Modena City Ramblers
(Massimo Ghiacci)
di: 
Paolo Bellipanni
29/09/2005



 

I Modena City Ramblers sono ormai diventati una forte realtà del panorama Folk italiano e l'ultimo Appunti Partigiani ne è la conferma, con le sue 50000 copie vendute. A rispondere alle domande di RockLine.it è Massimo Ghiacci, bassista, contrabbassista e chitarrista della band...


P.B. - Ciao Massimo! Apro quest’intervista ringraziandovi per la vostra disponibilità. E’ un onore per noi potervi fare qualche domanda. Potresti introdurci brevemente la nascita e lo sviluppo della band?

Massimo - Abbiamo iniziato intorno al 1991, per gioco… uniti dall’amore per le sonorità Folk celtiche e per l’Irlanda come paese. Pian piano abbiamo raccolto compagni di viaggio e iniziato a scrivere e ad arrangiare nostre canzoni. Nel giro di due-tre anni ci siamo accorti che qualcosa di bello stava accadendo: la gente ci seguiva e ciò che facevamo piaceva molto!

P.B. - Qual è stato l’album che vi ha definitivamente lanciati nel mondo della musica? E qual è quello a cui siete più legati?

Massimo - Siamo legati ad ogni nostro disco, è naturale, sono come figli! Appunti Partigiani, pur essendo un disco solo in minima parte scritto da noi, è un lavoro che sentiamo particolarmente per le idee che ne stanno alla base. Per quanto riguarda il discorso dell’album che “ci ha lanciati”, diciamo che partendo fin da Riportando, tutti i nostri dischi hanno sempre ricevuto un buon consenso di pubblico, senza mai arrivare a certi numeri da big, ma consentendoci una visibilità e un seguito che ci permettono di avere di che vivere con la nostra musica da dieci anni a questa parte!

P.B. - Che cosa ha rappresentato per voi la pubblicazione di Appunti Partigiani?

Massimo - Come già detto, sentiamo molto il disco, quindi per noi la sua pubblicazione ha un valore che va ben al di là della musica. E’ importante soprattutto perché ribadisce, e in Italia di questi tempi ce n’è davvero bisogno, l’importanza di certi Valori e della Memoria come un qualcosa di vivo e sempre attuale.

P.B. - Come ha risposto il pubblico italiano a questo album, uscito per la Mescal?

Massimo - Benissimo. Abbiamo superato le cinquantamila copie vendute e anche il tour è andato alla grande. Tutto questo per noi è motivo di soddisfazione non tanto per l’aspetto commerciale, quanto per il atto che siamo riusciti a dare “popolarità” e largo respiro a canzoni e contenuti militanti. Non è poco in quest’epoca.

P.B. - Da cosa è scaturita l’idea di far uscire un intero album di cover storiche rivisitate insieme ad altri grandi della musica italiana?

Massimo - Appunto dall’esigenza di rispondere artisticamente ai tanti tentativi di manipolare la nostra Storia, la Memoria. Contro i revisionismi e le mistificazioni ad uso politico.

P.B. - Ci sono gruppi dai quali avete preso qualche influenza? A quali generi musicali vi interessate di più?

Massimo - Eh.. tantissimi! Noi nasciamo come gruppo Folk, sebbene con un atteggiamento Punk. E nel Folk non si ha paura di esplicitare le influenze e le “copiature”. Ti cito tra gli altri Dylan, Pogues, Waterboys, il Folk irlandese, Christie Moore e Andy Irvine, Clash, Mano Negra e Manu Chao… Ogni genere musicale, dall’Hard Rock alla World Music ci interessa, siamo dei grandi appassionati di musica!

P.B. - Siete i più grandi esponenti del Combat Folk italiano. Credete che il vostro successo sia stato garantito anche dalle rivisitazione di ballate quali Contessa o Bella Ciao in chiave moderna?

Massimo - Questo tipo di percorso musicale ci ha sicuramente “contestualizzato” artisticamente. Non so però risponderti su un argomento come quello del “successo”. Cosa vuol dire infatti questo termine? La nostra “militanza”, l’avere tante canzoni “militanti” (o “impegnate”, che dir si voglia) nel repertorio, oltre che quelle che citi, da un lato sì ci ha permesso di avere un certo seguito, ma dall’altro ci pregiudica tanti palchi e tanti contesti dove, appunto, passa la scalata al “successo”! Diciamo che a noi non interessa certo semplicemente “arrivare”, bensì anche “come” arrivare. Ecco, l’esempio di Appunti Partigiani è un buon modo per noi di sintetizzare l’idea di un “successo”, ma sempre nicchia è, seppure grande…

P.B. - Vi ho visti al vostro concerto a Lenola, vicino la mia città Gaeta. E’ stata un’esperienza fantastica, grazie alla passione e alla voglia da voi trasmessa. Cosa credi che ci voglia per rendere un concerto bello?

Massimo - Ci vuole un pubblico bello come quello di Lenola! Scherzi a parte (ma un fondo di verità c’è!) ci vuole innanzitutto un atteggiamento positivo da parte della band. Se noi per primi non riusciamo a divertirci sarà difficile che si diverta chi ci sta guardando. Poi, importantissimo, tanta professionalità, non solo di chi sta suonando ma anche, e soprattutto, dei tecnici e di chi organizza il concerto. Al pubblico magari queste cose non saltano all’occhio ma sono importantissime, questo al di là delle cose più appariscenti, che so, il megapalco o il numero di luci…ma la qualità dell’impianto, l’affidabilità di chi fornisce il palco, così come la fornitura di corrente (tanto per fare un esempio tecnico) sono elementi che, se negativi, rischiano di far naufragare un concerto. Non scordiamoci che un concerto è comunque una “rappresentazione”, un qualcosa che non nasce per caso, e, specie se si chiede al pubblico di pagare per vederlo, non si può essere pressapochisti…

P.B. - Una domanda per voi che siete molto amati e conosciuti. Cosa si prova a suonare ad un concerto davanti ad una folla scatenata ed eccitata?

