Voto: 
4.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Polyvinil
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Architecture in Helsinki - Tutte le musiche

Tracklist: 

1. Red Turned White
2. Heart It Races
3. Hold Music
4. Faether in a Baseball Cap
5. Underwater
6. Like It or Not
7. Debbie
8. Lazy (Lazy)
9. Nothing’s Wrong
10. Same Old Innocence

Architecture in Helsinki

A Place Like This

A dirla tutta, da un gruppo che si chiama Architecture In Helsinki, mi sarei aspettato un qualcosa di sconvolgente con questo nome che ha spinto subito la mia immaginazione verso voli pindarici: le mie orecchie si apprestavano infatti ad ascoltare un bel disco sperimentale (la follia finlandese derivante da Helsinki) e contorto (quell'Architecture che fa tanto avant/post metal), e invece si sono dovute accontentare, cioè, tutt'altro che accontentare, di un mediocre dischetto indie/pop: A Place Like This della sopracitata band australiana.
Per il mio conto questo è uno di quei dischi che non vorresti mai sentire, come se ti provocassero una sorta di fastidio durante l'ascolto, e il gruppo di Melbourne ce la mette tutta in questa direzione. Le melodie dell'album sono completamente costruite su basi ritmiche semplici e blande che suggeriscono atmosfere molto ludiche e superficiali, d'impatto a dir poco nullo, quasi invisibili per quanto le strutture melodiche siano di basso livello, scontate e tutt'altro che profonde.

Ma non è la profondità il problema di questo disco, perchè come sappiamo ci sono migliaia di opere che fanno della semplicità il loro punto di forza e che tutt'ora sono ricordati nella storia del rock, ma in questo caso gli Architecture In Helsinki hanno dato vita ad un prodotto mediocre e insufficiente per ciò che esso propone: una pop subdolo e insensibile, che a tratti sembra tanto la colonna sonora dei campi di divertimento Valtour.
Provate ad ascoltare ad esempio Like It Or Not con le sue melodie da film Disney per bambini, o i fastidiosi fraseggi da luna park di Hold Music tra un pop scanzonato e azzardati tentativi di rock falliti, o ancora i miseri synth e beats che riempiono Heart It Races e le stantie emozioni che la più rockeggiante Lazy (lazy) cerca di trasmettere all'ascoltatore senza successo.
I cantanti del gruppo con i loro continui cori maschili e femminili sembrano davvero animatori per fanciullini in cerca di divertimento, come se tutta la musica fosse immersa in un gioco continuo, in una spensieratezza effettivamente non resa con spensieratezza se si nota l'accuratezza stilistica con cui i giovani australiani propongono i propri brani. La produzione è infatti eccellente, il sound è curatissimo, moderno anche se con sporadici richiami retrò, ma ciò non serve ad aumentare le quotazioni di un disco che ci scivola addosso senza trasmetterci nulla, sovrappenendo melodie su melodie come in uno sbilenco grattacielo senza fondamenta fino a che esso non crolla quando la conclusiva e movimentata The Same Old Innocence chiude il disco nei suoi scontati ritornelli.

Pessimo. E' la prima parola che mi viene in mente dopo aver ascoltato A Place Like This degli Architecture In Helsinki per intero. L'indie/pop moderno negli ultimi 10 anni ha saputo offrirci indubbiamente di meglio, per cui non vale la pena approfondire la scarsezza compositiva di un gruppo che da alcuni viene addirittura visto come una rivelazione della musica indipendente quando questa musica indipendente non lo è in quanto vincolata ai clichè e ai canoni della canzone easy listening che il gruppo australiano ha testardamente provato a rinvigorire a livello stilistico producendo quello che Carlo Emilio Gadda chiamarebbe un "pasticciaccio brutto". E meno male che, nel rispetto dei suoi abitanti, l'architettura ad Helsinki non sia così. Alla prossima, anzi, meglio di no.

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