Voto: 
6.7 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Karin Steneby - voce
- Christian Hörkkö - chitarra, tastiera
- Christian Ricci - basso, pad
- Sylvain Brochard - turntable

Tracklist: 


1. Outside
2. Sparrow
3. Wave of Time
4. Ever
5. My Time
6. Silence
7. Still I Do
8. Tired
9. Ocean

21 Hertz

Ocean of Time

Gli svedesi 21 Hertz si formano a Stoccolma nel 2003 dall'incontro della cantante Karin Steneby, del chitarrista e tastierista Christian Hörkkö, del bassista Christian Ricci e del DJ Sylvain Brochard. Con molta passione scrivono insieme il primo album, dopo diverse demo, entro due anni e lo intitolano Ocean of Time.

I 21 Hertz esplorano il sound oscuro dei Funki Porcini e del Tricky più distaccato, impiegando come collante un campionario effettistico che richiama in più passaggi i Portishead in chiave meno afflitta e più docile (ma sempre malinconica). Il tutto viene filtrato con un'attitudine tendenzialmente da chillout, per ricreare atmosfere morbide, fumose e avvolgenti.
Nonostante le buone premesse e la discreta notorietà ottenuta nella scena scandinava, i 21 Hertz mancano del quid necessario per convincere al 100%, rivelandosi un gruppo ancora incompleto. Infatti è su questo punto che iniziano ad intravedersi i limiti di una formazione ancora giovane e acerba, ancora necessitante di una buona messa a fuoco dei pezzi, discontinui e non sempre abbastanza incisivi, anzi, alle volte un po' troppo monotoni - cosa che sbiadisce le melodie e tramuta gli arrangiamenti da tendenzialmente minimalisti a più piatti e scarni. A causa di ciò in alcuni punti sembrano una versione edulcorata dei Portishead (non sono comunque degli emulatori), priva della stessa profondità espressiva e degli stessi arrangiamenti accattivanti, suonando piuttosto più "sonnacchiosi".
Non mancano certo momenti positivi e spunti vincenti che donano caratterizzazione all'album, ma vengono limitati da degli intenti un po' evanescenti, da un'aura decadente ma romantica un po' forzata e anche da alcuni passaggi con un piccolo retrogusto di dejavù (tutti fattori che impediscono agli svedesi di spiccare il volo e raggiungere livelli elevati).

L'iniziale Outside è una canzone minimalista e notturna, dove la sinistra atmosfera post-industriale contrasta con la voce soffusa e avvolgente della Steneby. Gli arpeggi rievocano vagamente quelli di Mysterons dei Portishead, la sezione ritmica è scorrevole ma corposa, gli effetti ridotti al minimo puntando più su di un'inquietudine sonora generata per sottrazione e non per stratificazione.
Sparrow riprende l'immediatezza melodica dei Crustation e la immerge in un'afflizione corposa nuovamente portisheadiana. I bassi e la batteria sono minimali, ma scandiscono la canzone con decisione, ricollegandosi anche ai Massive Attack del periodo Protection.
Wave of Time coniuga romanticismo e aura spettrale con una suggestività efficace... se non fosse per l'eccessiva monotonia delle basi e soprattutto degli effetti, troppo ripetuti e senza grosse variazioni (persino la divagazione ambient/downtempo sul finale non scuote dal torpore). Peccato perché le scelte melodiche e atmosferiche, singolarmente, avrebbero avuto una valorizzazione migliore con una maggiore sintesi sonora.
L'incedere e le tonalità di Ever sono influenzate da brani come Glory Box dei Portishead, è la canzone più derivativa con tutta probabilità e per questo la meno riuscita.
My Time risolleva l'album con la sua chitarra acustica leggera ma corrosiva. La voce suadente di Karin si sposa alla perfezione con le atmosfere solitarie e fumose del brano, mentre i tappeti di tastiera di sottofondo e la batteria leggerissima l'accompagnano sullo sfondo.
Silence mostra un lato elettronico meccanico e alienante, ma non troppo, perché gli arrangiamenti minimali, per poter enfatizzare la cupezza tramite la freddezza, devono necessariamente stemperare un poco ogni possibile altro contorno, togliendo così "colore" al pezzo. E poi c'è la solità ripetitività di fondo.
Still I Do prova a migliorare la situazione con le sue intuizioni melodiche, con refrain lisergici e bassi che sembrano ripresi dai Bowery Electric di Lushlife (ma resi un sottofondo di poco percettibile, scelta che toglie spessore alla musica).
Tired è in pratica il pezzo più "pop", chitarra e batteria si fanno avanti scuotendo nel ritornello il pezzo da ogni possibile deriva soporifera, ottenendo un risultato accattivante e trascinante - grazie anche alla prova vocale di Karin che interpreta molto bene la forma melodica della canzone con linee vocali anch'esse catchy con efficacia.
Infine la conclusiva Ocean è forse la canzone migliore, con interessanti aperture psichedeliche, trombe campionate, scratch molto in linea con i Portishead, atmosfere mesmerizzanti, effettistiche alienanti e soprattutto un equilibrio compositivo dosato e ragionato a tutto vantaggio del sound. Peccato per la generale sensazione di sconclusionamento di fondo per un album ancora incompleto.

In definitiva i 21 Hertz non riescono a coniugare ancora alla perfezione la sintesi compositiva e l'espressività sonora, finendo per far contrastare fra di loro le due caratteristiche, invece di renderle partecipi con un rapporto sinergico alla caratterizzazione dell'album. Apprezzabilissimi la voce di Karin Steneby, piacevole e personale (è davvero un'eccellente interprete del sound oscuro ma soffice ricercato dal gruppo), e diverse soluzioni melodiche e atmosferiche, sfortunatamente annacquate in modo da precludere agli svedesi la possibilità di esprimere al meglio le loro idee.
Non sembrano aver avuto ancora un'altra occasione per migliorarsi e sfruttare tutto il loro potenziale: difatti Ocean of Time è il loro unico album pubblicato, dopo il quale il gruppo sembra sparire dalle scene - nonostante il loro MySpace sia attivo e dalla fine del 2005 sia notificato come "quasi completato" il loro secondo lavoro, che siamo curiosi di sentire per vedere se la fiducia nel loro potenziale è ben riposta.

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