Voto: 
8.4 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Etichetta: 
Nitro Records/Rude Records
Anno: 
2000
Line-Up: 

- Davey Havok - voce
- Jade Puget - chitarra
- Hunter Burgan - basso
- Adam Carson - batteria

Tracklist: 

1. Initiation (00:39)
2. The Lost Souls (02:42)
3. The Nephilim (02:35)
4. Ever And A Day (03:06)
5. Sacrifice Theory (01:58)
6. Of Greetings And Goodbyes (03:04)
7. Smile (01:31)
8. A Story At Three (03:53)
9. The Days Of The Phoenix (03:27)
10. Catch A Hot One (02:54)
11. Wester (03:01)
12. 6 To 8 (04:21)
13. The Despair Factor (03:54)
14. Morningstar (03:18)
15. Battled (01:03)
16. Dream Of Waking (03:01)

A.F.I.

The Art of Drowning

E’ il 1999, e gli A.F.I. si trovano in un punto nevralgico della propria carriera. Davey Havok e compagni hanno alle spalle alcuni full lenght di stampo tipicamente Hardcore ed un lavoro appena pubblicato, Black Sails in the Sunset, che invece si discosta per certi versi dal classico sound a cui la band californiana aveva abituato. Che fare dunque? Tornare sui propri passi e riprendere le musicalità dei primi dischi oppure continuare l’evoluzione e mettersi in gioco una seconda volta? Neanche a dirlo, gli A.F.I. scelgono di non voltarsi, di proseguire un percorso artistico dettato dall’estro di un singer straordinario e da tre musicisti altrettanto validi, tecnicamente e non solo. E’ esattamente con questo spirito che gli A.F.I. si chiudono in studio per incidere il loro quinto full lenght: The Art of Drowning, l’ultimo pubblicato per un’etichetta indipendente, la Nitro Records per la precisione. Un punto di non ritorno? Forse. Di certo l’ennesimo passo in avanti in una carriera semplicemente sbalorditiva.

Fin dalla copertina, che ricorda molto quelle dei leggendari Misfits, si può appurare come le influenze Horror Punk abbiamo qui un ruolo ancora maggiore rispetto al precedente Black Sails in the Sunset, specialmente a livello lirico. Ed è proprio a partire da queste che, nel corso degli anni, si giungerà ad identificare gli A.F.I. con il termine Gothic Punk. Andiamo con ordine però: The Art of Drowning è un album ancorato alle reminescenze Hardcore di inizio carriera, più precisamente alle sonorità di band come T.S.O.L., Ignite e primi The Offspring. Il ritmo incalzante ed i possenti cori non impediscono comunque all’eclettico Davey di svolgere un ottimo lavoro vocale, elemento questo a dir poco imprescindibile per dare vita alla componente gotico-decadente del sound targato A.F.I.. Il cantato è sempre pulito - a differenza di quanto accadrà invece in futuro - e ben si inserisce nel contesto strumentale, persino in canzoni tirate ed avvincenti come The Nephilim, Of Greetings and Goodbyes e la straordinaria Wester.

Dopo una breve ed introduttiva Initiation, le lugubri linee di basso della superba The Lost Souls ci accolgono nello sconforto interiore, uno sconforto spesso in antitesi con le sonorità del disco, ma che trova comunque modo di esprimersi nelle sue liriche. Qualora però questo non basti, ci si mettono le tracce più toccanti dell’album (vedi Ever and a Day, 6 to 8 e Morningstar) a cullare l’ascoltatore nella più profonda malinconia. In altri casi, invece, sono singole frazioni di un brano a cagionare il medesimo effetto, ne sono esempi radiosi l’apparentemente frenetica Sacrifice Theory o l’appassionante A Story at Three. Nonostante una formazione comprendente un solo chitarrista, gli A.F.I. riescono (in The Art of Drowning come in altri album) ad elettrizzare l’ascoltatore con estro e caparbietà, tanto da raggiungere persino un discreto successo commerciale grazie al singolo The Days of the Phoenix. Un risultato non da poco considerato il periodo in cui The Art of Drowning vede luce, soprattutto per una band che, fino a qualche tempo prima, veniva considerata dai più la brutta copia di The Offspring e Ignite. Non a caso sarà proprio The Art of Drowning a consegnare gli A.F.I. alle major ed al music business, che di lì a poco scopriranno appunto l’enorme potenziale dei quattro californiani.

L’album più genuino degli A.F.I., quello più emozionante, più vero, forse il più bello in assoluto. Questo è The Art of Drowning, il disco che, alla pari del successivo ed osannato Sing the Sorrow, ha sancito la definitiva maturità del gruppo di Ukiah, un gruppo tutt’ora sulla cresta dell’onda e che non sembra per nulla intenzionato a fermarsi.

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