Killswitch Engage
(Joel Stroetzel)
di: 
Matteo Mainardi
28/02/2007



 

RockLine.it ha avuto il piacere di incontrare Joel Stroetzel, chitarrista dei celebri Killswitch Engage, in occasione della loro unica data italiana al Transilvania di Milano. Joel si sofferma sull'ultimo album As Daylight Dies e sulla storia del gruppo che ha cambiato la visione del panorama estremo contemporaneo con il suo Metalcore...


M.M. - Ciao Joel! Innanzitutto grazie mille per concederci questa intervista!

Joel - Grazie a voi!

M.M. - Allora, iniziamo subito parlando del vostro nuovo album, As Daylight Dies. Quali sono le principali differenze tra questo e la precedente release The End Of Heartache?

Joel - Tutto il procedimento di registrazione è completamente diverso; questo perché mentre per i precedenti album registravamo continuamente, giorno dopo giorno, senza avere nessun momento libero dovuto al fatto che siamo stati in giro, giorno dopo giorno, per anni; qui, invece, siamo entrati in sala di registrazione dopo un sacco di tempo che non ci mettevamo tutti insieme a suonare. E’ stato un processo completamente diverso, dovuto al fatto che una volta deciso di registrare, è come se ci fossimo conosciuti per la prima volta e quindi c’era una spontaneità e una freschezza che da tempo non riuscivamo più ad avere

M.M. - Una sorta di rinascita…

Joel - Esatto; sembrava quasi di essere tornati indietro nel tempo, quando ancora non eravamo conosciuti e suonavamo solo per il semplice gusto di suonare, con la differenza che, invece, avevamo anni di esperienza professionale alle spalle. Questo è stato un gran bene perché ci ha portati a creare ogni giorno una canzone nuova e ha aiutato a creare un ambiente positivo e rilassato.

M.M. - C’è qualcosa che hai o avete cercato di migliorare rispetto all’album precedente a livello stilistico?

Joel - Penso che la prima cosa sia stata quella di non ripeterci, di non fare una copia dell’album precedente. Questo, solitamente, è sempre un nostro obiettivo. E’ logico che ogni gruppo deve avere un proprio timbro stilistico, però bisogna cercare di presentare sempre qualcosa che allarghi un po’ i propri confini senza ripetere continuamente quello che si è fatto precedentemente. Per farti capire meglio, se ascolti Alive Or Just Breathing e poi ascolti As Daylight Dies, noti sicuramente delle differenze e ogni album ti trasmette qualcosa di diverso pur avendo uno stesso filo conduttore a livello stilistico. Ci sono invece altre bands che continuano a ripetere lo stesso prodotto all’infinito anche se gli album sono differenti. Noi invece vogliamo evitare tutto questo perché altrimenti ci annoieremmo e non ci sentiremmo realizzati come musicisti. Per quanto riguarda me invece, cerco sempre di migliorarmi a livello tecnico e creativo per essere sempre più d’impatto e diretto.

M.M. - C’è qualche parte dell’album di cui ne vai davvero fiero?

Joel - La cosa che mi inorgoglisce di più è il fatto che siamo riusciti a fare un album che non è uguale a quelli precedenti. Sembra una cazzata ma riuscirci è una cosa davvero difficile, soprattutto quando devi cercare di essere un gradino più in alto rispetto agli altri gruppi. Questo mi rende fiero perché significa che come musicista sono ancora capace di creare e di mettere in musica nuove idee. E’ sempre stato uno dei miei incubi peggiori, quello di arrivare in sala e non sapere cosa suonare.

M.M. - La famosa pagina bianca dello scrittore…

Joel - Esatto! Penso che quello sia uno dei momenti peggiori per un artista… arrivare a un momento preciso della tua vita in cui non sai proprio che cazzo suonare. Lì sì che è davvero dura e so già che prima o poi toccherà anche a me, perché è un momento che ogni musicista deve toccare con mano per poi rinascere completamente. Speriamo solo che arrivi il più tardi possibile!

M.M. - Col senno di poi, c’è qualcosa che avreste potuto fare meglio?

Joel - Oh! C’è sempre qualcosa che avresti potuto fare meglio! Ogni volta che ascolto le mie parti, mi viene da pensare “Cazzo, potevo mettere prima questa parte e poi quell’altra”, oppure mi vengono pezzi completamente nuovi che si sarebbero incastrati benissimo. Penso che ogni musicista potrebbe sempre fare meglio.

