Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
A. Giulio Magliulo
Etichetta: 
(Ipecac / Rekords Rekords)
Anno: 
2011
Line-Up: 

Alain Johannes:

- Cigfiddle
- Voice
- Fretless E-Bow Guitar
- Harmonium
- ContraBass Guitar
- Cello
- 12 String Acoustic
- Percussion
- Drums

Tracklist: 

1. Endless Eyes
2. Return To You
3. Speechless
4. Make God Jealous
5. Spider
6. The Bleeding Whole
7. Gentle Ghosts
8. Unfinished Plan

Alain Johannes

Spark

Gregario di razza Alain Johannes: non solo chitarrista, produttore e sound engineer alla corte del signor Homme per Queens of The Stone Age, Them Crooked Vulture, Eagles Of Death Metal e per i compagni dell'era proto e post-grunge quali Mark Lanegan, Chris Cornell e Gutter Twins, ma anche per act a noi più vicini come Arctic Monkeys e Black Box Revelation.

Una sua band l'ha già avuta, gli Eleven, nelle cui fila ha militato anche l'embrione originario dei Red Hot Chili Peppers.

Sicuramente un attore importante in molto di quel rock che abbiamo tanto amato fino a snobbarlo, ma cotanto curriculum da solo non è stato sufficiente a far emergere e considerare la sua figura individualmente. Ci voleva qualcosa di molto forte a spingere il nostro a misurarsi soltanto con sè stesso, addirittura drammatico in questo caso: la morte della sua compagna d'arte e di vita Natasha Shneider. Non sappiamo se l'arte per venir fuori necessita sempre di sofferenza ma sicuramente la gestazione di questo album deve essere stata una lunga catarsi per Alain Johannes che ha partorito un lavoro tutto acustico, veste forse più idonea a condensare tutti i suoi più intimi pensieri, sentimenti ed emozioni scaturiti da un bagaglio emotivo interiore che immaginiamo esser stato insostenibile.

E l'opera che ne è venuta fuori è a dir poco luminosa.

Otto canzoni nude e crude condannate in partenza dalla storia artistica di Alain Johannes: Spark è uno degli albums più sottovalutati del 2011. Troppa l'influenza del casato da cui proviene, troppo inflazionato il mercato di suggestioni desertiche e troppo piene di questa 'roba' le palle della critica beneducata ad 'archiviare' gli artisti in base a tendenze e vendite.

Peccato per loro, perchè un album così nella storia di quei generi ancora non esisteva e viste le tristi circostanze in cui esso è nato, aver avuto a disposizione un vino così sincero, intenso e passionale e non averlo bevuto è stata un'occasione più unica che rara.

Canzoni tutte acustiche dicevamo, definitive per chi canta il rock del deserto; corde veloci che imitano il battito di mille farfalle, raga involontari, ricordano il miglior Frusciante solista, ricordano il Lanegan più ispirato, svelano il segreto della resurrezione dei vivi ed ipnotizzano come fuochi nella notte.

'Quel rock' lì (ma anche fili di pop che ben si distinguono nella trama), declinato in flamenco e in lamenti gitani, suonato attraverso una scatola di sigari che diventa chitarra. Una musica per ricordare tante cose che abbiamo adorato, dimenticato, lasciato o perduto ma che contiene anche un'energia strana, sovrannaturale, per andare avanti.

 

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente