Julie's Haircut
Luca Giovanardi
di: 
Gabriele Bartolini
15/09/2011

Formatisi a Modena nei proficui anni '90, i Julie's Haircut sono, senza alcun timore di eventuali smentite, la realtà più anticonvenzionale italiana odierna. Costretti nel tempo a diversi cambi di line-up, nonché alle prese con un suono ancora tutto da definire, ottengono la meritata e sacrosanta consacrazione solamente negli ultimi quattro anni, con due lavori di spessore influenzati dal lato sperimentale di generi come la psichedelia, il kraut-rock ed il post-rock. Di questo ed altro parliamo con Luca Giovanardi, uno dei cinque ingranaggi indispensabili dei Julie's Haircut.

 

 

G.B. - Benvenuti su Rockline.it. Siete riusciti ad imporvi come una delle realtà più importanti nel panorama musicale italiano non senza una massacrante gavetta: come racconteresti i vostri esordi a chi vi ha iniziato ad ascoltare solamente dagli ultimi dischi?

Luca - Noi siamo arrivati a pubblicare il nostro primo disco dopo 5 anni di concerti dal vivo in tutta Italia, da Milano a Enna. E parliamo di anni in cui praticamente non esisteva internet e tutto quello che si ascoltava in Italia erano il rock o il rap in italiano. Non è stata proprio una passeggiata. Il tutto ha iniziato a muoversi grazie a Gamma Pop, un'etichetta assolutamente avanguardistica per quella che era l'Italia degli anni 90. Noi arrivavamo dalla provincia ed eravamo mossi dalla passione per l'indie-rock americano: Sonic Youth, Dinosaur Jr., Flaming Lips, Pixies, ecc... Parlo di anni in cui se usavi la parola "indie" praticamente chiunque non capiva di che diavolo stessi parlando.

G.B. - Trovo After Dark, My Sweet il disco meno inquadrabile che avete inciso: siete d' accordo? E quanto contano per voi le etichette?

Luca - Da un recente sondaggio che abbiamo fatto su Facebook è risultato ampiamente il nostro album preferito da chi ci segue. Per noi è stato davvero come mollare gli ormeggi e saltare nel vuoto perché con quel disco abbiamo cambiato completamente l'approccio alla composizione, affidandoci quasi del tutto all'improvvisazione e staccandoci dall'idea dei ruoli predefiniti all'interno del gruppo. Chi aveva voglia di impugnare qualsiasi strumento era libero di farlo. Il disco è stato composto e registrato in 5 giorni. Un momento magico e un po' spaventoso perché non avevamo idea di come sarebbe stato accolto. Col senno di poi è stata la mossa più felice che potessimo fare perché ci ha proiettati verso orizzonti fino ad allora inimmaginabili per noi.

G.B. - In questo senso, possiamo considerare l' EP composto con i Sonic Boom l' estremizzazione degli stilemi stilistici del suddetto lavoro?

Luca - Quelle registrazioni vengono dalle stesse session dell'album e in effetti sono le cose più "estreme" venute fuori da quell'approccio.

G.B. - Procedendo in ordine cronologico, nel 2009 arriva Our Secret Ceremonies, l' album che, possiamo dirlo, vi ha portato al successo. Viene aggiunta una dose massiccia, secondo gli standard Julie's Haircut, di componenti elettroniche oltre che derivazioni kraute per ottenere un disco sicuramente dotato di più ampie vedute: questa è stata una scelta meditata, oppure è venuto tutto naturale ed immediato?

Luca - Per noi è stata una naturale evoluzione di tutto ciò che avevamo fatto fino a quel punto. È l'album che meglio sintetizza la scrittura dei primi anni e l'approccio improvvisativo di After Dark My Sweet. Iniziammo a registrare senza porci limiti finché arrivati a un certo punto ci rendemmo conto di avere in mano addirittura un doppio album. Fu tutto molto naturale, il risultato di un momento davvero fertile.

G.B. - Come definireste il secondo disco richiamante la liturgia? Qualcuno lo ha descritto come un divertissement trascurabile...

Luca - Assolutamente non sono d'accordo, per noi è una parte fondamentale dell'album e gran parte del nostro pubblico lo preferisce alla prima metà. Chi ci segue nei concerti sa bene che per noi quel genere di cose sono una componente imprescindibile della nostra musica.

G.B. - Come è nato il brano Origins? Ha un significato in particolare?

Luca - Origins nasce da un'improvvisazione in studio, con questo riff in 3/4 che gira su un tempo in 2/4. È stata registrata dal vivo in studio e poi arricchita di qualche sovraincisione e strutturata in editing. Poi è stata aggiunta la voce in un ultimo momento. È un po' il metodo che usiamo maggiormente adesso per scrivere le nostre cose, un metodo che abbiamo imparato ascoltando i dischi di Miles Davis prodotti da Theo Macero. Solo, applicato al rock.

