Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
SPV Records/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Eduardo Falaschi - voce
- Rafael Bittencourt - chitarra
- Kiko Loureiro - chitarra
- Felipe Andreoli - basso
- Aquiles Priester - batteria


Tracklist: 

1. The Course Of Nature
2. The Voice Commanding You
3. Ego Painted Grey
4. Breaking Ties
5. Salvation: Suicide
6. Window To Nowhere
7. So Near So Far
8. Passing By
9. Scream Your Heart Out
10. Abandoned Fate

Angra

Aurora Consurgens

Cos’è rimasto degli Angra di Temple Of Shadows, quegli Angra che proponevano un sound fresco, maturo e parecchio orientato ad esplorare meandri progressivi? Aurora Consurgens, sesto capitolo discografico della band brasiliana, non ha nulla a che spartire con l’eleganza del concept che l’ha preceduto nel 2004. Due anni sono passati da Temple Of Shadows e gli Angra ritornano con nuove idee dopo essersi esibiti in più di 120 date in giro per il mondo per promuovere il predecessore di Aurora Consurgens. I ritrovati Angra, capitanati ancora da Edu Falaschi, sono molto cambiati nel sound, presentando poche soluzioni di stampo Progressive e puntando verso un Power/Heavy inusuale nella sua direzione tuonante ed impetuosa. I tempi di Angel’s Cry e di Holy Land sono ormai lontani ma la band sembra interessata a rivisitare il passato Speed, soprattutto in occasione del quindicesimo anniversario della nascita della formazione sudamericana. Ecco quindi fuoriuscire tracce veloci e tirate, memori delle composizioni cantate dal Matos degli esordi, ma prive di quella originalità che aveva caratterizzato il precedente lavoro.

Certamente Falaschi conserva un tono caldo e determinato, in pieno stile Power/Speed, ma i tessuti delle chitarre si ispessiscono fin troppo, non conferendo agilità ai dieci brani di Aurora Consurgens. Altro fattore di mutamento per gli Angra è la scelta di non impegnarsi nella stesura di un nuovo concept, come era stato per Temple Of Shadows, presentando quindi tracce liricamente staccate e non unite da un filo conduttore.
Lo spazio per la melodia è alquanto ampio, ma non è così in evidenza come lo era negli splendidi passaggi acustici o appena distorti di certi pezzi di Temple Of Shadows; basti concentrarsi sul singolo di apertura, The Corse Of Nature, per comprendere la trasformazione in atto in casa Angra: un Heavy Metal parecchio reminescenze degli Iron Maiden avvia con sorpresa l’album, risultando a dir poco fuorviante per l’ascoltatore abituato alla dimensione Angra. Il gruppo si ritrova poi in tutta la sua matrice Speed nella seconda coinvolgente ed incalzante The Voice Commanding You, una cavalcata tecnica ed inarrestabile che sarà apprezzata dai nostalgici di Angel’s Cry. Anche le tastiere appaiono accennate orchestrali in sottofondo, mentre le chitarre si rincorrono vicendevolmente e Falaschi disegna una bella linea melodica.
Più cupa e progressiva è Ego Painted Grey, episodio mid-tempo ricco di variazioni interne e ben strutturato nella sua alternanza tra sezione orchestrale ed elettronica: esperimento moderno per gli Angra, che non hanno mai esibito un sound così carico di soluzioni inedite.
Breaking Ties non è valida nella sua forma più votata ad aloni commerciali, non omogenei né al contesto dell’opera né al tradizionale timbro Angra; ripetitive e prive di innovativa è Salvation: Suicide e Window To Nowhere, virtuosi brani Power che non aggiungono nulla a ciò che gli Angra hanno ormai proposto da anni.
L’unico frammento di continuità con ciò che era stato presentato su Temple Of Shadows è So Near So Far, più disteso nella sua atmosfera e folcloristico nel suo aspetto; e se Passing By costituirà l’ennesima moderna sperimentazione dotata di tastiere elettroniche e cariche di effetti, Scream Your Heart Out non farà che confermare il nuovo sound Angra, troppo macchinoso e disorganico. Le chitarre sono elaborate nelle loro architetture ma non vengono supportate con efficacia dai campionamenti di tastiera e dal feeling Speed onnipresente nelle retrovie di Aurora Consurgens.
Abandoned Fate chiude con la sua acustica un album formato da episodi completamente differenti, che non si legano spontaneamente, appartenendo a sfere musicali diametralmente opposte.

Un passo indietro quindi rispetto al convincente Temple Of Shadows, capace di catturare già dal primo impatto con l’ascoltatore grazie alla personalità di diversi passaggi e agli ottimi contrasti cromatici presenti in ogni canzone. Ciò che manca in Aurora Consurgens è un filo conduttore e le sorti dell’opera non possono essere rialzate neanche dall’impeccabile produzione dell’ormai attivissimo Dennis Ward (Pink Cream 69), divenuto una sicurezza per molte formazioni di calibro internazionale. L’artwork di Aurora Consurgens è ancora stato realizzato dall’artista portoghese Isabel de Amorim, come nel caso di Temple of Shadows, ma il contenuto del platter del 2006 non è neanche lontanamente paragonabile a ciò che gli Angra della seconda generazione avevano realizzato nel predecessore.

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