- Frank Mullen - Voce
- Terrance Hobbs - Chitarra
- Guy Marchais - Chitarra
- Derek Boyer - Basso
- Mike Smith - Batteria
1. Blood Oath (03:56)
2. Dismal Dream (03:18)
3. Pray for Forgiveness (03:41)
4. Images of Purgatory (03:28)
5. Cataclysmic Purification (04:52
6. Mental Hemorrhage (03:56)
7. Come Hell or High Priest (04:08)
8. Undeserving (04:11)
9. Provoking the Disturbed (05:19)
10. Marital Decimation (04:02)
Blood Oath
Come sempre, c’è molta attesa quando si parla di ritorni importanti e il 2009 ne ha collezionati un bel po’, specialmente nel campo dell’estremo. I Suffocation sono una tappa obbligatoria per tutti quelli che vogliono entrare nel mondo del brutal death più tecnico e il loro ritorno sulle scene si intitola Blood Oath. Frank Mullen e soci sono una vera e propria istituzione, venerati da tantissimi essendo stati tra i padri fondatori del genere e fieri di uno stile che è mutato veramente poco in questi anni. Tuttavia, l’età che avanza e la lunga attività, in qualche modo si fanno sempre sentire prima o poi. Nel caso dei Suffocation, io direi che la stanchezza ha già ritardato abbastanza ma questo nuovo album, nonostante tutto, segna inevitabilmente qualche calo in fase di energie e composizioni.
Blood Oath si fregia di una produzione non esattamente al’altezza di un disco brutal che trova giovamento dalla pesantezza delle chitarre. Ce n’eravamo già accorti con il ritorno ufficiale del 2004, Souls to Deny, il quale seguiva il terremotante mini Despise the Sun, ovvero uno dei picchi massimi in brutalità da parte della band. I suoni sono anche questa volta troppo scarni e il tutto risulta fin troppo “leggero” , lasciando da parte una gran fetta della pesantezza dei giorni d’oro, con quelle mastodontiche e nere cavalcate da parte delle sei corde. A quanto pare, questo sembra essere un “problema” molto diffuso tra le recenti uscite discografiche estreme. Molto probabilmente ciò è portato dalla volontà di emulazioni di band recenti (parlando sempre nel campo dell’extreme metal) e perciò si vedano i vari Origin e Cephalic Carnage. Sinceramente, questa è una scelta che non approvo, ma ormai il disco suona così e c’è ben poco da fare.
Affrontando il capitolo delle canzoni contenute in questo Blood Oath, devo dire che non riescono molto a farsi notare se prese singolarmente. Certo, il livello tecnico dei Nostri sembra crescere album dopo album, i controtempo si sprecano e le strutture sono pregne di passaggi contorti. Tutto ciò può esaltare da un punto di vista meramente tecnico, ma a lungo andare il tutto risulta fin troppo intricato e fa poca presa sull’ascoltatore. Se ben vi ricordate, in passato (tralasciando la furia cieca con inflessioni grind di Despise the Sun) il suono era molto più compatto e brutale, con un numero decisamente maggiore di partenze veloci. Ora i brani contenuti su Blood Oath non sono assolutamente brutti, anzi, ma perdono molto in termine di impatto e ciò deriva come detto sia dalla registrazione che dal nuovo stile adottato dalla band. Con questo non voglio assolutamente bocciare il disco poiché non ce ne sarebbe una ragione, tuttavia ora addentriamoci nelle song facendo qualche esempio.
Uno degli episodi più coinvolgenti e potenti si può trovare con la veloce Dismal Dream, la quale si fregia anche di un ritornello catchy ad opera di un sempre temibile Frank al microfono, ben supportato da riffs catacombali con repentini cambi di tempo. La sua voce avrà anche perso un po’ di quel growl profondo, tuttavia essa risulta sempre ruvida e potente per cantare su base brutal death. D’altro canto, composizioni come Pray for Forgivness e Images of Purtatory riescono a malapena a farsi notare poiché le strutture sono troppo simili, pur essendo suonate da Dio. Meglio, quindi, buttarsi nel riffing macabro e spiritato di un’ottima Cataclysmic Purification la quale si distingue per un numero decisamente alto di sezioni veloci e dinamiche, per poi non parlare della montagna di riffs riversataci addosso. Proseguendo, possiamo notare come Mental Hemorrhage sia incredibilmente legata al passato, anche se alcuni rallentamenti mostrano inflessioni leggermente più melodiche a voler donare varietà.
Buone anche le sfuriate di una Come Hell or High Priest tutto sommato carina anche se non entusiasmante. Certo che le partiture soliste qui sono veramente azzeccate e non si limitano a fare da riempitivo come a volte accade su quest’album. Undeserving è un filler bello e buono, fatto di riffs banali e scontati e persino Provoking the Disturbed appare moscia in più parti, specialmente in quelle rallentate mentre le chitarre raramente riescono a graffiare nel modo giusto. La violenza ritrovata, seppur debole riflesso dei giorni d’oro di Marital Decimation pone fine ad un discreto ritorno fatto di canzoni decisamente altalenanti. Come ho già detto, la tecnica non è da mettere in discussione ma qui di episodi memorabili ce ne sono ben pochi e in generale l’album si assesta su livelli normali. Diciamo che non è un acquisto obbligatorio, tuttavia si può fare apprezzare sporadicamente dagli appassionati dei Suffocation.