Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Francesco Gallina
Genere: 
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
1984
Line-Up: 

- Akira Takasaki - chitarra
- Minoru Niihara - voce
- Masayoshi Yamashita - basso
- Munetaka Higuchi - batteria


Tracklist: 

1. Opening Theme (Mars, the Bringer of War)
2. In the Mirror
3. Road Racer
4. I was the Sun
5. Fly Away
6. Black Wall
7. Tusk of Jaguar/Drum Solo
8. Mr.Yes Man
9. Exploder/Heaven Ward
10. Loudness
11. Sleepless Night
12. Speed
13. Shinkiro
14. Burning Love
15. Ending Theme (Theme of Loudness)

Loudness

Live-Loud-Alive

I Loudness; per molti la band giapponese è nota soltanto a partire dalla svolta americana di Thunder in the East che li consacrò e li fece conoscere a livello internazionale, ma per chi li ha seguiti dal'inizio, per chi li apprezzava per la loro precisa connotazione "Jap", un vessillo allora sventolato solo da loro, dai Bow Wow e dagli Tsunami, quell'album, pur essendo apprezzabile di per sè, non rappresentava più l'essenza della loro musica. Dopo The law of devil's land uscì, solo in Giappone, un monumentale doppio live, ristampato in Europa dalla Roadrunner nell'84 a seguito del clamoroso successo della versione Inglese di Disillusion, che era la summa di tutto quanto fatto di buono dalla band di Takasaki fino a quel momento.

Non si può a questo punto che accendere un faro sulla figura del guitar-hero dagli occhi a mandorla, il quale era semplicemente uno dei migliori chitarristi del mondo del giro hard 'n' heavy; profondamente in debito con la lezione di Van Halen, il nostro rivaleggiava a pieno titolo con il ben più noto Europeo nell'uso del tapping e di scale eseguite a velocità ultrasonica, ma senza mai perdere di vista un preciso songwriting, senza mai usare la canzoni come pretesto per fare sfoggio di sola tecnica esecutiva come altri blasonati colleghi , ma proponendo invece assieme agli altri un massiccio e raffinato heavy metal di scuola Britannica, di matrice nwobhm, vagamente Priestiano, spesso ricco di pathos e di grande impatto, di una epicità e di un gusto lirico tipicamente orientali. Un'altra caratteristica da me molto apprezzata ed invece eliminata nel prosieguo dell'avventura Americana, era data dal timbro vocale del singer Minori Niihara, il quale era in grado di dare una mano anche con la sei corde, sicuramente molto particolare per gli standard Occidentali, con una pronuncia nasale e strascicata, incerta nella pronuncia inglese, con vocali molto chiuse, ma che dava personalità genuina al combo, un senso di appartenenza alla terra dei Samurai che poi, come detto, verrà eliminata in favore di un singer , M. Vescera, adatto ai pigri padiglioni auricolari Statunitensi.

I due vinili , registrati al Nakano Sun Plaza nel Settembre dell'83, sono dunque una cavalcata tra i successi dei primi tre albums, con l'aggiunta di una notevole carica di potenza che la dimensione live offre sempre da parte di chi sa calcare un palco, e sono disseminati di gemme esecutive di Akira, ora dolce, ora violento con la sua ESP, ed assecondato alla grande da Masayoshi Yamashita al basso e da Munetaka Higuchi dietro le pelli, il quale si permette anche in lungo solo in coda a Tusk of Jaguar. Il lavoro, aperto da un intro tratto da Mars, the Bringer of War, e chiuso da un outro noto come Theme of Loudness II, si snoda facendo perno su classici come In the Mirror, I was the Sun, perfetto esempio dell'epicità orientale a cui facevo riferimento prima, Exploder, Speed, ma nel suo complesso rappresenta una polaroid di come era un gruppo prima che venisse assorbito dal music-businness, nel suo momento più vero, con pregi e difetti, ma con più onestà intellettuale. Intendiamoci, anch'io ho sullo scaffale Thunder in the East e mi piace ancora, ma questo è un'altra cosa, credetemi. Da segnalare la lunga e tortuosa carriera di Akira, che lo ha portato a sperimentare molte strade nuove, ed una storia che, pur avendo dato da tempo il meglio, non è ancora ai titoli di coda.


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