Polar For The Masses
di: 
Marco Lorenzi
14/02/2008



 

I Polar For The Masses si raccontano a RockLine.it dopo qualche mese dall’uscita di Let Me Be Here, primo full-lenght della formazione vicentina. L’occasione è interessante per parlare di passato, presente e futuro della band...

M.L. - Ciao ragazzi. Cominciamo a parlare della vostra band, a partire dal nome che avete scelto. Volete raccontarci qualcosa delle vecchie Volvo Polar? Che significato hanno avuto per voi e perché avete deciso di onorarne la memoria dedicando loro il nome della band?

Simone - Siamo legati alle Polar per caso. Il fatto è che un giorno, mentre ragionavamo sul fatto che siamo tre persone molto diverse, cercavamo di capire quali fossero le cose che abbiamo in comune, i nostri punti di contatto. Ci siamo resi conto che l’unica esperienza che ci accomunava era il fatto di aver posseduto una Volvo Polar! In tempi diversi e di colori diversi, ma tutti e tre abbiamo avuto il piacere e l’onore di viaggiare con questa specie di carrarmato. Ci siamo anche resi conto che questa macchina poteva essere paragonata alla nostra musica e alla nostra filosofia: rock grezzo, minimale, senza tanti fronzoli. Testi che parlano della nostra visione del mondo. A modo nostro, con distacco, come guardando dal finestrino del nostro “carrozzone” portiamo a chi ci vuole ascoltare il nostro punto di vista: et voilà, Polar for the Masses!

M.L. - Volete parlarci un po’ della vostra storia? Come è nata la band?

Jordan - Il progetto è partito circa tre anni fa. Suonavamo già assieme, noi tre, con un progetto musicale diverso che nel tempo ci ha dato molte soddisfazioni ma che oramai era giunto al capolinea. Ci siamo presi una pausa per capire cosa volessimo fare ed in breve abbiamo deciso di tornare alle nostre radici: rock come lo intendiamo noi, semplice ma non banale, diretto ma non scontato. La band in pratica esisteva gia, abbiamo cambiato direzione, nome ed in breve abbiamo iniziato da zero a buttare giù idee per un album.

M.L. - Sotto quali influenze (se di influenze si può parlare) nasce, fondamentalmente, il progetto Polar For The Masses?

Davide - Come detto, siamo tre persone molto diverse e quindi abbiamo influenze musicali altrettanto variegate. Devo aggiungere, dato che non l’ho fatto prima, che il nome della band richiama anche un disco dei Depeche Mode, Music For The Masses. Questo fatto non è casuale, perchè condividiamo anche la passione per questa band. Ascoltiamo di tutto, dall’indie rock allo stoner, dal metal all’elettronica. Siamo onnivori e sempre alla ricerca di novità! Ma nel contempo siamo un trio “classico”: basso, chitarra, batteria; scriviamo e componiamo assieme, quindi direi che le nostre principali influenze siamo noi tre, nel bene e nel male!

M.L. - Veniamo a Let Me Be Here, il vostro disco. Quali sono le sensazioni e le atmosfere che hanno portato alla creazione del vostro full-lenght? C’è una spiegazione particolare al titolo scelto?

Davide - Il disco ha avuto una gestazione abbastanza lunga e penso si senta, soprattutto nella diversità tra i singoli brani. Quando abbiamo iniziato a creare le canzoni abbiamo cercato di parlare di noi, col nostro linguaggio. Energia rock e rumore garage, tonalità quasi sempre minore e testi in bilico tra denuncia e introspezione, questi sono gli ingredienti che abbiamo usato. Let Me Be Here è la canzone che forse rappresenta meglio tutto questo e quindi abbiamo deciso all’unanimità di utilizzarla anche per dare il titolo all’album.

M.L. - E’ presente una canzone, nel complesso del vostro lavoro, alla quale siete maggiormente legati?

Simone - Mah, non saprei... Forse proprio Let me be here perchè ci sembra ben riuscita e ci piace molto suonarla dal vivo, tanto che la usiamo sempre come apertura ai concerti. Ha il mood giusto per metterci a nostro agio e rompere il ghiaccio (e i timpani) nel modo giusto!

M.L. - Riuscireste, quindi, ad individuare un filo conduttore che possa in un qualche modo fare da collante per tutti i pezzi dell’album oppure ogni traccia fa storia a sé, come si suol dire?

