Merendine Atomiche
(Luca Cerardi)
di: 
Davide Merli
02/11/2005



 

Aspettando l'uscita del nuovo Raw che andrà ad accostarsi alla scorsa pubblicazione Walk Across Fire, i nostrani Merendine Atomiche rilasciano qualche commento sul loro passato, partendo dalle radici della loro storia e sul loro futuro, descrivendo ciò che sarà la nuova opera. A parlare è il batterista Luca Cerardi...


D.M. - Dunque, visto che il motivo della nostra chiacchierata è senza dubbio la recensione del vostro debutto discografico Walk Across Fire datato 2003, puoi dirci due parole su questo disco?

Luca - Certamente, anche se mi sembra “strano”, visto che da poco abbiamo terminato la registrazione del secondo full lenght album Raw, ma mi fa piacere tornare indietro con la memoria e discutere di Walk across Fire. E’ un cd che ad oggi, a tre anni dalla sua registrazione, e a due dalla sua uscita, posso riassumere, forse, meglio: un primo full lenght su cui abbiamo riposto molte speranze e sacrifici, che ci ha dato la possibilità di imparare molte cose, di fare esperienza e di crescere. In sè la sua registrazione è stata una grande esperienza di vita perché, assieme, abbiamo vissuto un mese in Svezia e ci siamo confrontati, per la prima volta, con l’ambiente metal estero. A livello di risultati è stato molto importante, sostanzialmente per un paio di cose: la prima è che il cd è piaciuto un po’ a tutti e secondo che ci ha permesso di arrivare negli Stati Uniti, di incontrare persone importanti che hanno permesso il continuo della nostra storia, che ci hanno aiutato a crescere e a imbastire e fare Raw oltre che coronare il sogno di una vita, cioè, suonare in America supportando bands importanti come i Testament. La cosa negativa dell’album, invece, è stata sicuramente la sua produzione e il relativo “poco” lavoro sugli arrangiamenti e in generale sulla musica. Questo lo dico perché so cosa abbiamo fatto con il nuovo Raw e so che abbiamo dato il massimo per un risultato musicale di ottimo livello, mentre per Walk across Fire ci siamo limitati a registrare ciò “che sentivamo. Avevamo avuto solo sei mesi di tempo per farlo in mezzo a molti concerti live. Tutto questo ha impedito al cd di avere una qualità sonora, audio di qualità e la mancanza di cura negli arrangiamenti. In generale, una grande esperienza in ogni sua parte che ci ha veramente dato tanto.

D.M. - Personalmente penso che per una band italiana registrare in Svezia con un ottimo produttore il proprio debutto non sia una cosa che capiti tutti i giorni… come vi è capitata questa opportunità? Chi ha supportato tutto ciò?

Luca - Beh, l’idea è venuta grazie ad un nostro amico che aveva già avuto esperienza li in Svezia. Subito ci è sembrata una grande idea, più che altro perché rappresentava una esperienza di vita che volevamo fare. In più, c’era questo produttore famoso e, quindi, il tutto ci ha portato a rischiare e ad andare. Una volta contattato Tomas, il resto è venuto di conseguenza. Alla domanda su chi ha supportato tutto questo la risposta è noi. Ci siamo accollati ogni spesa di ciò che ha riguardato Walk across Fire. Anni di sacrifici ci hanno permesso di rischiare, anche se, poi, per un lungo tempo abbiamo dovuto “recuperare” per riuscire a continuare e a pensare al futuro.

D.M. - Il disco contiene inoltre la presenza di guest di un certo livello… Come siete riusciti ad avvicinare Jeff Waters e Anders Lundemark? Naturalmente, dal mixaggio del disco, si capisce che non hanno registrato con voi ma vi hanno spedito il materiale già pronto...

