65daysofstatic
(Paul Wolinski)
di: 
Paolo Cazzola
05/03/2007



 

A poche settimane dall'uscita del loro prossimo album, The Destruction of Small Ideas, i 65daysofstatic si confidano a RockLine.it. Il chitarrista/tastierista Paul Wolinski ci parla non solo dell'ultima fatica della band, ma anche della sua storia e dei capitoli discografici precedenti, dimostrandosi parecchio disponibile e gentile...

P.C. - Ciao, sono Paolo di RockLine.it! Benvenuto, come stai?

Paul - Sto bene, grazie Paolo. E’ Paul dei 65daysofstatic a rispondere alle tue domande.

P.C. - Mi piacerebbe iniziare l’intervista parlando della storia dei 65daysofstatic. Come si è formata la band?

Paul - Si è formata a Sheffield circa cinque anni fa. Eravamo tutti così presi che non c’era niente che potessimo fare se non usare tutte le nostre energie per diventare una band. Ascoltavamo moltissima elettronica, che ci emoziona ancora adesso (Kid606, Orbital, Planet-Mu stuff), e un sacco di musica chitarristica, che stava letteralmente esplodendo in quel periodo (At the Drive-in, Trail of Dead). Visto che noi avevamo una certa bravura chitarristicamente parlando e una certa bravura nel programming, ci sembrò una bella idea metterle insieme. Quella combinazione di idee era la musica che volevamo sentire, ma nessuno sembrava farla. Quindi iniziammo noi.

P.C. - Come ti vedi all’interno della band? Credi che nei 65daysofstatic tutti abbiano un ruolo particolare o considerate la band come un tutt’uno unico?

Paul - Non c’è un frontman nei 65daysofstatic. Nessun leader. Apportiamo tutti qualcosa alla band, ma essa esiste solo con i quatto membri che compongono i 65daysofstatic.

P.C. - Come definiresti il vostro stile musicale? Vi sentite più vicini all’elettronica o al post-rock?

Paul - A dire il vero, a nessuno dei due. Non possiamo negare che, come live band, abbiamo una line-up più vicina a quella di una rock band che ad complesso di elettronica, e anzi, a volte la stampa dance offende la gente che etichetta la nostra musica come elettronica. Ci vedono come una rock band con l’aggiunta di tastiere. Ma è spazzatura. Il programming era ovviamente più in evidenza nei primi tempi perché non avevamo un vero batterista, e specialmente col nuovo album ho potuto notare come molta gente possa pensare che l’elettronica sia in decadenza quando sta solo uscendo dagli schemi. Comunque vorrei chiarire: non abbiamo mai visto il programming e “il suonare la chitarra” come due cose diverse. Fin dall’inizio le due cose rivestivano uguale importanza nella band. C’è un enorme quantitativo di elettronica nel nuovo album, ma visto che abbiamo un vero batterista, l’elettronica non rivestirà più il compito di “beat”. Ciò significa che si concentrerà su molte altre cose…

P.C. - Parliamo del vostro ultimo album, The Destruction of Small Ideas. Perchè questo titolo? Che significato ha per voi?

Paul - L’obiettivo di tutte le band migliori sembra quello di seguire un progetto: partire in maniera furiosa e incalzante e poi crescere, facendo musica che possa sembrare “matura”, perdendo quella scintilla di energia che li ha resi grandi in principio. Quindi se risquoti un grande successo come band ti ritroverai risucchiato dall’industria, scendendo a compromessi che non avresti mai pensato di poter fare. La semplice idea di ritrovarsi con i propri amici per provare e articolare la cosa viene messa da parte da interessi di marketing e da piani commerciali. Per un certo periodo abbiamo detto che la band era un esperimento, per vedere quanta strada potessimo fare senza scendere a compromessi. Mentre questo è vero per la band, è anche uno spaccato di quello che sta succedendo nel mondo. Tutto è confuso, e anche se ciò è andato bene a generazioni intere, ora tutto sembra far capo a qualcosa, in un modo o in un altro. Probabilmente avremo una decaduta nel mettere tutto a posto prima che sia troppo tardi.

