Voto: 
9.2 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Cramps Records
Anno: 
1975
Line-Up: 

- Demetrio Statos - voce, organo
- Ares Tavolazzi - basso acustico, basso elettrico, trombone
- Patrizio Fariselli - tastiera
- Gianpaolo Tofani - chitarra, synth, flauto
- Giulio Capiozzo - batteria, percussioni


 

Tracklist: 

1. L'Elefante Bianco (04:33)
2. La Mela di Odessa (1920) (06:27)
3. Megalopoli (07:53)
4. Nervi Scoperti (06:35)
5. Gioia e Rivoluzione (04:40)
6. Implosion (05:00)
7. Area 5 (02:09)

Area

Crac!

Il terzo album degli italiani Area sarà ricordato dagli amanti del Progressive Rock dalle influenze Fusion/Jazz come il capolavoro della discografia della band, che corona il lavoro iniziato dai precedenti Arbeit Macht Frei (1973) e Caution Radiation Area (1974).
La musica altamente politicizzata di Demetrio Stratos diventa una vera e propria delizia per gli ascoltatori, poiché i pezzi contenuti in Crac! sono più convincenti delle celebri canzoni che avevano caratterizzato la prima produzione del quintetto: pezzi geniali come Luglio, Agosto, Settembre (Nero) e Cometa Rossa passano quasi in secondo piano davanti alle splendide L’Elefante Bianco, La Mela di Odessa e Gioia e Rivoluzione, le tre perle dell’album del 1975.

La chiave di lettura di questo Crac! è rintracciabile nella citazione contenuta nel booklet, scritta dal rivoluzionario Buenaventura Durruti: “Le rovine non le temiamo. Ereditiamo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta screscendo, proprio adesso che io sto parlando con te.
Questa frase, collegabile con il significato della copertina dell’album, fa comprendere il valore dialettico della musica proposta dagli Area: gli strumentisti vogliono trasmettere le loro idee al pubblico, attraverso le proprie composizioni stravaganti e folli.
Il mezzo principale di tale propaganda politica è la voce del grande Stratos, una delle più belle del Rock anni ’70, capace di risvegliare gli ascoltatori con i suoi toni espressivi, supportati dalle pazze scale esibite da organo e fiati.

Inutile analizzare nei particolari alcune delle canzoni che hanno segnato un decennio per il nostro Paese: veri e propri successi degli anni ’70 italiani, esse riuniscono la rabbia verso il sistema, già esplorata da molti artisti psichedelici degli anni precedenti il 1970, la volontà di poter esprimere il proprio parere su argomenti caldi e delicati come quelli di matrice politica e sociale, il desiderio di rivoluzione, presente in tutta quella generazione.
Fusion, Jazz, Progressive e spunti Folk medio-orientali si fondono con saggezza nel virtuosismo affrontato in ogni brano, come nell’opener L’Elefante Bianco, la migliore di Crac!.
Urlata, violenta, acuta, modulata, sospirata e ricca di effetti è la voce di Demetrio che, con le ritmiche di batteria e basso, delinea il tessuto musicale su cui operano organo e fiati con potenza e aggressività. Forse il fascino di tale brano è da ricercare nel fatto che costituisce l’unico episodio di Crac! in cui non regna la confusione strumentale; L’Elefante Bianco è infatti dotata di estrema omogeneità strutturale nella successione intricata dei riff contorti, un paradiso per gli amanti del Jazz più innovativo.
Sperimentazione è la parola che riassume il proseguimento del disco: lunghi assoli di batteria che si alternano a scale e a motivi di tromboni scherzosi e quasi ridicoli nell’eccezionale La Mela di Odessa. Una vera e propria storia raccontata da Stratos e dai tromboni, che strappano sorrisi all’ascoltatore, impreparato a tale inversione di sonorità: dissonanze ed effetti inconcepire per qualsiasi mente musicale, che determinano la grandezza dell’evoluzione timbrica subita dagli Area.

Accompagnamenti complessi, temi impossibili da immaginare: questo è Crac!, l’album che ha contribuito a cambiare il genere insieme ai lavori della Mahavishnu Orchestra; un tripudio di idee che sono trasformate nella note e nelle parole taglienti di Stratos.
Al di là degli ideali politici che regnano sovrani nell’album, si deve solo ammettere che gli Area hanno apportato elementi fondamentali a rendere dinamico il genere, stravolgendo tutti gli schemi classici e abbandonandosi all’improvvisazione tipica dei jazzisti. La musica proposta può non essere apprezzata, ma rimane pur sempre un lampo di diversità all’interno del panorama Rock internazionale. E così l’International POPular Group completò il suo terzo capitolo…

 

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