Luca - Esattamente. Jeff Waters è stato un po’ complicato perché sono dovuto passare per diversi canali: la sua casa discografica, l’agenzia di promozione e infine spedire il materiale in Canada a lui. La cosa positiva del nostro incontro è stato che ha apprezzato Holy Metal, il mini cd che precede Walk across fire e, proprio per questo, ha deciso di aiutarci. Non è stato semplice perché fino a che non ha ascoltato Game Over (canzone in cui suona gli assoli) non sapevamo se avrebbe accettato o meno. E’ stato un anno abbastanza duro, ma alla fine è andato tutto bene. Con Anders le cose sono state piu’ semplici. L’abbiamo contattato una unica volta direttamente ed è stato disponibile subito ad aiutarci. In generale sono state buone esperienze che , però, ci hanno insegnato una cosa importante. Come dici tu, si sente che il materiale è stato spedito e, quindi, che non c’è stata collaborazione nello stesso studio, ma a distanza. Ciò ci ha fatto imparare che nel prossimo disco avremmo dovuto fare diversamente. Infatti, su Raw, abbiamo contattato Jack Frost che si è reso disponibile a co produrre il disco e per quindici giorni è stato nostro ospite in studio lavorando alacremente. Il risultato lo sentirete presto, quando Raw uscirà e vi permetterà di capire come l’esperienza avuta con Waters e Lundemark ci abbia portato a lavorare direttamente fianco a fianco con Frost e potrete giudicare voi l’impatto e il risultato alquanto diverso. Infine, direi che mi è servito, personalmente, per tessere alcuni contatti, imparare a gestire le cose e lavorare con persone non italiane, praticare l’inglese e conoscere bene il mondo del business. Penso che sia stata un’ottima esperienza, che è stata propedeutica a quello che abbiamo fatto con Raw e che aiuterà in maniera esponenziale il prossimo disco che , tra l’altro, prevede già qualche cosa in cantiere ma, mi fermo qui, visto che stiamo parlando di Walk across fire e visto che Raw deve ancora uscire.

D.M. - Parlaci un po’ delle soddisfazioni che Walk Across Fire vi ha dato…

Luca - Mi viene in mente l’America. L’uscita del disco è stata un “parto”. Da agosto del 2002 è stato rilasciato a marzo del 2003 e ci ha creato un po’ di problemi. Nonostante tutto siamo riusciti a superarli grazie al nostro lavoro e ci ha portato alla firma con una casa di promozione radiofonica americana che ci ha permesso, per la prima volta, di mettere la nostra musica live in America. Devo dirvi che la sorpresa è stata alta la prima settimana quando il nostro singolo Blood for glory era secondo dietro a Roorback dei Sepultura. Il nostro cd è stato molto apprezzato e siamo stati per un mese nella top 50 dell’heavy in Usa. Il massimo risultato è stata la 37° posizione. Insomma, una grande soddisfazione, soprattutto per l’impegno che ci abbiamo messo negli anni passati. Questo ottimo risultato e i rapporti ottimi con il nostro promoter, hanno permesso alla band di entrare un po’ di piu’ in quel mondo, ottenere delle interviste, spazi e infine poter suonare al Metal Meltodown Festival VI nel New Jersey. La notizia, poi, che avrebbero suonato headliner Testament e gli Obituary, riuniti per l’occasione, ci ha lasciato di stucco. Quell’avventura racchiude le fatiche di otto anni e dormire nello stesso albergo di grandi stars è stato unico. L’ambiente, poi, era bellissimo e le persone si sono dimostrare tutte apertissime e disponibili. Questo significa che abbiamo potuto parlare discutere con tutti. Quelli che mi vengono in mente sono Chuck Billy, Eric Petterson, Paul Bostaph, Jack Frost, Glen Benton, Joe Comeau, Chris Jericho che suonava con i suoi Fozzy e che il giorno dopo avrebbe lottato a Wrestlemania XX a New York (per gli appassionati di Wrestling) e tanti altri. Ricordo positivamente anche Metal Mike. La mattina dello show la chitarra di David , il nostro chitarrista, si era rotta. Eravamo molto nervosi e preoccupati, invece, il nostro manager e promoter, ha fatto una telefonata e come per incanto Metal Mike ha prestato una sua chitarra a David con cui ha suonato lo spettacolo. Per Il resto possiamo dire che il cd è stato apprezzato da quasi tutti, ci ha fatto fare, come avete visto, grandi esperienze e ci ha permesso di farci conoscere ancora di piu’ e di programmare il futuro.

D.M. - Quanti personaggi del mondo dell’ heavy metal avete incontrato durante il tour americano? Qualche aneddoto?

Luca - Ah…già detto sopra. Dovevo leggere la domanda successiva! Come scritto sopra l’aneddoto è stato Metal Mike e il resto sono tutti gli altri già scritti. Ricordo Glen Benton che faceva veramente paura! Ma la cosa che posso dire è la grande disponibilità degli americani verso di noi e la stranezza, per loro, di vedere una band italiana. Li, ovviamente, sono famosissimi i Lacuna Coil e vedere qualcun altro del nostro paese, li incuriosiva, cosi’ abbiamo parlato con diversi personaggi di radio locali, giornali e altro. Una grande esperienza, in generale, di vita per prima e poi musicale.

D.M. - Se non sbaglio voi non eravate nati come cover band (dei Metallica) ma lo siete diventati. Come mai questa avevate preso questa decisione?

