En Roco
(Enrico Bosio)
di: 
Marco Lorenzi
02/06/2007



 

Enrico Bosio degli En Roco ci parla dell’esperienza della band genovese nella scena indipendente italiana, non senza qualche considerazione su Occhi Chiusi ed un pensiero al futuro...

M.L. - Ciao ragazzi. Cominciamo con il raccontare brevemente la storia degli En Roco e l’origine del vostro nome

Enrico - Dunque, nasciamo nel 2000 dalle ceneri di un altro gruppo, Istmo, con suoni decisamente più elettrici, in cui io, Enrico, suonavo la batteria. Soltanto io e Rocco siamo rimasti anche negli En Roco. Abbiamo fatto un primo EP omonimo, uscito per una cd label di Genova, Marsiglia Records, poi il nostro esordio vero e proprio Prima di volare via per Fosbury Records. Infine c’è il nostro ultimo lavor, , per Green Fog Records. Il nome è semplicemente il soprannome di uno dei componenti del gruppo.

M.L. - Parliamo proprio di Occhi Chiusi, il vostro ultimo full-lenght. Riuscireste a tirar fuori tre aggettivi (spiegandoli, ovviamente) per descriverlo?

Enrico - Leggero: intendendo non frivolo, ma che scorre in maniera lieve, senza appesantire l’ascolto. Complesso: nel senso che mette insieme emozionalità differenti e strutture che risultano scorrevoli all’ascolto, ma, al tempo stesso, sono composite, articolate. Denso: nel senso che ha maggiore varietà e profondità di argomenti rispetto ai brani precedenti.

M.L. - Quale processo creativo c’è dietro alla realizzazione del disco nella sua complessità di arrangiamenti e liriche?

Enrico - Occhi Chiusi si dipana dall’idea iniziale di un componente del gruppo e si dilata seguendo il filo delle nostre attitudini, senza decisioni a tavolino, ma seguendo il suo naturale ed innato percorso. Gli arrangiamenti e le liriche nascono in una fase successiva, ma non di molto; la parte creativa è di fatto parallela alla fase di scrittura delle liriche.

M.L. - C’è una canzone in particolare che vi sentite di ergere ad icona del disco per rappresentare al meglio il vostro lavoro?

Enrico - C’è senz’altro Non Dormo Mai, che racchiude parte del significato del titolo dell’album. Non di Questa Età però è la canzone che esprime lo stato d’animo del disco intrinseco nel disco.

M.L. - Domanda di rito: che cosa vi ha influenzato maggiormente nel processo di forgiatura del suono En Roco?

Enrico - Ci interessava, dopo alcune versioni demo da me registrate, mantenere il suono in una impostazione spiccatamente acustica. Ci siamo detti, ascoltando gruppi come Violent Femmes, che il suono acustico può spaccare tanto quanto un muro di rumori distorti e violenti. In più, l’idea del violino si accordava bene con i toni delle liriche.

M.L. - Che cosa ne pensate della scena alternativa del nostro paese?

Enrico - La scena “alternativa” occupa ormai la maggior parte delle proposte musicali italiane; forse non è più il caso di parlare parlare di alternativo. La nostra scena indipendente sta sfornando cose al di fuori delle mode e paiono davvero interessanti, che possono trovare sfogo quasi solamente attraverso la rete. Forse è per questo che alle volte girando su My Space le bande risultano addirittura troppe…

M.L. - Un rapporto d’amicizia vi lega ai Meganoidi, giusto? Volete parlarcene?

Enrico - Questi giovani ci hanno dato la possibilità di far uscire un disco, credendo in noi. E questo basterebbe già per parlare di amicizia. Ma non c’è soltanto questo. C’è tutto un livello di condivisione, più o meno espressa, ma sentita fortemente da noi come da loro, degli aspetti della musica e dei valori che ci sono insieme e dietro. Come direbbe Totò: “gli annessi e i connessi”.

M.L. - Capitolo live. Avete diviso il palco con diverse band nel recente passato. Quale band vi ha impressionato di più? Con chi vi piacerebbe suonare, potendo scegliere, in futuro?

Enrico - Ci ha impressionato molto Lou Rhodes, per discrezione e abilità. E’ la cantante dei Lamb, eccezionale! Dovessi scegliere sarebbe dura, ma penso che sceglierei i Pixies. E’ un sogno, va be’, ma solo dopo averli visti dal vivo.

M.L. - C’è un aneddoto, un episodio particolare, dopo anni di musica assieme, al quale pensate come un momento che meglio può rappresentare gli En Roco?

Enrico - C’è stato un momento in quest’anno in cui ritrovatici senza sala prova, abbiamo provato in casa con chitarre scassate, quelle da battaglia per intenderci, e ci siamo divertiti tantissimo. La nostra è musica che prescinde dai volumi. La nostra è un’unione che prescinde dalla musica. Gli En Roco però sono la loro musica.

M.L. - Che cosa faranno gli En Roco in futuro? C’è in cantiere un nuovo disco oppure avete altri progetti?

Enrico - Abbiamo i brani pronti per il nuovo album; siamo soddisfatti dell’atmosfera nuova che abbiamo creato. Siamo curiosi di sapere come verranno accolti, naturalmente.

M.L. - E’ tutto ragazzi. Grazie a nome di Rockline.it; potete concludere l’intervista come meglio credete. Una frase, un pensiero, un saluto… Quello che vi passa per la testa, insomma! In bocca al lupo.

Enrico - Saluto con il calore delle origini e la concretezza della ragione. Insomma, il sangue e la sostanza.

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