccia dall’incedere veramente elefantesco con riffs ispirati ed una violenza senza pari. La successiva We Doom You to Death lascia ben poco spazio all’immaginazione con un titolo del genere: i riffs si fanno profondi, ampi mentre la batteria supporta il tutto con tempi ultra lenti. I ruggiti di Martin si fanno sempre più strazianti in un’atmosfera nera come la pece e dal mood di pura decadenza. Avvicinandoci alla fine del disco possiamo ancora incontrare l’attacco frontale di Vespa Crabro (dedicata al temibile insetto) e la finale As the Magma Mammoth Rises, lunga traccia che segna il ritorno del doom più lugubre e temibile.

Resta ben poco da dire su questo Deathhammer, ennesima conferma di predominanza di un gruppo a torto sottovalutato in passato. In queste note c’è tutto ciò che un vero appassionato di puro death metal abbisognerebbe. Forse leggermente inferiore al suo predecessore, il nuovo parto degli Asphyx si candida comunque per prendere un posto sul podio come miglior lavoro di metal estremo dell’anno 2012, anche se appena iniziato.

 

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