M.M. - Quindi secondo te non esiste l’album prefetto o il musicista perfetto…

Joel - No, assolutamente! Credo che la perfezione sia una cosa impossibile da raggiungere per l’uomo; altrimenti non si spiegherebbe il perché di cercare di creare robot o macchine che facciano alla perfezione quello che l’uomo non riesce a fare così bene. Penso che la differenza tra un buon musicista e un dio della musica, sia quello di quanto vicino riescano ad avvicinarsi alla perfezione ma la perfezione in quanto tale non esiste. Quando scrivi e butti giù una canzone pensi che quello sia la perfezione, ma poi ti accorgi che avresti potuto mettere altre cento cose migliori di quella. E’ sempre così.

M.M. - Cos’è che ti ha portato a diventare un membro dei Killswitch Engage?

Joel - Io prima davo lezioni di chitarra in un negozio. Questo mi ha portato ad entrare in contatto con il mondo della musica underground e quindi, di conseguenza, a conoscere un sacco di ragazzi come me che avevano voglia di suonare. Ho iniziato quindi a suonare come ogni gruppo underground in giro per diversi locali. Inizialmente facevamo un genere più vicino all’Hardcore che, negli anni ’90, andava parecchio di moda. La vera storia dei Killswitch Engage, però, è iniziata intorno il ’98, ’99. E’ da lì che abbiamo incominciato a porci l’obiettivo di diventare qualcuno e di vedere la musica non più come un semplice passatempo ma come qualcosa sulla quale basare la nostra intera vita. Così è stato, siamo diventati dei fottutissimi musicisti! Ahahah!

M.M. - Sappiamo che i Killswitch Engage hanno dovuto cambiare line-up qualche hanno fa; quanto questo può cambiare lo stile di un gruppo?

Joel - Ogni album cambia. C’è il disco più melodico, quello più duro e martellante e così via. Alive Or Just Breathing era molto improntato sull’aspetto melodico ad esempio; quelli successivi, invece, sono diventati sempre più duri e martellanti man mano che si passava di traccia in traccia. Non credo che questo sia dovuto direttamente al cambiamento di line-up; credo, invece, che la causa sia da cercare nell’obiettivo che l’intero gruppo si è dato e che decide di raggiungere. Dopo Alive Or Just Breathing abbiamo pensato che ci sarebbe piaciuto esplorare sonorità più dure, più metal e quindi ci siamo comportati di conseguenza, pur mantenendo qualche passaggio melodico.

M.M. - Parliamo un po’ di te adesso. Che cosa ti ha spinto a scegliere di suonare la chitarra invece che un qualsiasi altro strumento?

Joel - Bella domanda… ho iniziato suonando il piano, per circa cinque anni ho dovuto farlo.

M.M. - Hai dovuto?

Joel - Sì perché sono stati i miei genitori ad impormi di suonarlo.

M.M. - Chissà perché tutti i genitori vorrebbero che i propri figli suonassero il piano!

Joel - Cazzo, è una cosa che non sono mai riuscito a spiegarmi! Penso che sia dovuto al fatto che il piano dà un certo tono di nobiltà a chi lo suona. Io non lo sopportavo! Così un bel giorno sono andato da mia madre e le ho detto: “Voglio suonare la chitarra, quindi compramela!” Lei ovviamente ha cercato di dirmi che il piano era meglio e tutte ste cazzate… ma io volevo la chitarra! Ero affascinato da tutti quei gruppi estremi come gli Slayer, i Black Sabbath e così via e con il piano non avrei potuto proprio farci niente

M.M. - E adesso lo suoni ancora il piano o hai lasciato perdere completamente?

Joel - No, certo che no! Da quel giorno non ho più avuto a che fare con un piano e non intendo suonarlo mai più!

M.M. - Come ti viene l’idea per un nuovo pezzo? Hai qualche rito in particolare?

Joel - No, dipende. Può succedere che magari mentre sei in studio a registrare, ti viene in mente un pezzo e allora provi a buttarlo giù. Poi se ti sembra che possa andare bene continui a modellarlo finché non ne sei completamente convinto. Succede anche che magari, dopo ore e ore passate a plasmare un pezzo, alla fine non ti piaccia e butti tutto via. Oppure mi capita che mentre sono in giro, mi venga in mente un motivo; allora corro subito a casa, prendo la chitarra e mi metto a scriverlo e a provarlo migliaia di volte per capire se ci si può costruire sopra una canzone o meno. Altre volte l’ispirazione nasce dai dischi di altri gruppi che, ascoltandoli, mi aiutano a creare cose nuove. E’ quindi un mix di tutto questo, dovuto a tantissime variabili che, insieme, possono dare vita a un nuovo giro o, perché no, a un’inera canzone.

M.M. - Hai parlato di influenze da altri gruppi… quali sono quelli che ti influenzano di più?