P.C. - L’album conterrà dodici canzoni. Qual è la tua preferita e perché?

Paul - Con quest’album ci è stata offerta per la prima volta la possibilità di costruire un disco improvvisando e di pensare a tutto ciò che vogliamo ottenere. Non abbiamo mai creduto molto nei singoli e questa non è mai stata una vera scusante per fare un paio di buone canzoni e riempirlo di mediocrità. Con la possibilità di scaricare che c’è al giorno d’oggi, non c’è possibilità di mettere qualcosa in un disco che non sia bella abbastanza da starci. Siamo molto fieri di questo nuovo album, e crediamo fermamente che sia la cosa migliore che abbiamo mai prodotto. Tutte le tracce sono dove sono nate per essere e svolgono una funzione.

P.C. - Quanto ci avete messo per registrarlo?

Paul - Fermammo il tour e iniziammo a scrivere il nuovo album nell’agosto del 2006 (avevamo già un bel po’ di idee). Registrammo tutto in quattro settimane, tra dicembre 2006 e gennaio 2007. E’ stato il periodo pià lungo mai utilizzato per registrare un album, per quanto ci riguarda. Fortunatamente la differenza sarà chiara e visibile a chiunque avrà l’occasione di ascoltarlo.

P.C. - Cosa possiamo dunque aspettarci dal nuovo album dei 65daysofstatic? Una continuazione di One Time for All Time o qualcosa di diverso?

Paul - E’ qualcosa di diverso. One Time for All Time è stato influenzato dal contesto nel quale l’abbiamo registrato. Eravamo nel bel mezzo del tour e il disco è stato registrato molto in fretta. Abbiamo dovuto cambiare modo di provare, per dimostrare che il nostro primo disco non è stato un colpo di fortuna e che potevamo fare questa cosa in maniera appropriata. Come ho detto prima, con The Destruction Of Small Ideas ci siamo dati il tempo di tornare indietro e respirare un attimo. I primi quattro anni da 65daysofstatic ci hanno distrutto e ci siamo spinti così in avanti da poter finalmente realizzare la band. Il darci una pausa per guardarci intorno ci ha fatto capire come le cose siano diventate difficili. Abbiamo realizzato che dovevamo tagliare i ponti, facendo qualcos’altro con le nostre vite. Il minimo che potessimo fare è stato provare e fare qualcosa di utile per la gente, in qualche modo. Quindi il nuovo album è un passo in avanti rispetto a One Time for All Time. Era l’unica cosa che potevamo fare. Abbiamo imparato molte cose importanti riguardo il passare lunghi periodi della tua vita in grandi studi di registrazione. La nostra più grande preoccupazione era quella di registrare un qualcosa che, pur avendo un suond curato e magnifico, avrebbe potuto perdere l’irruenza catturata in One Time for All Time e The Fall Of Math. Ora che è finito, è difficile parlare di The Destruction Of Small Ideas in maniera obiettiva, ma comincio a pensare che forse l’abbiamo tirato troppo.

P.C. - Parlando di One Time For All Time, io personalmente credo che sia un grande album. Ne siete soddisfatti?

Paul - Sì, pensando che è stata l’unica cosa che potevamo fare in una determinata situazione, in quel momento. Ne siamo tutti fieri, e credo che rappresenti al meglio la frustrazione che percepivamo in quel periodo. Nello stesso momento, sono contento che siamo andati avanti, e sono contento che, avendo un terzo album finito, non abbiamo perso l’irruenza per poterci muovere ancora di più in avanti.

P.C. - Sono molto affascinato dal vostro nome. Cosa significa?