Luca - Beh, abbiamo iniziato come tutti come cover band di vari gruppi, poi abbiamo prodotto il nostro primo demo tape, che non è che fosse il massimo. In più, al tempo, essendo una band appena nata, avevamo parecchi problemi di line up e perciò, per divertirci e per fare esperienza, abbiamo deciso di tornare alle cover. Una volta capito che tutti impazzivamo per i Metallica vecchio stile ci siamo decisi a tributare loro i nostri concerti. Per un paio d’anni ci siamo divertiti al massimo e, quell’esperienza, ci ha permesso di suonare in molti locali, di capire altre cose e di poter, alla fine, tornare a suonare musica nostra e concentrarci sulla nostra carriera. La cosa buffa è che quando avevamo iniziato a suonare solo Metallica tutti ci davano contro perché fare “cover” non era una cosa “intelligente”, poi, negli anni noi siamo tornati a fare musica nostra e la prassi è diventata fare la cover band. E’ stato divertente e alla fine ci è servito e se ti posso dire una cosa, adesso, sono molto contento di non fare più cover dei Metallica, non tanto per i Metallica, che adoriamo, ma per l’ambiente in cui, poi , ci siamo trovati di fronte.

D.M. - Cosa vi ha spinto poi a tornare sui vostri passi abbandonando le cover?

Luca - Non abbiamo abbandonato le cover…avevamo abbandonato la nostra musica per acquisire esperienza, suonare, conoscere i live, vedere come girava il mondo, quindi, una volta sentito in noi la voglia di produrre musica nostra di nuovo, siamo tornati a fare ciò di da sempre avevamo bisogno, cioè scrivere musica nostra e produrla e cercare di fare qualcosa di importante. Le cover sono state un periodo di esperimenti, non sono mai state la priorità.

D.M. - Purtroppo voi siete uno dei tanti esempi di band che senza dubbio ha riscontrato più successo all’ estero che in Italia. Secondo te qual è il problema del mercato italiano?

Luca - Ce ne sono tanti di problemi. Qui, penso, ci sia tanta esterofilia, per cui, se una band viene dalla Svezia (esempio) è sempre meglio di una italiana e dopo perché c’è un po’ un sistema, che peraltro vige in ogni angolo del nostro paese e in ogni situazione lavorativa, che impedisce a gente volonterosa o che ha delle capacità di emergere. Diciamo che in Italia non esiste la meritocrazia. Probabilmente non esiste da nessuna parte, ma in Italia ci si vanta di questo ed è un problema, a mio avviso. Insomma, basta vedere come la cultura o la ricerca viene trattata, di come gli italiani fanno la fortuna degli altri paesi etc etc…è un problema globale, presente anche nella musica. Sai, ti dicono che sei giovane e devi fare esperienza e quando sei vecchio ti dicono che sei troppo qualificato, ti dicono che devi avere fatto questo e quello per suonare li e poi, una volta fatto, ti raccontano qualche altra storia. Pazienza, per noi l’importante è sempre stato essere coerenti con le nostre scelte, lottare per la nostra musica e suonare per noi, per i fans e cercare di essere apprezzati per quello che siamo e per quello che abbiamo fatto.

D.M. - Come mai in Italia c’è questa tendenza a snobbare le band italiane?

Luca - Penso di averti già risposto sopra. Il sistema, l’esterofilia, l’ignoranza, la competizione tra bands e il preferire scalare le “vette” con mezzi “falsati” e non con impegno e sudore e anche il troppo narcisismo, per cui si cerca solo il poter dire “io ho fatto questo” (salvo non essere niente) per così credere di valere qualche cosa. Io penso , invece, che la musica, è musica prima di tutto. Devi sentirla, viverla, amare ciò che ti da. Il resto viene e avrà sempre basi più solide se proviene dal cuore e dal sacrificio che non da atteggiamenti di potere, di narcisismo di nepotismo o altro. Certo, al 90%, chi segue non le vie convenzionali, rischia di non entrare mai nel grande giro…qui in Italia…o forse anche all’estero ma, almeno nel nostro caso, ci siamo sempre ripromessi di avere delle basi iniziali da cui non scostarsi. Se queste ci porteranno in alto bene, altrimenti il tutto resterà una grande esperienza che ci soddisferà in ogni caso.

D.M. - Quanto è difficile trovare i mezzi per emergere nella scena metal italiana?

Luca - Molto, moltissimo. Ci si scontra ogni giorno con un problema. C’è anche la parte buona, perché fortunatamente non siamo tutti uguali, ma per emergere ci vuole qualcosa oltre che noi non daremo mai a questa gente. Se arriveremo, sarà con i nostri mezzi e con l’aiuto di gente che ci chiede solo di essere noi stessi e di suonare musica. Noi siamo disponibili a imparare a continuare ancora con la gavetta, a certi compromessi, a metterci sempre in gioco…ma credo che non basti.

