Voto: 
9.4 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Secret Records
Anno: 
1982
Line-Up: 

- Tony "Panther" Cummins - voce
- John Jacobs - chitarra
- Tom McCourt - basso
- Pete Abbot - batteria


Tracklist: 

1. Plastic Gangsters (03:27)
2. Jealousy (01:56)
3. Yesterday's Heroes (03:08)
4. Justice (02:31)
5. Jack The Lad (03:32)
6. Remembrance Day (03:13)
7. Manifesto (02:50)
8. Wonderful World (Live) (01:47)
9. Sorry (Live) (02:33)
10. Evil (Live) (03:22)
11. I Don't Wanna Be (Live) (02:26)
12. A.C.A.B. (Live) (03:20)
13. Chaos (Live) (01:49)
14. One Law For Them (Live) (03:16)


APPROFONDIMENTO SOCIO-CULTURALE: GLI SKINHEAD
Da sempre oggetto di critiche e discussioni, gli Skinhead nascono come sottocultura giovanile della working class inglese sul finire degli anni sessanta. Già con i Mod un decennio prima la Gran Bretagna era stata teatro di una ribellione giovanile, una ribellione non politica, violenta, qualcosa di ben più profondo e radicato: una ribellione sociale. Da un lato il boom economico del dopoguerra, dall’altro il sempre maggiore contrasto fra ceti abbienti e classe operaia. Se però molti Mod venivano da famiglie borghesi o avevano comunque una discreta disponibilità pecuniaria, gli Skinhead emergono dall’inferno dei ghetti, dai quartieri dormitorio, dalle periferie. Sebbene il processo che porta alla nascita del movimento Skinhead sia lungo e graduale, si è soliti ricordare un anno in particolare: il 1969. I Mod, nel frattempo, si sono divisi in due diverse fazioni: Peacock, cui componenti si dedicano soprattutto alla cura dell’aspetto estetico, e Hard, corrente caratterizzata da un indole più aggressive e da numerosi elementi tipici del nascente movimento Skinhead. Gli Skin, però, non si rifanno soltanto alla tradizione Mod: sono soprattutto i Rude Boy giamaicani ad influenzarne stile e temperamento. Al contrario di pakistani, indiani ed asiatici, i giovani emigrati giamaicani in Gran Bretagna non hanno mai avuto particolari problemi ad integrarsi. Questo essenzialmente grazie ad una mentalità più aperta, ma anche, così si dice, per buone doti nel gioco del calcio. Gli elegantissimi Rude Boy, che si rifanno in parte ai gangester americani ed ai musicisti Jazz, condividono con i primi Skin la passione per la musica Ska e Rocksteady, oltre che un abbigliamento improntato sul gusto e sulla praticità. Con l’avvento del Punk le cose cambiano e molti Skinhead mescolano le proprie radici con il nuovo genere: nasce l’Oi!, nascono Sham 69, Cock Sparrer, The 4-Skins, Last Resort, Cockney Rejects, Angelic Upstarts, Combat 84 e molte altre formazioni, ancora apolitiche, composte in prevalenza da Skin. Soltanto qualche anno dopo, con il movimento ormai spaccato, le strade di queste band si divideranno per sempre. Oggi la politica ha definitivamente frazionato il panorama musicale Oi!, tanto che è impossibile trovare band apolitiche davvero coerenti (basti pensare ai Los Fastidios, partiti semplicemente antirazzisti ed ora padrini delle frange autonome, oppure ai germanici Kategorie C, ben più che dei semplici teppisti da stadio). A prescindere dalla componente musicale, uno Skin resta tale soprattutto per via del proprio inconfondibile look. Nonostante lo stile sia mutato negli anni e la lunghezza dei capelli progressivamente diminuita, uno Skin si riconosce per gli anfibi (Dr. Martens, Ranger), polo o camice firmate Ben Sherman e Fred Perry, felpe Lonsdale, giacche Harrington e bomber, jeans attillati e bretelle, tatuaggi (storico quello a forma di ragnatela sul gomito). L’abbigliamento può comunque comprendere anche scarpe da calcetto, magliette sportive oppure a sfondo politico-musicale, coppola, cinture e