Voto: 
6.4 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Frontiers Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- John Wetton - voce, basso
- Steve Howe - chitarra
- Geoff Downes - tastiere
- Carl Palmer - batteria

Guests:
- Hugh McDowell - violoncello (in I Will Remember You e An Extraordinary Life)

Tracklist: 

1. Never Again
2. Nothing's Forever
3. Heroine
4. Sleeping Giant/No Way Back/Reprise
5. Alibis
6. I Will Remember You
7. Shadow Of A Doubt
8. Parallel Worlds/Vortex/Deya
9. Wish I'd Known All Along
10. Orchard Of Mines
11. Over And Over
12. An Extraordinary Life

Asia

Phoenix

In seguito all'ennesima e recente reunion del 2006, gli Asia tornano con quella che fu la line up storica della band inglese, per intenderci quella dei primi due album, ossia l'omonimo del 1982 ed il successivo Alpha del 1983, e guarda caso tornano a quelle sonorità tipicamente pomp/AOR che contrassegnarono in maniera indelebile quella fulgida prima parte della loro carriera.
La loro ultima fatica Phoenix infatti rappresenta un autentico ritorno al loro stesso passato, mostrando melodie pompose, talvolta eccessivamente pompose, tanto da risultare un po' ridondanti, atmosfere pacate, ora più malinconiche ed ora più sognanti, venature neanche tanto velate del loro caro progressive rock, ritmi spesso lenti ed arrangiamenti funzionali e curati. Solitamente si è portati a pensare che il pomp o l'AOR abbiano a che fare soltanto con l'hard rock, dimenticando troppo spesso l'ascendenza che il progressive rock ed in parte anche il pop hanno esercitato su questi stili musicali, a pari merito proprio con l'hard. I dischi di gruppi come gli Asia, ma si potrebbero citare anche Saga o Kansas, sono sempre lì a ricordarcelo, così anche quest'ultimo loro lavoro non fugge da questa tendenza, trattandosi infatti di un disco molto leggero ed orecchiabile, parecchio distante da tutto ciò che in qualche modo possa rientrare nel più ampio concetto di metal.

Brano emblematico di questo tuffo nei primi anni '80 è proprio l'opener Never Again, che sembra quasi venir fuori direttamente dal loro disco d'esordio, graziato com'è da melodie pompose ed avvincenti, atmosfere sognanti e distese ed un chorus che non tarderà ad entrare nelle grazie di chi apprezza gli Asia ed il loro modo di far musica. Di sicuro è difficile ed anzi improbabile stare a disquisire sulle capacità e sulle abilità di gente che ha scritto pagine fondamentali della storia del rock, e del progressive più in particolare, personaggi che hanno contribuito a fare la fortuna di gruppi simbolo della musica rock tutta, come King Crimson, Yes o Emerson, Lake & Palmer, per cui è del tutto normale se le due suite prog/pomp Sleeping Giant/No Way Back/Reprise e Parallel Worlds/Vortex/Deya avranno tutte le carte in regola per accontentare anche i palati più fini ed esigenti, facendo affidamento sulle intrecciate trame melodiche delle tastiere e della chitarra e su un'eleganza compositiva che punta tutto sulla raffinatezza e la distensione.
E' anche vero però che una simile operazione si trascina dietro pure molte scorie di un passato ormai troppo lontano e conseguentemente inattuale, che si tramuta spesso in una continua ricerca del colpo ad effetto o della melodia vincente, finendo soltanto con l'approdare ad esiti un po' prevedibili e quasi standardizzati, il tutto poi reso ancor più piatto da tempi spesso lenti ed atmosfere serene. Così canzoni infilate quasi l'una dietro l'altra in scaletta come la lenta e malinconica I Will Remember You, Shadow Of A Doubt, Orchard Of Mines o Over And Over si rivelano delle nenie tediose che fortunatamente mostrano qualche lieve sussulto, non sufficiente però a ristabilire l'adeguata soglia di interesse e piacere. In alcuni frangenti quindi, viene a mancare in pratica il giusto impatto per far presa sull'ascoltatore.
Una verve maggiore e più degna del loro nome si riscontra invece in composizioni più ispirate come la passionale e romantica Heroine o la sentita closer autobiografica An Extraordinary Life, commovente ed al contempo positiva, che prende spunto dal calvario umano vissuto in questi ultimi anni da John Wetton a causa dei suoi problemi di salute.

In definitiva Phoenix è un album un po' anacronistico e fuori tempo, tuttavia sincero e ben realizzato, talvolta atmosferico e tal'altra un po' noioso, particolarmente indirizzato ai loro fan di vecchia data, ma che certo non sarà in grado di ripercorrere, sia per le proprie qualità sia per le attuali tendenze, le grandi gesta dei suoi immensi e già citati predecessori.

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