D.M. - Come precedentemente mi ha detto durante i nostri contatti avete già ultimato le registrazioni di Raw ,il vostro secondo lavoro. Vuoi dirci qualche anticipazione sul disco?

Luca - Ahhh “Raw”, che dirvi. Sono entusiasta di Raw. Direte “per forza, per un musicista ogni album nuovo è migliore dell’altro”. Beh, avete ragione, ma questo è un passo in avanti molto importante che abbiamo fatto come gruppo. Le sue registrazioni sono state durissime. Abbiamo deciso, a nostro scapito, da quando siamo tornati dall’America, di dedicarci alla musica e alla produzione di Raw. Abbiamo tralasciato tutto quello che , prima, avevamo messo in cima alle priorità, come i concerti dal vivo, la pubblicità etc per concentrarci su una cosa solo: la musica. Per oltre nove mesi non abbiamo suonato un concerto, ma abbiamo solo lavorato sulle nostre canzoni. Ad agosto 2005 siamo entrati in studio, ai New Sin, a Treviso. Abbiamo scelto uno studio professionale e vicino a casa per essere mentalmente rilassati, abbiamo chiamato Jack Frost come produttore per avere una persona d’esperienza nell’album e un ingegnere del suono come Luigi Stefanini che ci potesse insegnare molte cose e ci permettesse di migliorarci come musicisti in primis e, quindi, dopo, come band. Il risultato è andato oltre ogni mia aspettativa, ma è stata durissima. Nonostante ciò abbiamo imparato moltissimo, ci siamo confrontati con gente che sa, che conosce la musica e per questo sono molto felice. Come gruppo abbiamo migliorato ancora di più e ciò conta più di ogni altra cosa. L’amalgama di queste emozioni ha prodotto Raw che ritengo un ottimo disco e non vedo l’ora che possiate finalmente averlo anche voi, perché possiate giudicare voi stessi la differenza tra “Walk across fire” e questo disco.

D.M. - Nel disco spicca la partecipazione di Jack Frost (Savatage, Seven Witches ecc…) come produttore artistico… Come è nata la collaborazione con Jack?

Luca - La prima volta l’abbiamo conosciuto a New York, al festival in cui abbiamo partecipato, dopo di che ho pensato che sarebbe stato un passo in più, per noi, avere un produttore che portasse l’esperienza acquisita in anni di carriera. Ovviamente non potevamo permetterci Bob Rock, ma Jack Frost sì, e la sua gentilezza e le sue capacità ci hanno permesso di imparare molto, di confrontarci, di scontrarci, ma allo scopo di ottenere musica nel vero senso della parola, per cui l’amicizia, la stima e il lavoro fatto, rende quei quindici giorni assieme in studio, qualcosa di memorabile.

D.M. - Siete ancora in cerca di un label di un certo livello che supporti l’uscita di Raw: a mio avviso è una scelta intelligente e ambiziosa e significa che puntate ad occhi chiusi su questo disco… Vuoi spiegarmi meglio questa scelta?

Luca - Tutto deriva , come sempre, dalle esperienza passate. Con The Holy Metal avevamo sperimentato una specie di accordo di distribuzione finito in maniera penosa e che ci ha permesso di portarlo in giro per l’Italia solo grazie al nostro lavoro e alle tante date live suonate, nonché alle ottime recensioni avute da tutti i magazine mondiali. Con Walk across Fire abbiamo sperimentato una label underground e anche qui le difficoltà sono state enormi, molto di piu’ arrangiarsi da soli per cui, visto le potenzialità di Raw, visto ciò che ci hanno detto tutti coloro che ci stanno a fianco ora e che vivono nel music business da oltre trent’anni in America sul suo potenziale, e viste queste esperienza negative, stiamo cercando qualcosa di piu’, qualcosa di importante o qualcuno che ci dia delle garanzie vere. Garanzie che non sono grandi cose, ma la prima innanzitutto: il disco deve arrivare nei negozi, perché ha le potenzialità per essere apprezzato da tutti (vista anche certa roba che arriva nei negozi) e, secondo, un rapporto di chiarezza e di lavoro serio con chi ci aiuterà in questa esperienza. Siamo disposti anche ad ulteriori sacrifici, ma il cd deve essere supportato da gente che lavora nel settore e che sia chiara e trasparente. Non sarà facile perché, comunque, per quanto abbiamo fatto, a livello di mercato non siamo “nessuno” per cui, prima che qualcuno punti su di te, devi dimostrare oltre che sul palco, oltre che in studio , oltre che come band di poter competere a livello di mercato. Ci siamo vicini e speriamo di concludere a breve, anche se penso ci vorrà ancora tempo. L’importante è cercare la soluzione giusta. Una cosa che ho imparato è quello di non farsi trascinare, di non prendere decisioni affrettate, ma di ponderare e cercare di capire quale sia la decisione piu’ giusta, perché bisogna evitare molti rischi che in questo business corri costantemente.

