Voto: 
8.3 / 10
Autore: 
Marco Lorenzi
Etichetta: 
Capitol Records
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Colin Meloy – voce, chitarra
- Chris Funk – chitarra, strumenti vari
- Jenny Conlee – hammond, pianoforte, tastiere, fisarmonica
- Nate Query – basso
- John Moen – batteria
 

Tracklist: 

1. The Crane Wife 3 (04:18)
2. The Island: Come and See/The Landlord's Daughter/You'll Not Feel The Drowning (12:26)
3. Yankee Bayonet (I Will Be Home Then) (04:18)
4. O Valencia (03:47)
5. The Perfect Crime #2 (05:33)
6. When the War Came (05:06)
7. Shankill Butchers (04:39)
8. Summersong (03:31)
9. The Crane Wife 1 & 2 (11:19)
10. Sons & Daughters (05:13)

Decemberists, The

The Crane Wife

I The Decemberists si ripresentano al cospetto dei propri fans poco più di un anno dopo Picaresque. Questo nuovo disco rappresenta, forse, il raggiungimento della definitiva maturità. La band capitanata dal frontman Colin Meloy, autore di tutte le canzoni del quarto capitolo discografico, è tra le protagoniste del 2006 trascorso tra gli scaffali zeppi di nuove proposte, sogni di gloria e desideri di conferma. Hanno colto nel segno, mutando il proprio modo di fare musica, scrivendo un disco per nulla accessibile, a dire il vero, di quelli che se non lo si ascolta con la dovuta attenzione si rischia di farsi prendere a schiaffi. The Crane Wife è l’esame di maturità, che i The Decemberists superano a pieni voti, mischiando tanti di quegli ingredienti che il risultato potrebbe risultare quanto meno confusionario. E’ questa la peculiarità del full-lenght, che mescola nel grande calderone elementi Funk (nella scorbutica The Perfect Crime #2, ad esempio), alle più classiche sonorità che rimandano al Folk, all’Indie Pop e Rock, con spruzzate di stile che impreziosiscono il prodotto finale.

Ci chiediamo come è nato, questo The Crane Wife, che si pone in una affascinante via di mezzo tra il concept album e la fiaba in musica. L’ispirazione, come spiegato della band, giunge direttamente dall’oriente. Da una fiaba giapponese, a voler essere precisi, intitolata La gratitudine della gru (tradotto dall’originale Tsuru No Ongaeshi). E’ la storia di un boscaiolo che, salvata la vita ad una gru, la vede ricomparire dinanzi alla porta della sua casa nelle vesti di una bellissima ragazza. Sono la gratitudine e la benevolenza della gru divenuta donna a renderlo felice. Quando l’eccessiva curiosità di questi lo porta a scoprire la vera identità di lei, tuttavia, questa si ritrasforma in uccello e vola via, per non fare più ritorno.E' la firma più importante al disco pensato e realizzato da Colin Meloy e i suoi The Decemberists. La storia fa da sfondo, lasciandosi contornare dalle sonorità che contraddistinguono la band oggigiorno.

Non è un disco di facile impatto, comunque. La bellissima The Crane Wife 3, posta in apertura, ci conduce all’assemblaggio di tre brani, The Island: Come and See/The Landlord's Daughter/You'll Not Feel The Drowning, i quali formano un tuttuno che va a sfiorare i 13 minuti, uno scoglio forse insormontabile per chi pensa di potersi approcciare a The Crane Wife facendo dell’altro.
Il full-lenght è un viaggio vero e proprio, con punti di grande impatto emotivo, come la rockeggiante O Valencia! oppure la ballata Shankill Butchers. Lo zampino di Meloy è ovunque, e conferisce al suono dei The Decemberists una veste differente rispetto a quello cui la band ci aveva abituato nel passato più recente.
Si giunge quindi, tra atmosfere sognanti e paesaggi per l’appunto fiabeschi, alla perla più lucente di questo full-lenght; si tratta della seconda title-track, The Crane Wife 1 & 2, che supera gli 11 minuti, in un susseguirsi di note tra la voce di Meloy, gli organi e la chitarra acustica. Con una virata, nel finale, che produce quelle sensazioni tipiche di chi fissa il vuoto e tende le orecchie per godere appieno di quanto sta sentendo. Prima del gran finale con Sons & Daughters, sulla falsa riga della precedente, con un arraggiamento fatto anche di fisarmonica e melodie di poche note e tanta semplicità.

I The Decemberists sono protagonisti di un prodotto musicale di grande caratura. Vuoi per l’affascinante background che la fiaba giapponese cui è ispirato The Crane Wife porge sul piatto, vuoi per la ricercatezza degli arrangiamenti, o ancora per la straordinaria capacità della band di mischiare situazioni diverse con un risultato che appare quasi perfetto.
Non serve aggiungere molto altro a quanto già detto. Procuratevi una copia di Tsuru No Ongaeshi, leggetela con lo stesso disincanto di quando, da bambini, sfogliavate i libri di fiabe illustrate. Quindi inserite The Crane Wife nel lettore cd e lasciatevi trasportare dall’altalena di luci ed ombre, scatti improvvisi e frenate altrettanto brusche che i The Decemberists hanno saputo ricreare. E’ impossibile non farsi coinvolgere.
 

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