G.B. - Recentemente, vi è stata incaricata dal Comune di Carpi la rilettura del Transformer di Lou Reed, una pietra miliare senza tempo. Insieme a voi Violante Placido, Paolo Benvegnù, Angela Baraldi ed altre illustri presenze provenienti per esempio dai Giardini di Mirò: come definireste questa esperienza? C'è un artista in particolare che vi ha colpito e con cui magari avete stretto buoni rapporti?

Luca - È stato un lavoro bellissimo risultato in una serata di grande successo. Ci siamo divertiti moltissimo anche se è stato molto impegnativo e ci ha permesso di lavorare con tanti interpreti diversi con i quali si sono stretti rapporti molto buoni. Sicuramente con Angela si è venuto a creare il legame umano più stretto, anche se fino ad allora non ci eravamo mai nemmeno conosciuti, tanto che ha poi cantato con noi in diversi concerti dopo quella sera. Paolo alla fine non partecipò per un problema di impegni sovrapposti, al suo posto venne Giovanni Gulino dei Marta sui Tubi, che fece un ottimo lavoro con pochissimo preavviso. Lo dobbiamo ringraziare. Soprattutto dobbiamo ringraziare Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò, che ha curato la direzione artistica dello spettacolo e si è accollato il durissimo lavoro di coordinare la miriade di ospiti mentre noi arrangiavamo i pezzi. E Massimo Grillenzoni del Comune di Carpi che ha seguito tutta la produzione. Sono davvero molto soddisfatto di quel lavoro, perché non è facile andare a toccare certi classici cercando di non essere didascalici. Ne siamo usciti davvero rinvigoriti e con ottime nuove amicizie. Tra qualche giorno, per dire, andrò a registrare un paio di pezzi che ho scritto insieme a Ferruccio Quercetti dei Cut per il nuovo album di Lilith, che quella sera incantò letteralmente la platea con la sua interpretazione di Goodnight Ladies.

G.B. - Al momento  della stesura, si sta concludendo il vostro Ceremony Tour. Quanto è durato, e quali sono le piazze inedite toccate?

Luca - Abbiamo girato ovunque in Italia e in tanti nuovi posti in Europa. L'album è ormai uscito più di due anni e mezzo fa. Nel frattempo abbiamo fatto anche altre cose, come appunto Transformed e il singolo con le cover di Jodorowsky e Rota, ma quel tour si concluderà ufficialmente solo il 20 ottobre prossimo a Modena.

G.B. - In particolare, ho avuto la fortuna di assistere al vostro live al Mengo Music Fest, dove avete messo in scena un act variegato e personale. Cosa ci potete dire di questo evento?

Luca - È stata una bella serata, con Bachi da Pietra e Waines. Ci siamo molto divertiti.

G.B. - Proprio in quella data ( ma immagino non sia stato un caso isolato) avete suonato un inedito del nuovo disco. Avete già fissato una data di uscita? E cosa ci dovremmo aspettare?

Luca - In realtà abbiamo suonato The Tarot di Jodorowsky, che avevamo appena pubblicato sul 10" uscito per Gamma Pop. Mentre ti scrivo siamo in studio a registrare il nuovo materiale per l'album che uscirà l'anno prossimo. Non credo di poterti descrivere a parole quello che stiamo facendo, è molto difficile per me, soprattutto ora che siamo nel pieno dei lavori. Ma quello che ne sta uscendo ci piace molto.

G.B. - Quali sono gli artisti che seguivate con maggiore interesse – E da cui magari avete preso ispirazione - durante i primissimi anni di attività?

Luca - Alcuni te li ho citati prima, ma ce ne sarebbero una miriade. Anche gli inglesi: Jesus and Mary Chain, My Bloody Valentine, ovviamente Spacemen 3. Ma la nostra musica è sempre nata dalla mescolanza delle suggestioni più diverse, dal rock blues degli Stones al jazz di Davis e Coltrane, alla psichedelia americana di Byrds e Grateful Dead, a quella inglese di Pink Floyd, a quella tedesca di Can e Popol Vuh, all'elettronica di Kraftwerk, ecc... Inutile elencare.

G.B. - Per concludere, quali dischi usciti nel 2011 ti sono piaciuti particolarmente?

Luca - Non credo di averne ascoltati moltissimi. Mi sono piaciuti James Blake, Fleet Foxes, Kurt Vile. Mi hanno deluso alcuni miei amori di gioventù come Thurston Moore e Steve Malkmus, entrambi prodotti da Beck. Ci si aspettava decisamente di meglio.

G.B. - Grazie a te per essere intervenuto, l' intervista finisce qui. Vuoi lasciare un messaggio ai lettori di Rockline.it? In bocca al lupo!

Luca - Crepi il lupo.

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