Voto: 
5.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Sub Pop
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Jimmy La Valle - Produzione, Musiche, Arrangiamenti, Programming
- Matthew Resovich - Violino, Chitarra, Synth, Glockenspiel, Voce
- Drew Andrews - Chitarra, Tastiere, Voce
- Gram LeBron - Basso, Tastiere
- Tim Reece - Batteria, Tastiera

Tracklist: 

1. Perro
2. Blank Pages
3. There Is a Wind
4. Within Dreams
5. Falling from the Sun
6. Stand Still
7. Summer Fog
8. Until the Last
9. We Are
10. Almost There
11. Tied Knots

Album Leaf, The

A Chorus of Storytellers

L'ultima apparizione degli Album Leaf risale al 2006, anno di pubblicazione di quell'Into the Blue Again che doveva ripercorrere e amplificare le sensazionali atmosfere del precedente gioiello In a Safe Place ma che finì solamente per mostrarci un gruppo inspiegabilmente stanco e meno emozionante del solito. Dopo quattro lunghissimi anni, il progetto di Jimmy La Valle ritorna in sordina con un nuovo full-lenght, ancora sotto l'egidia della Sub Pop: A Chorus Of Storytellers testimonia così l'inaspettata rinascita di un progetto che sembrava ormai definitivamente smarrito, dimenticato, vivo solamente grazie all'eco (ancora fortissima) di un passato recente straordinario che però - come accaduto anche col penultimo album - non riesce ad evolversi e a riproporsi positivamente, sotto nuove forme in grado di mostrarne contenuti ed atmosfere diverse ma altrettanto emozionanti. 
Un ritorno tutt'altro che folgorante quello degli Album Leaf, tanto in termini pubblicitari (non pare infatti che l'etichetta statunitense abbia speso poi così tanta energia per promuoverli, come al contrario accadeva negli anni passati) quanto in termini qualitativi, visto che dopo il mezzo flop di Into the Blue Again gli Album Leaf dimostrano nuovamente di avere poche idee in testa. Idee che, per l'appunto, in maniera troppo palese si autovincolano alle splendide soluzioni che spinsero In a Safe Place verso un meritatissimo exploit ma che adesso, a sei anni di distanza, sembrano come non mai stantie e riciclate.

Se già Into the Blue Again lasciava presagire un lento regresso in fatto di composizione e nuove invenzioni, A Chorus of Storytellers ne enuncia inconsciamente la teoria di conferma, mettendo sotto la luce dei riflettori un gruppo diventato col tempo la timida ombra di se stesso; un progetto che era riuscito a far innamorare migliaia e migliaia di ascoltatori a suon di atmosfere intime e avvolgenti e che ora si ritrova col culo un pò per terra, senza una spinta forte, senza un'attitudine e uno stile ben definito e originale. Anche senza una spina dorsale? Forse si, perchè in una situazione sottile come quella della band americana un pò di coraggio e di stimoli non avrebbero guastato affatto.
Album Leaf quindi sempre più cloni di loro stessi, fotocopie mal stampate di un immagine che si allontana sempre di più e che al contempo si anela e si rimpiange in maniera estremamente nostalgica. A Chorus of Storytellers è fondamentalmente un album debole. Non lo è perchè, ancora una volta, a fare da filo conduttore vi è un intimismo incredibilmente tenue e avvolgente. Lo è perchè si poggia su fondamenta vecchie e sin troppo logorate dall'abuso che ne hanno fatto loro e altri gruppi dello stesso scenario (Gregor Samsa su tutti).

Quello che fino a poco tempo fa era un toccante incantesimo di rarefazioni alla Sigur Ròs e malinconie post-rock ora ha preso le sembianze di un acquerello sbiadito e svuotato della sua più profonda capacità evocativa ed espressiva. Le melodie non si infrangono più come una volta non appena entrano in contatto con l'ascoltatore; le atmosfere non riescono ad avvolgere mai fino in fondo; tutto (in special modo negli arrangiamenti) risulta rinsecchito e lucidato. Un lavoro che a tratti sembra troppo freddo per un cuore ardente come quello di Jimmy La Valle, mente che da anni muove con estrema perizia i fili del monicker Album Leaf. Quando manca una proposta stilistica nuova e originale allora non resta che sperare in un piglio melodico convincente e in grado di migliorare anche minimamente l'assetto stantio del progetto: cosa che però non accade (se non in piccoli casi), lasciando A Chorus of Storytellers al suo triste destino di disco povero e incompiuto. Gli episodi veramente positivi sono troppo pochi per permettere all'ultima creatura di La Valle di spiccare il volo, lasciandolo piuttosto in un purgatorio di atmosfere che faticano come non mai ad avvolgere ed emozionare l'ascoltatore. Pur rimanendo un lavoro raffinatissimo ed elegante negli intrecci armonici e nella produzione, A Chorus of Storytellers si immobilizza nella solita danza sommessa tra soffici ricami strumentali e beat e soundscapes elettronici fugaci e leggiadri, mal supportati da una serie di invenzioni melodiche troppo deboli per provenire da uno spirito emotivamente febbrile come quello di La Valle. Le sole Blank Pages (malinconica sonata da camera post-rock) e Falling from the Sun (toccante nel suo incedere lento e dolce) riescono a salvarsi interamente dal vuoto in cui sprofonda il disco, sostenendo da sole il peso di un'altra corposa manciata di tracce deboli e mai incisive (la noiosa ariosità psichedelica di There Is a Wind e le fragilità melodiche delle varie Until the Last, We Are e Almost There).

Ciò che di conseguenza esce fuori da A Chorus of Storytellers è un calderone - per carità curatissimo ed elegante - di canzoni fredde e spesso scialbe, tirate a lucido nella tenuta estetica ma piuttosto scricchiolanti in un'espressività ridotta sempre più ai minimi termini. Perchè non bastano due violini raffinati e una produzione leggiadra per creare un disco positivo ed emozionante: nonostante le sue distensioni meno ermetiche e più ariose, il soporifero ambient-pop di A Chorus of Storytellers lo dimostra e, purtroppo, ci mette davanti un compositore/produttore (un tempo) estremamente brillante che ora pare essere giunto al capolinea. Sperando ovviamente che quest'ultima diagnosi venga smentita col tempo.


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