catene. Il tutto varia chiaramente a seconda della zona di provenienza e della matrice politica dei diretti interessati. Già, la politica, il più discusso e discutibile elemento all’interno della cultura Skinhead. In principio, fino a metà anni settanta circa, l’ideologia era rilegata perlopiù alla sfera personale, soltanto in seguito, a causa dell’interessamento di alcune organizzazioni per le “teste rasete”, il movimento Skinhead ha subito un’enorme, irreparabile, spaccatura. Benché molti accusino il National Front ed il British Movement di aver colpito per primi una scena unita e quasi inarrestabile, se si analizzano gli scenari sociali dell’Inghilterra di quegli anni, pensare ad una rottura diventa obbiettivamente inevitabile. Immigrazione spropositata, mancanza di lavoro, crescita demografica impressionante nelle periferie delle grandi città, tutti elementi che prima o poi sarebbero comunque venuti a galla a livello nazionale. Con gli anni le spaccature si sono fatte sempre più profonde, fino ad arrivare ai nostri giorni, caratterizzati da una serie quasi infinita di sigle e organizzazioni dal diverso orientamento politico. Abbiamo da un lato i neonazisti Skin 88, forse la frangia più conosciuta al mondo (ma non per questo la più numerosa), visti i frequentissimi malintesi di stampa e semplici cittadini nell’associare il Neonazismo all’intero movimento Skinhead. Gli Skin 88, così chiamati per via del principio secondo cui al numero otto corrisponde l’ottava lettera dell’alfabeto (88: Heil Hitler), si rifanno agli ideali nazionalsocialisti e sono pertanto razzisti, intransigenti e spesso tengono un comportamento aggressivo e volutamente provocatorio. E’ fondamentale distinguere tra questi Skinhead ed i neofascisti, italiani ed europei, con i quali condividono soltanto alcuni punti della propria dottrina. Dall’altra parte abbiamo invece il più grande gruppo antirazzista della scena: S.H.A.R.P. (Skinheads Against Racial Prejudice), i cui componenti rappresentano probabilmente la maggior parte degli Skinhead europei. Sebbene il movimento S.H.A.R.P. sia teoricamente apolitico, al suo interno sono spesso malvisti tutti coloro non aderiscano alle frange antifasciste, comuniste ed anarchiche dello schieramento. Intorno ai due grandi assi della scena Skin ruotano poi frazioni minori, come ad esempio i R.A.S.H. (Red And Anarchist Skinheads), i Patriot (Skinhead conservatori e patriottici ma non necessariamente neofascisti o nazionalsocialisti) e gli Spirit Of ’69 (nostalgici del ritmo in levare e promotori di una totale apoliticità). In questa vasta gamma di schieramenti rientrano persino due grande associazioni Gay Skin: la E.G.S.A. (European Gay Skinhead Association) e la G.A.S.H. (Gay Aryan Skin Head), l’una comprendente apolitici e persone di sinistra, l’altra, strano ma vero, componenti di estrazione nazionalsocialista. Fino ad ora si è parlato quasi esclusivamente di Skinhead europei, tuttavia esistono gruppi ed associazioni attive negli Stati Uniti (dove fra l’altro vennero fondate S.H.A.R.P. e R.A.S.H.), Canada, Russia, Sud America, Giappone, Singapore ed Indonesia. Le realtà extraeuropee mantengono vivi solo alcuni degli elementi chiave del patrimonio Skinhead: negli Stati Uniti, ad esempio, dove esistono numerose le fazioni neonaziste, molti Skin si sono uniti a gruppi come il Ku Klux Klan dando vita ad ambigue quanto improbabili alleanze. Questa breve analisi generale del movimento Skinhead non si pone quale bibbia del sapere, ma vuole semplicemente fare chiarezza su una sottocultura giovanile fin troppo bistrattata nel corso della sua storia, una storia che si accinge a raggiungere la straordinaria età di cinquant’anni.