Jordan - Come diceva Davide, l’album ha avuto tempi di maturazioni piuttosto lunghi; ci siamo presi tutto il tempo per scrivere, comporre, smontare e rimontare i pezzi. Penso sia evidente che alcuni brani sono frutto di un dato periodo perchè hanno caratteristiche musicali che li accomunano. Comunque lo sforzo che abbiamo fatto è stato quello di portare le singole canzoni in direzioni diverse. Ogni traccia ha una storia particolare e la sua personalità. In fin dei conti il filo conduttore è la nostra personalità, che viene sempre fuori a prescindere dal territorio musicale che esploriamo.

M.L. - Argomento live. Tra le vostre maggiori peculiarità vi è quella di presentarvi sul palco a volto coperto, con una sorta di tubo bianco a nascondere il viso. Perché questa scelta che, seppur non nuova nel mondo musicale internazionale, appare comunque stravagante?

Simone - Come tutte le stranezze, è il frutto di un caso. Stavamo facendo alcune foto da inserire sul nostro sito internet ed abbiamo scherzato con dei cartelloni, arrotolandoli e mettendoceli in testa. Quando abbiamo dovuto scegliere le foto, beh, ci siamo resi conto che quelle più particolari erano proprio quelle fatte per gioco! Inoltre ci piaceva l’idea di spersonalizzarci; è la band che conta, non il singolo individuo. Così facendo passa maggiormente la personalità del gruppo ed è proprio quello che volevamo. E poi non siamo fotogenici, tranne Jordan che è il bello del gruppo (hahahaha...).

M.L. - Un aneddoto particolare riguardo l’atmosfera del palco durante un live?

Davide - Eh, devi sapere che comunque dal vivo non ci azzardiamo più ad indossare i “tubi” perchè l’ultima volta che l’abbiamo fatto Jordan ha avuto un malore ed è quasi svenuto! In effetti non è facile respirare con quei cosi in testa... Penso sia stato il nostro concerto più corto: una canzone e mezza e poi stop! Batterista ko, arrivederci e grazie! Che esperienza... tragicomica!

M.L. - Esiste una band in particolare, oppure più di una, con la quale vi piacerebbe dividere il palco in un ipotetico tour in futuro?

Simone - Cacchio...i Bon Jovi?
Jordan - No, stiamo sul realistico e non ridicolo, per favore! Gli U2! O al limite i Tool!
Davide - Vabbè, allora svacco anch’io... I Kiss, usando i loro fuochi artificiali e tutto il resto! Deheiho!

M.L. - Nella presentazione al vostro disco abbiamo riscontrato diversi passaggi nei quali vi fate strenui sostenitori della causa “Rock” nel nostro paese, contrastando chi sostiene che il Rock sia oramai un esemplare defunto. Che ne pensate della scena musicale nostrana?

Jordan - Il Rock non è un genere ma un’attitudine ed in quanto tale non morirà mai! Noi ci sentiamo “Rock” e andiamo avanti per la nostra strada, come il Rock comanda! (Il film School of Rock potrebbe essere la nostra Bibbia! Hahaha!). In Italia pensiamo che ci sia una scena divisa tra “indie” e “rock” e un milione di altri generi. Comunque la scena italiana è viva e vegeta e soprattutto adesso, con la crisi delle major e della discografia in generale, c’è un proliferare di band che si autogestiscono che ammiriamo molto. Il futuro sarà questo: non più una band che vende mille dischi, ma mille band che vendono un disco! Naturalmente sopravvivranno solo quelli che non lo fanno per soldi!

M.L. - Pensando al futuro, a quali progetti dedicherete il vostro tempo nei prossimi mesi? C’è in programma un seguito per Let Me Be Here?

Davide - Io dedicherò molto tempo a mia figlia, che nascerà tra poco!
Simone - Già, e noi daremo una mano a cambiare pannolini! Scherzi a parte, stiamo gia scrivendo e buttando giù idee per un nuovo album. Questa volta vogliamo terminare il lavoro in tempi brevi per poter tornare al più presto a suonare dal vivo. Siamo a buon punto con la stesura del materiale grezzo, tra un po’ faremo una prima scrematura, poi termineremo la scrittura e inizieremo a registrare e via, verso nuove mille avventure!

M.L. - Ok ragazzi, siamo giunti alla conclusione di questa intervista. Nel ringraziarvi per la disponibilità, RockLine.it vi dà l’opportunità di chiudere questa chiacchierata come meglio credete. In bocca al lupo!

Simone - Grazie a voi, stay tuned sul nostro myspace e saluti alla Black Nutria ed alle altre band della nostra etichetta! Crepi il lupo, poveraccio!

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