- Agghiastru - piano, voce, fisarmonica, fiscalettu, chitarra, basso, batteria e percussioni
1. l'Incantu
2. Sangu
3. la Stanza
4. Carennu
5. Rosa
6. Ferru & Focu
7. Tintatu
8. Parìa
9. Stravìa
10. Suli
11. Amorte
12. la Morti
13. Addisìu
14. Unìa
15. Curù
16. Scuru
17. Vitti 'na Crozza
Incantu
Agghiastru, dopo l'uscita di questo cd, avrebbe forse dovuto cambiare nome? Alcuni pensano di sì, altri pensano di no. Noi pensiamo di sì e le motivazioni non sono poi così tante.
Partiamo dal fatto che è assolutamente ovvio che ogni uomo, chi più chi meno, possiede all'interno di sé un qualche tipo di poliedricità.
Tuttavia, sembra alquanto improponibile presentare un cd di stampo puramente Folk/Pop Popolare (appunto, Pop) dopo aver mostrato al pubblico un personaggio sì eccentrico ma comunque con un'immagine tendente ad un qualcosa di oscuro e tenebroso, tipico delle atmosfere Black che variano di regione in regione.
E così è improponibile presentare un cd del genere sotto il nome di Agghiastru, secondo la nostra modestissima e confutabilissima opinione.
Il riscontro sulla massa e sulla sua cerchia di fans è stato sicuramente come lui se l'aspettava, assolutamente negativo; Agghiastru forse ne è contento, magari pensando che tali fans non riescano ad apprezzare un altro tipo di stile a causa di una qualche forma di chiusura mentale al suo riguardo, ma è qui che si sbaglia.
Non si disprezza così tanto il cd (preferendo ovviamente i lavori precedenti), ma ci si sarebbe aspettati un Side-Project, poiché vedere il suo nome in Incantu appare quasi una blasfemia.
Tra le tracce più piacevoli da ascoltare si rammenta sicuramente La Stanza, un'armonia molto malinconica e con sonorità abbastanza orecchiabili, ma la ripetitività (anche nelle scale) nelle tracce Ferru e Focu e Tintatu dà sicuramente fastidio alla "scorrevolezza" del CD in sè.
Interrotte subito dopo da quella che sembra essere una canzone da pianobar o da matrimonio del panettiere di Gratteri (paese in provincia di Palermo) con la figlia "dà zà pippinedda" (letteralmente tradotto come "la signora Giuseppa"), Parìa (che significa "sembrava") è una traccia che, benché sperimentale rispetto ai lavori precedenti, poteva benissimo essere evitata.
Di stampo leggermente più sperimentale è La Morti, canzone salmodiata che ricorda molto i canti delle processioni paesane siciliane, che si lascia susseguire davanti a sé altre cinque tracce che sembrano quasi il copia-incolla delle precedenti.
In sostanza purtroppo l'album si propone come un mancato tentativo di stravolgere il proprio genere e la propria immagine.