Voto: 
6.7 / 10
Autore: 
A. Giulio Magliulo
Genere: 
Etichetta: 
Infectious Music
Anno: 
2012
Line-Up: 

Joe Newman (chitarra/voce)

Gwil Sainsbury (chitarra/chitarra basso)

Gus Unger-Hamilton (tastiere)

Thom Green (batteria)

Tracklist: 

1.Intro
2.(Interlude 1)
3.Tessellate
4.Breezeblocks
5.(Interlude 2)
6.Something Good
7.Dissolve Me
8.Matilda
9.Ms
10.Fitzpleasure
11.(Interlude 3)
12.Bloodflood
13.Taro

ALT-J

An Awesome Wave

Un pò irritano gli Alt-J con il loro atteggiamento politically-correct nei confronti dei media e dell’ispirazione  perché dopo un debutto del genere  ci si aspetterebbe un atteggiamento più paraculo che loro – furbi – al momento ancora non adottano e mantenendo un basso profilo nel caso di cadute in stile cometa si faranno meno male. Che bravi vero?

Dai colori freddi dei synth non passano inosservati gli arpeggi di chitarra. Ridisegnare il concetto dell’ ‘a cappella’ nell’era del dubstep? Non disdegnare neanche l’appellativo folk-step (..brrrr..) anzi, sornionamente  appoggiarlo dicendo con leggerezza ‘che sì, utilizziamo il folk che c’è nel nostro dna ma anche il nostro batterista con quei tempi strani…’.  E poi quella voce che tanto piacerà a chi ama le timbriche comprese tra Wild Beasts e Radiohead.

Vi state irritando anche voi, lo so, ma mantenete la calma ed andiamo oltre, perché alla fine, quel che conta nella musica è una parvenza di cuore, di verità e di cose fatte bene. E qui ci sono.

Più che folk-step mi piacerebbe dire ancora folktronica che come termine non è meno da brividi ma almeno mi ricorda i bei tempi dei Mice Parade (in quel caso indie-tronica ed acustico sposavano sonorità e ritmi brasiliani) ma effettivamente qui è tutto molto – molto - più barocco. Però dicevamo che c’è il folk diluito in forme moderne, esterne al genere, da diventare altro. Prendete l’ultimo brano Taro – a proposito di cose ben fatte – ispirato a storie vere di fotografi famosi - : cos’è quella meravigliosa cosa balcanica – che balcanica non è - che si sente dentro?  Forse è nel video di Tessellate o ancor di più in Breezeblocks che vanno ricercate le tensioni estetiche dei quattro inglesi persi tra rinascimento e gangsta-rap? O nella bucolicità androgina ma corale di Matilda? O nel collage impossibile e dadaista di Fitzpleasure che comincia con un cantato sincopato che inorgoglirebbe David Byrne in fregola world-futurista ed introduce man mano sintetizzatori corrosivi e brevi flash garage?

Le vie dell’indie-pop malinconico sono infinite, Dissolve Me ce lo dice e le cose tristi ispirano più di ogni altra, Joe Newman ce lo canta. E questo disco sarà un successo di vendite e se domani gli Alt-J non li ricorderemo più perché si dissolveranno come le loro canzoni, chi se ne frega…forse non interessa neanche a loro…già basterebbe il titolo fregato da American Psycho di Bret Easton Ellis a renderceli simpatici. E ora tutti a fare triangolini con i Mac.

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