Massimo - Ti posso rispondere personalmente, è una sensazione mista di stupore e felicità, ma anche di tanta responsabilità nei riguardi del pubblico. Questa sensazione è più che mai viva oggi che noi Ramblers viaggiamo ormai verso i quarant’anni (anzi, c’è chi li ha già abbondantemente superati…) e quindi risultiamo, rispetto al pubblico medio del nostro live, un po’ dei “fratelli maggiori”, se non degli zii!

P.B. - Avete mai fatto qualche esibizione fuori dall’Italia? Se si, come è stato?

Massimo - Da tanti anni abbiamo la fortuna (e la volontà) di poterci, seppur non siamo distribuiti discograficamente, esibire all’estero. Al di là delle situazioni “di viaggio”, tipo i concerti fatti in Africa e nel Sudamerica, siamo riusciti a ritagliarci un piccolo spaziettino in alcuni circuiti live olandesi, svizzeri e, in misura minore, francesi, tedeschi e spagnoli. Di qui a dire che “siamo noti” in questi paesi ce ne corre, ma la speranza e l’impegno perdurano. Per noi ricevere i complimenti di un ragazzo olandese, che si presenta dopo il concerto con la nostra maglietta e che pure non capisce la lingua e quindi i nostri testi (anche se naturalmente intuisce il senso) è una grande soddisfazione, e il segno che la musica è un linguaggio assolutamente globale, che non ha confini e può veicolare idee ed ideali al di là delle barriere linguistiche.

P.B. - E’ in programma il proseguimento o la ripresa di un nuovo tour? Quali sono i vostri progetti futuri? Continuerete a scrivere nuove canzoni?

Massimo - No. Dopo tre anni, due dischi, viaggi in Messico, Guatemala e Palestina, e soprattutto duecento concerti e passa, abbiamo assoluto bisogno di “ricaricare le pile”. Staremo fermi per un po’, quindi cominceremo con tranquillità a lavorare su nuove canzoni, ma senza fretta. Per un ritorno dal vivo credo dovremo aspettare il prossimo anno, e saranno comunque date sporadiche, non penso un vero e continuativo tour…a meno che nel frattempo non ci vengano idee particolari!

P.B. - Parliamo delle vostre collaborazioni. Ci sono state band importanti con le quali siete stati in contatto?

Massimo - Bè, innanzitutto le tante collaborazioni che puoi evincere dai nostri dischi: a partire da Bob Geldof per finire con tutti gli ospiti che compaiono e danno lustro ad Appunti Partigiani. Se intendi contatti che per ora non hanno prodotto nulla… abbiamo conosciuto Manu Chao, e sarebbe bello che si riuscisse a fare qualcosa insieme, ma è molto difficile, visti i suoi impegni in giro per il mondo… ma non ci diamo per vinti! Un rimpianto è quello di non aver mai conosciuto Joe Strummer… purtroppo rimarrà solo un sogno…

P.B. - Cosa pensate della attuale situazione mondiale? C’è qualche rimedio per evitare il collasso etico che sta spingendo i valori morali e il mondo su due strade opposte? Può la musica essere un arma contro ciò?

Massimo - E’ una domandona! Ciò che pensiamo della situazione mondiale dovresti già capirlo dalle nostre canzoni! Soprattutto con gli ultimi tre nostri dischi, il “trittico” Fuori Campo, Radio Rebelde e Viva la Vida è pieno di canzoni-riflessioni rivolte assolutamente alla situazione di questi nostri anni bui. Lo chiamiamo Nuovo Medioevo non per niente. Primo potere è un po’ un riassunto in musica della storia di questi ultimi decenni. Altri Mondi porta in musica i nostri dubbi, le nostre incertezze, le paure che, volenti o nolenti, ci vengono inculcate giornalmente. La musica è un’arma, come qualsiasi altra forma d’arte che agita e stimola le coscienze di noi stessi!

P.B. - Facciamo un salto fuori dalla musica. Quali sono le figure e i personaggi di questo secolo a voi più cari?

Massimo - Altra domandona! Ti posso rispondere personalmente, precisando che il “secolo” a cui riferimento è quello trascorso, il ventesimo! Ti dico John Lennon per la musica, perché purtroppo ci è stato portato via troppo presto, e Nelson Mandela per il carisma e l’insegnamento.

P.B. - Hai un messaggio da lanciare a tutti i vostri fan?

Massimo - Non ho nulla da aggiungere a quanto già non mi sforzi di dire e cantare col gruppo!!!! Scherzi a parte… non amo predicare al di fuori delle canzoni, e, come avrai notato anche dal vivo a Lenola, anche sul palco stiamo ben attenti a centellinare le parole, fuori dalle esecuzioni… Il nostro ruolo è essenzialmente quello di musicisti… non credo che giù dal palco la mia opinione o il mio messaggio siano più importanti di quella di persone comuni… Da “fratello maggiore”, vi invito ad ascoltare quello che Germano Nicolini dice in coda alla nuova versione di Al Diesel su Appunti Partigiani!

P.B. - Vi ringrazio di nuovo per la disponibilità che ci avete offerto. Grazie per questa bell’intervista! E’ stato un piacere immenso. Puoi chiudere l’intervista come vuoi! Ciao!

Massimo - Il mio grazie e quello di tutto il gruppo a Voi per lo spazio che ci concedete. In bocca al lupo per tutto!

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