Voto: 
5.6 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Polydor
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Bryan Adams - voce, chitarra ritmica
- Keith Scott - chitarra
- Colin Cripps - chitarra
- Elliot Kennedy - basso
- Gary Breit - piano, organo 
- Norm Fisher - basso
- Maire Breatnach - viola
- Micky Curry - batteria
- Pat Steward - batteria
- Robert Lange - basso
- Jim Vallance - batteria

Tracklist: 

1. Tonight We Have The Stars
2. I Thought I'd Seen Everything
3. I Ain't Losing The Fight
4. Oxygen
5. We Found What We Were Looking For
6. Broken Wings
7. Something To Believe In
8. Mysterious Ways
9. She's Got A Way
10. Flower Grown Wild
11. Walk On By

Adams, Bryan

11

11, manco a dirlo, è l'undicesimo studio album di Bryan Adams, contenente undici brani, e per la cui promozione sono previste undici tappe in undici diverse località europee.
Scaramanzia, numeri e ricorrenze a parte, a far ben sperare per la nuova uscita del rocker canadese sono più che altro la presenza del guru Robert "Mutt" Lange ad occuparsi della produzione e dello storico co-autore Jim Vallance, in coppia con il quale sono state scritte alcune fra le canzoni più belle della discografia dello stesso Adams, canzoni che hanno contribuito in maniera decisiva all'immenso successo ottenuto negli anni '80. Proprio per queste ragioni si era fatta forte e viva la speranza di assistere ad un album che si discostasse dai risvolti commerciali, smaccatamente pop e fin troppo anonimi delle sue ultime e non proprio esaltanti uscite, sicuramente poco apprezzate da chi è rimasto legato al ricordo di album bellissimi come Reckless.

Ad accostare quest'ultimo album del cantautore - e da un po' di tempo anche fotografo - canadese ai suoi più grandi successi del passato ci pensano un maggior uso di chitarre acustiche ed hammond, strumenti utilizzati poco e niente in tempi recenti, ed il ritorno a quelle sonorità soft rock che però si concretizzano in una lunga serie di ballate e pezzi lenti, quasi avesse dimenticato di far emergere il lato più rock e graffiante del suo sound.
Rimane però lontano da quelle piacevoli coordinate un po' AOR ed un po' folk/country che lo avevano contraddistinto in passato, e che lo avevano fatto diventare un punto di riferimento nell'ambito del rock più mainstream del nuovo continente, rischiando in tal modo di diventare una sbiadita copia di sé stesso, se non, ancora peggio, di Rod Stewart, al quale per temperamento e voce è sempre stato accostato.

Leggendo molti dei titoli presenti in tracklist si potrebbe avere l'impressione di trovarsi di fronte ad un album pieno zeppo di cover, e forse sarebbe stato anche meglio, infatti brani come Somethin' To Believe In, in possesso di un chorus talmente mieloso da nauseare, Oxygen, più movimentata grazie soprattutto al buon guitar-work di Keith Scott ma ugualmente modesta, Broken Wings, dolce ballata apprezzabile ma non certo memorabile, o ancora Mysterious Ways, che invece somiglia terribilmente a Rocket Man di Elton John, non sono altro che le solite canzoncine magari piacevoli ad un primo ascolto, ma che non si lasceranno affatto ricordare nel tempo, come avvenuto invece per le omonime canzoni rispettivamente di Poison, Soul Asylum, Mr. Mister e U2.
Anche il resto delle tracce si può benissimo considerare la solita solfa che ormai da un po' di tempo a questa parte ci propina il grande rocker canadese, insomma prendete una qualsiasi di queste canzoni ed "interscambiatele" con quelle presenti nei suoi recenti lavori e purtroppo non noterete neanche la differenza. Non è bastato un ritorno all'acustico o all'utilizzo di strumenti quasi dimenticati dopo la svolta più pop, come l'hammond, neanche ripescare nel proprio passato, come avviene nella delicata e carina We Found What We Were Looking For, e nemmeno riaffidarsi ai guru Lange e Vallance, se poi per buona parte del lavoro sembrano mancare quelle melodie in grado di centrare il bersaglio, come l'energia e il romanticismo nostalgico ed autenticamente vigoroso e giovanile delle varie Summer Of '69, Heaven o It's Only Love, anche se, sia ben chiaro, nessuno avanzerà mai la pretesa che egli si ripeta con altri capolavori di tale levatura.

Pochi i brani che possiedono quella dose di appeal che un tempo avrebbe permesso agli stessi numerosi passaggi radiofonici, potrebbe essere il caso del primo singolo estratto I Thought I'd Seen Everything e della conclusiva ballata acustica Walk On By, resa più caratteristica e poetica dalla viola della musicista irlandese Maire Breatnach, mentre sembra ben ricollegarsi al Bryan Adams dei bei tempi la bella e ruggente I Ain't Losing The Fight, anch'essa tra le migliori del lotto.   
11 quindi vanifica tutte le speranze che i fan di vecchia data avevano riposto in quest'ultima fatica di Bryan Adams, che comunque continua a riscuotere un certo successo in Canada ed anche nell'Europa centrale dove il suo nuovo CD, uscito a metà marzo, ha già raggiunto le posizioni più alte delle classifiche di vendita. E così anche lui sembra essersi, speriamo non definitivamente, adattato alla nuova tendenza dell'"usa e getta" che colpisce purtroppo gran parte della musica attuale, soprattutto quella più mainstream.

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