Paul - Nel 1954, il governo americano decise di cacciare via il Presidente Arbenz dal Guatemala. Questo perché una corporazione americana molto potente, chiamata United Fruit Company, stava avendo problemi con l’enorme quantità di terreni che possedeva in Guatemala, per coltivare le banane. Il governo guatemalese voleva ridare questi terreni agli abitanti del posto. Il governo americano voleva portare più soldi nella sua economia. Esso inscenò una “rivolta contadina” con un manipolo di mercenari pagati e a Guatemala City impiantò degli altoparlanti nascosti sui tetti delle costruzioni per simulare il suono di bombardamenti aerei. Mentre la popolazione impaurita restava nelle proprie case. Tutto questo è assolutamente vero. Questo è il tipo di cose che fanno i governi attuali (date un occhiata a Bitter Fruit di Stephen Schlesinger & Stephen Kinzer per maggiori informazioni). In ogni modo, loro disturbarono le stazioni radio del Guatemala e trasmisero notizie false dicendo che l’armata contadina marciava nelle città, esigendo l’espulsione di Arbenz. Non c’erano armate. C’erano solo duecento mercenari pagati. Ma funzionò. Il presidente fu allontanato e venne rimpiazzato da un burattino degli americani. I disturbi alla radio e le altre tecnica di guerriglia usate dal governo americano e dalla CIA si basarono su ricerche fatte dai governi, che suggerirono che se qualsiasi società fosse stata privata dell’informazione per un periodo di 65 giorni, le sue infrastrutture sarebbero crollate. In altre parole, i 65daysofstatic possono far cadere le nazioni.

P.C. - Voi venite da Sheffield, Gran Bretagna. Come definireste la sua scena rock? Com’è la vostra risposta lì?

Paul - Non usciamo molto da Sheffield in questo periodo, anche perché non abbiamo assolutamente soldi. Ed è passato molto tempo dall’ultima volta che siamo stati invitati ad una festa della “scena”. Ovviamente ora col successo degli Arctic Monkeys c’è un interessamento per la città, il che è bello. E’ una bella città e ottima per le band. Credo che il problema che c’è al momento è che moltissime band del luogo cercano di suonare come gli Arctic Monkeys. Ma c’è una buona scena hardcore nei pub e nei locali, se sai dove guardare. E’ una bella città, e quando suoniamo la gente si mobilita, e ciò è molto incoraggiante. Ma non mi piace pensare a noi come a dei pettegolezzi riguardo quello che sta succedendo.

P.C. - Verrete in Italia nel tour di The Destruction of Small Ideas? Vi piace il nostro Paese?

Paul - Ci speriamo. E’ tutto in preparazione al momento e se non dovessimo venire sarà soltanto perché non possiamo gestirci. Siamo ancora in trattative con una piccola etichetta, con un piccolo budget e se da un certo punto di vista è bello che questo nuovo album sia venendo considerato di più rispetto ai primi due, è anche vero che tutto quello che i 65daysofstatic fanno è condizionato da limiti finanziari. Ovviamente non ci importa molto di fare soldi ma fare tour costa moltissimo. Quindi tutto dipende da quanto siamo disposti a spendere. Detto questo, credo che siamo pronti per fare il punto della situazione e incastrare qualche data italiana nel tour primaverile, magari nei primi di giugno. La cosa da fare sarebbe dare uno sguardo a 65daysofstatic.com per avere notizie…

P.C. - Stai lavorando a qualche progetto parallelo ai 65daysofstatic?

Paul - I 65daysofstatic coinvolgono tutti coloro che ne sono all’interno in ogni secondo. Quindi, no.

P.C. - Che tipo di musica stai ascoltando in questo periodo? Ti va di suggerire qualche band ai lettori di RockLine.it?

Paul - Circle Takes the Square. The Mirimar Disaster. Digitonal. Youthmovies.

P.C. - Grazie mille, l’intervista è conclusa! Puoi finirla come preferisci. Vi auguriamo un grande futuro! Arrivederci da RockLine.it!

Paul - Ci vediamo on the road, Italia.

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