Voto: 
5.7 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Napalm Records/Audioglobe
Anno: 
2008
Line-Up: 

:
- Erik Fossan Rasmussen – Voce, Batteria
- Raymond Håkenrud – Chitarra, Basso, Voce, Piano
- Marius Olaussen – Chitarra, Basso, Mandolino, Fisarmonica, Piano, Mellotron
- Lars Fredrik Frøislie – Hammond, Piano, Mellotron, Mini-Moog


Tracklist: 

:
1.Fandens Mælkebøtte
2.Hiertebrand
3.Generalen Og Troldharen
4.Arv
5.Yndifall
6.Gengangeren
7.Prunkende, Stolt I Jokumsol
8.En Myrmylne

Asmegin

Arv

Tornano gli Ásmegin, a cinque anni da quel clamoroso disco di debutto che fu “Hin Vordende Sod & Sø”, un fenomenale mix di musiche Folk, di epico Viking Metal, di Post-Black Metal multistrato e violento Death Metal che aveva dato una sferzata terrificante ad un genere troppo spesso chiuso in sé stesso quale il Folk Metal.

Il secondo disco della band avrebbe dovuto essere il pluri-rimandato “Tusind Tabte Sjæles Kakofoni”, mentre a metà 2008 la Napalm annuncia l'uscita di un altro album, tale “Arv”, di cui non si era sentito minimamente parlare per tutti i cinque (!) anni precedenti. E se per “Tusind Tabte Sjæles Kakofoni” (se mai uscirà) ci stanno volendo sei anni di lavoro, per “Arv” sono bastati un paio di mesi per la composizione-registrazione-pubblicazione. I conti, a voler esser maligni, li si tira in fretta: con l'attesa per il disco nuovo che diventa insostenibile e la popolarità del gruppo che continua a salire per il numero di ascoltatori che riscopre quella gemma che è il disco di debutto, è probabile che l'etichetta abbia “chiesto” qualcosa di concreto agli Ásmegin e che questi abbiano risposto alla bell'e meglio con “Arv”.

Tutte illazioni, è vero, se non fosse che però all'atto pratico dell'ascolto si verificano i peggiori presentimenti, consolidati peraltro anche da una cover-art in computer-grafica ai limiti del ridicolo: il suono ha infatti una profondità nulla, poichè produzione e mixing sono di qualità mediocre; manco a dirlo, se n'è occupato da solo il misconosciuto Lasse Lammert, che aveva appena lavorato (per la Napalm) sul disco degli Alestorm; il disco precedente era invece mixato dall'esperto Børge Finstad, già ai servigi di Borknagar, Arcturus, Solefald, Ulver (in parole povere: la crema dell'avant-black norvegese) insieme ad un musicista del gruppo, Marius Olaussen. Allo stesso modo, è nullo il numero di ospiti, invece cospicuo sul precedente album che faceva grande conto sulla risorsa-guests.
Ma il peggio sono gli arrangiamenti: laddove “Hin Vordende Sod & Sø” aveva un meraviglioso, sfavillante gioco di concertazioni e intrecci, “Arv” è povero, scarno, sbiadito. Manca quell'interplay fantastico tra gli strumenti e tra le voci, manca la varietà straordinaria a livello di melodie, manca la magia nei momenti di quiete (molto meno indovinati rispetto al passato), manca la genuinità dei momenti Folk; a tutto ciò aggiungete le defezioni del violino sognante, della batteria rapidissima e devastante (sia la violinista Sareeta che il batterista Tommy Brandt avevano lasciato la band qualche anno fa) e la presenza di clean vocals di minor fascino (non c'è più nemmeno Lars “Lazare” Nedland) e di chitarre la cui brillantezza è irrimediabilmente affossata dal mixing.

Naturalmente, non è che gli Ásmegin siano diventati dei brocchi tutti d'un colpo, e lampi di genialità continuano ad essere presenti: “Fandens Mælkebøtte” e “Hjertbrand” contengono melodie di gran pregio, e i tocchi danzerecci di “Generalen Og Troldharen” sono discretamente godibili, così come quelli atmosferici della ballata Pop-Prog “Prunkende, Stolt I Jokumsol” che tanto ricorda i nuovi Lumsk – ma la sensazione complessiva è che il gruppo abbia lavorato approssimativamente e di fretta, ripescando magari qualche vecchissima idea e riadattandola al 2008 alla meno peggio senza lavorarci su in maniera approfondita.

In “Arv” l'atmosfera è più tetra e cadenzata, meno violenta, c'è un sentore Progressivo maggiormente accentuato (specialmente nella finale “En Myrmylne”), ma non si riesce a scrollarsi di dosso l'impressione che a questo “Arv” manchi una vera anima, e che gli attimi di maggior ispirazione siano sì notevoli, ma che avrebbero potuto rendere cinque volte tanto se ci fosse stato fatto sopra un lavoro più attento e meticoloso in fase di arrangiamento e composizione collettiva: insomma al nuovo disco degli Ásmegin manca quello che aveva reso grande gli Ásmegin.

“Arv” rimane abbastanza interessante, ma non regge neanche lontanamente il confronto con il disco di debutto e, c'è poco da fare, da un gruppo che aveva le carte in regola per rivoluzionare il mondo del Folk Metal non ci si può accontentare di un disco simile. Se dovessimo far fede solo a questo “Arv”, la bocciatura sarebbe istantanea: ma soltanto quando il “vero” successore di “Hin Vordende Sod & Sø” apparirà, senza costrizioni di sorta, si potrà valutare lo stato di salute del gruppo norvegese, e vedere se avrà saputo mantenere le straordinarie promesse fatte dal debut-album.
Deludente.

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