4-Skins, The

The Good, The Bad & The 4-Skins

C’era una volta il Punk, quello inglese, quello duro e puro, quello del settantasette. Un genere esploso in Gran Bretagna con i Sex Pistols e sviluppatosi poi grazie a storiche ed eclettiche band, i The Clash su tutti. Il Punk vero e proprio, però, morì quasi subito, lasciando spazio alle varie sfumature sonore che esso stesso contribuì a creare. Ne sono un esempio il Crust di Amebix e Antisect, l’Hardcore americano di Black Flag e Dead Kennedys, il Post Punk targato The Cure e Joy Division, ma soprattutto l’Oi! di Sham 69, Cock Sparrer e Cockney Rejects. C’erano una volta anche gli Skinhead, il prodotto socio-culturale di un disagio giovanile che nell’Inghilterra degli anni sessanta aveva raggiunto dimensioni impressionanti. Prima degli Skin erano stati i Mod ad invadere le strade di Sua Maestà, portando con sé un chiaro e forte messaggio di protesta ed influenzando così il nascente movimento Skinhead. Se da un lato i Mod ascoltavano prevalentemente Soul, Bluebeat e Rocksteady, gli Skin prediligevano lo Ska ed il Reggae dei Rude Boy giamaicani, da cui subirono influenze che vanno ben al di là dell’aspetto musicale. Tutto ciò perlomeno fino all’avvento del Punk, quando l’energia e la creatività esplose con Never Mind The Bollocks spinsero molti Skinhead ad abbracciare il nascente genere. Questa sorta di mutazione portò alla comparsa dell’Oi!, una variante del Punk decisamente più tirata ed avvincente, caratterizzata da un frequente uso di cori, elemento ereditato dalla passione per il calcio e le curve inglesi. Ed è proprio in un ambiente come questo che nasce, cresce e muore una fra le band più significative, più violente ed eversive nella storia della musica Oi!: i The 4-Skins.

"We don't incite violence, we only sing about what happens"

I The 4-Skins nascono nel 1979 nell’East London, agglomerato di quartieri popolari della capitale inglese nonché zona estremamente importante dal punto di vista musicale per l’epoca. Ne sono una dimostrazione Cockney Rejects, Cock Sparrer e pure Iron Maiden, tutte band nate nella zona est di Londra ed accomunate dall’amore per il West Ham United. Il primo nucleo dei The 4-Skins comprende infatti quattro assidui e scalmanati frequentatori di Upton Park, stadio dove gli Hammers disputano le proprie partite casalinghe. Gary Hodges (voce), Tom McCourt (chitarra), Steve Harmer (basso) e Gary Hitchcock (batteria) non perdono tempo ed incidono in tutta fretta Wonderful World e Chaos, che finiscono direttamente sulla prima compilation di settore: Oi! The Album. I quattro non vanno però d’amore e d’accordo e la formazione varia un paio di volte nel giro di soli due anni. Il 1981 è ricordato da tutta la scena Skinhead per una prima spaccatura, causata dalla pubblicazione della compilation Strength Thru Oi!, a cui i The 4-Skins partecipano con 1984 e Sorry. Il titolo della raccolta si rifà, più o meno involontariamente, al celebre motto nazionalsocialista Kraft durch Freude (Strength Through Joy). Come se non bastasse, sulla copertina del disco compare Nicky Crane, vecchia volpe del nazionalista British Moviment. Bastano questi due semplici elementi per permettere ai giornali di definire nazista l’intero movimento Skinhead, con il risultato di frequenti attacchi da parte di immigrati, soprattutto pakistani ed asiatici, ai danni di concerti e raduni Skin (storico quello al locale Hambonough Tavern di Southall). C’è da dire che, se da un lato la stampa ha sfruttato l’occasione per diffamare ingiustamente la sottocultura Skinhead, molte band incriminate, The 4-Skins in primis, non hanno fatto nulla per smentire le proprie tendenze reazionarie, alimentando così ulteriori polemiche. I The 4-Skins rispondono comunque alle accuse dando alle stampe un sette pollici intitolato One Law For Them, nella cui titletrack sono chiari i riferimenti al diverso trattamento riservato delle autorità ai giovani Skin inglesi. Il vinile è seguito qualche tempo dopo da un altro EP, Yesterday's Heros, e finalmente dal primo full lenght del combo londinese: The Good, The Bad & The 4Skins.