Joel - Oh beh, sicuramente quelli che hanno maggiore effetto sul mio modo di fare musica sono i Soilwork, gli In Flames e i Meshuggah. Sono tre gruppi che reputo grandiosi e innovativi nel loro genere. Ogni volta che ascolto un loro album, penso che se fossi stato parte del gruppo, i pezzi della chitarra li avrei scritti esattamente così; è come se non riuscissi a trovare nulla di sbagliato nei loro brani. Poi ovviamente c’è tutto il mio background giovanile che è legatissimo alla scena Hardcore newyorkese e che mi ha spinto a diventare un musicista. Tutto questo fa parte un po’ del mio bagaglio musicale che cerco sempre di trasmettere nei miei pezzi dandogli, ovviamente, un mio taglio personale e caratteristico.

M.M. - Durante le sessioni di registrazione, com’è l’umore generale?

Joel - Beh, innanzitutto c’è il produttore che è una sorta di guida per noi che oltre a consigliarci ci sprona anche a tirare fuori il meglio di noi. Questo può far credere che regni un clima teso e di pressione ma non è così perché abbiamo sempre avuto un buon approccio con il periodo di registrazione. Non è mai visto o sentito come qualcosa di negativo o di fragile ma sempre come un buon momento in cui rendere concrete le nostre idee e i nostri voleri. Molte volte siamo lì scazzati che non ci reggiamo neanche in piedi a causa delle ore e ore di lavoro che facciamo, ma il produttore viene lì e con un bel sorriso sulla faccia ci fa: “coraggio, lo so che potete fare meglio”; non ti nego che vorrei piantare lì tutto per farmi una bella dormita ma, una volta che ascolti il risultato, puoi esserne solamente orgoglioso.

M.M. - Non senti quindi una sensazione di pressione…

Joel - Oh sì, quello senz’altro ma è dovuta più che altro a me stesso, non alle persone che ci ruotano attorno. Personalmente sento sempre un po’ di pressione ogni volta che mi metto a registrare Ma è dovuto a un fatto mio personale; nel senso che non voglio che venga fuori qualcosa che non sia esattamente quello che volevo venisse fuori. Il produttore e tutti gli altri, più che altro, di danno le direttive e di stimolano a concentrarti meglio su determinati fattori, però lo fanno sempre in modo molto amichevole e senza mai rimproverarti o mettendoti addosso il panico. Penso che questo sia fondamentale per far nascere una certa armonia e per creare un clima produttivo e duraturo allo stesso tempo.

M.M. - Che tipo di settaggio usi durante le registrazioni? E’ lo stesso che poi utilizzi durante i concerti o sono differenti?

Joel - E’ molto simile. Solitamente in studio puoi usare molti più amplificatori, chitarre e pedali per gli effetti però, solitamente, preferisco avere a che fare sempre con le stesse cose anche per evitare di arrivare sul palco e non sapere bene come utilizzarli; quello sarebbe un gran bel casino!

M.M. - Facendo ora un discorso più generale, cosa ne pensi del panorama Metalcore di adesso e cosa pensi che ne sarà nel futuro?

Joel - E’ difficile da dire; Il panorama Metalcore oggi è ancora molto vasto e parecchio “fluttuante”. Non si è ancora creato un timbro ben stabilito che dice che quella band è o meno Metalcore. Questo è dovuto anche ai numerosi gruppi che ne fanno parte che possono essere tra loro accostati per motivi sempre diversi. Era molto più facile agli inizi, quando eravamo in pochi e allora riuscivi a catalogarli meglio e ad identificarli tutti sotto un unico genere. Oggi invece ci sono gruppi che magari per alcuni aspetti sono tipicamente Metalcore ma che, poi, per altri sono più vicini ad altri stili come il Thrash o il Death metal.

M.M. - A questo punto non resta che chiederti quali saranno i vostri futuri progetti

Joel - Prima di metterci a registrare il nuovo album, cercheremo di fare più tour possibili in giro per il mondo per allargare sempre di più le nostre radici. Dopo di che senz’altro ci chiuderemo in studio per registrare il nuovo album e spero che lo stesso si possa dire per i prossimi tre, quattro, cinque anni fino a quando potremo insomma. Non ci sto neanche a pensare troppo al futuro perché voglio vivere al massimo questi momenti e lavorare duro per far sì che possano durare il più a lungo possibile!

M.M. - Che dire allora? Speriamo di rincontrarci ancora!

Joel - Senz’altro, il metal vive grazie a quelli come voi che permettono di mantenere costante il contatto tra noi e il nostro pubblico!

M.M. - Grazie mille allora per questi minuti passati insieme da parte di tutti i lettori di RockLine.it

Joel - Grazie a voi metallers!

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