D.M. - Finora avete ricevuto offerte che non vi hanno soddisfatto o state trattando seriamente con qualche label?

Luca - Stiamo trattando con diverse labels, ma ultimamente il numero si è ridotto e spero a breve di prendere la decisione finale. Non abbiamo avuta nessuna offerta che abbiamo rifiutato perché ci siamo rivolti solo a chi pensavamo potesse darci quello che vogliamo, cioè mettere il disco nei negozi. Abbiamo evitato un po’ tutto ciò che non conosciamo, perché non ci fidiamo più di fantomatiche case discografiche che hanno questo nome solo per caso. Del resto, una casa discografica seria, dovrebbe garantire, come minimo, la presenza del disco nei negozi, per cui, per noi è impossibile rifiutare ogni richiesta. Si tratterà di vedere quale delle proposte si presenta più vantaggiosa in diversi punti. Non si tratta di guadagnare né di chissà cosa, ma solo di prendere la decisione giusta, che permetta alla band di crescere ancora e di puntare al prossimo disco, cioè fare musica ancora e suonarla live.

D.M. - Quali sono i gruppi che vi hanno influenzato principalmente sia in generale che durante la stesura dei pezzi?

Luca - Nessuno. Come per Walk across Fire, quando componiamo, componiamo quello che sentiamo. Il risultato lo sentirete, sarà variegato. Ognuno di noi ha gusti diversi e non c’è alcun filone unico se non i Metallica e, siccome non vogliamo essere i cloni, evitiamo tutto quello che “sa di Metallica” perciò, io credo, da The Holy Metal stiamo cercando di creare il nostro modo di suonare. Con Raw penso che ci siamo riusciti perché per la prima volta la stessa line up ha registrato due album consecutivi.

D.M. - Quali sono i programmi per il futuro?

Luca - Beh, trovare una label seria, promuovere il disco e vedere fino a dove possiamo arrivare. Dal 2006 vorremmo già iniziare a lavorare sul prossimo per puntare ad entrare in studio nel 2007, visto che abbiamo ottenuto la disponibilità di un importantissimo personaggio dell’heavy disponibile a produrre il prossimo. Insomma, fare si che Raw esca, ottenga la necessaria visibilità che merita, vedere, finalmente, se possiamo essere competitivi e nel frattempo puntare subito al “domani”, visto la carta che abbiamo già in mano. Questi i programmi alla lunga. Recenti sono la firma con qualcuno. Senza, comunque, i programmi non cambierebbero, però, contiamo di fare il passo che ci manca con Raw, che qualcuno, finalmente, ci dia la possibilità di dimostrare ciò che siamo in grado di fare, una possibilità che penso meritiamo dopo 10 anni di continua gavetta, di continui sacrifici di ogni genere e di buoni risultati per essere stati sempre da soli e male accompagnati.

D.M. - Domanda che ho già fatto ad altre band dell’ underground: a quali band vi piacerebbe (o sognate) fare da supporto in un ipotetico tour dopo l’uscita di Raw?

Luca - Qualsiasi, pur di suonare. In Usa con Testament e Obituary abbiamo già fatto un po’ il pieno. Conoscendo i miei compagni di band, però penso agli Opeth, che adorano. Personalmente, chiunque, purchè significhi suonare, girare, condividere esperienze, crescere come musicista e poter fare ciò che amo. E visto che non mi costa niente sognare dico un nome: Metallica.

D.M. - Ok, penso che questo possa bastare. Dite quello che volete ai lettori di RockLine.it per convincerli ad ascoltare i Merendine Atomiche

Luca - Di andare oltre al nostro nome (che comunque ha un significato ben preciso) e di “rischiare” su di noi. Non siamo nessuno, ma amiamo la musica e questo genere. Pensiamo di farlo decorosamente da poter essere apprezzati . Raw, infine, merita almeno un ascolto perché, da quello che ci hanno detto, ne vale la pena. Comunque, grazie a tutti per la chiacchierata e spero di sentirvi e di vedervi ad un nostro concerto così da fare quattro chiacchiere e bere qualcosa assieme.

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