Il titolo del disco racchiude una pungente sottigliezza che vale la pena analizzare. Secondo il gruppo, infatti, da una parte ci sono i buoni, dall’altra i cattivi. I The 4-Skins non stanno né da un lato né dall’altro. Né santi né criminali quindi, come sottolinea fra l’altro la bellissima copertina dell’album. The Good, The Bad & The 4Skins contiene quattordici tracce, di cui una metà registrata in studio e l’altra dal vivo. Il disco offre di conseguenza un’ ampia veduta su quelli che furono i The 4-Skins nel loro periodo d’oro. La line up storica vede il leader Tom McCourt al basso anziché alla chitarra, John Jacobs alla sei corde, Pete Abbot dietro le pelli e Tony Cummins, detto Panther, nel ruolo di frontman e cantante. Quattro teste calde note in città per l’indole violenta e l’eccessiva schiettezza. I quattordici brani che vanno a formare The Good, The Bad & The 4Skins si rivelano infatti delle autentiche bombe al vetriolo, sia da un punto di vista musicale che lirico. L’album è aperto dalle raggianti note di Plastic Gangsters, splendido brano caratterizzato da ritmo in levare, sonorità skankeggianti e ritornello travolgente. Il pezzo, che risente degli influssi giamaicani nella cultura Skinhead, narra la vicende di un finto ribelle delle zone agiate che si atteggia quale spavaldo bullo di strada. Le restanti tracce del disco non torneranno mai a battere sentieri così marcatamente Ska, tuttavia l’intera opera trasuda influenze che vanno ben oltre il semplice trambusto del Punk. L’Oi! e gli Skin hanno sempre avuto una certa classe, uno stile vicino all’eleganza Mod e Rude Boy, un tratto distintivo che li differenzia quasi totalmente dalle creste colorate e dagli abiti stracciati del Punk.

La tecnica delle quattro teste calde britanniche supera di gran lunga quella di molti loro colleghi dell’epoca. Essa occupa comunque una minima (ma imprescindibile) parte dell’album, album nato da una generazione stanca di quel virtuosismo progressivo e spesso aristocratico tipico degli anni settanta. Ciò non toglie che dietro a brani come Yesterday´s Hero, Justice o Remembrance Day si celino buone capacità tecniche ed un discreto senso ritmico. Questo aspetto tende però ad assottigliarsi nella seconda parte dell’album, quella registrata in sede live, dove a contare maggiormente sono prestanza ed intensità. Il lato b si apre con Wonderful World, ironico quanto provocante inno alle “meraviglie” dell’Inghilterra di inizio anni ottanta. Tony “Panther” Cummins è in gran spolvero e l’intero gruppo viene trascinato dalla sua carica in una serata quasi epocale. Non a caso il vero live album dei The 4-Skins, From Chaos To 1984, non riuscirà a bissare i risultati delle sette tracce dal vivo di The Good, The Bad & The 4Skins. E questo nonostante la presenza dietro al microfono nel 1984 di un certo Roi Pearce, ex singer dei Last Resort, altra storica e formidabile Oi! band dell’epoca. Canzoni come Sorry, Chaos e One Law For Them acquistano dal vivo una forza d’urto ed al tempo stesso un’espressività senza eguali. Discorso a sé merita invece A.C.A.B., forse il pezzo più celebre mai scritto dal gruppo londinese. L’acronimo A.C.A.B. sta infatti a significare All Cops Are Bastards, frase ripetuta più e più volte, a gran voce, durante il ritornello. Oggi non è raro vedere striscioni recanti la scritta A.C.A.B. campeggiare nelle curve europee, così come sono sempre più comuni i tatuaggi che si rifanno al celebre brano dei The 4-Skins, a dimostrazione che alcuni messaggi restano invariati nonostante il passare degli anni.

The Good, The Bad & The 4Skins è un disco senza tempo, un concentrato di musica e ribellione, un lavoro che sta alla base dell’Oi! e della sua cultura. I The 4-Skins, purtroppo, si perderanno strada facendo, andando a pubblicare un secondo album senza ottenere i risultati sperati. Poi lo scioglimento. Strano il destino: oggi Tom McCourt è ingegnere civile e John Jacob suona la batteria per una Rave band. Chissà se ricordano ancora quando indossavano bretelle e Docs. Quelli che invece non possono esserselo dimenticato sono Paul Swain e Gary Hitchcock, rispettivamente chitarrista e manager del gruppo nel dopo The Good, The Bad & The 4Skins. Il primo si unì agli Skrewdriver, la R.A.C. band più celebre della storia, il secondo entrò a far parte del Combat 18, organizzazione semi-terroristica londinese di chiara estrazione nazionalsocialista. E’ anche per questo motivo che il pubblico dei The 4-Skins si schiera quasi unicamente a destra: tutti gli altri tendono purtroppo ad identificare l’intero gruppi con i soli Paul e Gary. The Good, The Bad & The 4Skins è invece un disco totalmente apolitico, figlio di una cultura senza colori né ideologie. Perché ascoltare The Good, The Bad & The 4Skins significa rendere omaggio all’intera sottocultura Skinhead, una sottocultura che, lo si voglia o meno, è rimasta intatta fino ad oggi.

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