36 Crazyfists
(Steve Holt)
di: 
Matteo Mainardi
23/10/2006



 

Dopo aver pubblicato l’ultimo Rest Inside The Flames per Roadrunner Records, gli statunitensi 36 Crazyfists concedono un’intervista a RockLine.it in occasione del loro concerto a Milano. A raccontarci qualcosa riguardo la loro esperienza è stato il chitarrista Steve Holt…

M.M. - Ciao Steve! Prima di tutto, grazie mille per il tempo che dedicherai ai lettori di RockLine.it

Steve - Grazie mille a voi che ci date la possibilità di promuovere la nostra musica e il nostro credo musicale!

M.M. - Allora, la prima domanda che vorrei farti riguarda il vostro nome e, più precisamente, come vi è venuto in mente di chiamarvi 36 Crazyfists.

Steve - Nonostante quello che si possa pensare, la decisione del nome non è stata frutto di uno studio particolarmente approfondito. Deriva dai tempi della scuola, quando già suonavamo insieme come uno di quei tanti gruppi giovanili presenti un po’ dappertutto, e abbiamo pensato che servisse un nome che rappresentasse subito quello che era la nostra musica. Quindi abbiamo scelto qualcosa che desse l’idea di massiccio e che spaccasse…cosa c’è di meglio di 36 pugni infuriati?

M.M. - Quindi, da quello che hai detto, c’è un folto movimento underground lì in Alaska?

Steve - Sì! Solitamente si pensa che se uno stato è piccolo, allora anche le rappresentazioni artistiche siano in scala minore rispetto ad altre nazioni molto più grandi. Questo non è assolutamente vero! Ci sono un sacco di buonissimi gruppi che potrebbero tranquillamente tenere testa a molte altre bands presenti sul mercato internazionale di oggi.

M.M. - E quali generi vengono suonati e seguiti maggiormente?

Steve - Mah, ti dirò, non c’è un genere più seguito rispetto agli altri. Ci sono gruppi pop ma anche molti gruppi che calcano suoni più duri e caratteristici del mondo Metal, per non parlare del filone Punk… non saprei darti una risposta precisa.

M.M. - Avrei giurato che fosse il Black Metal…

Steve - Beh, senz’altro; però non è esatto dire che spopoli più degli altri perché in effetti non è così. C’è una certa omogeneità a riguardo.

M.M. - Pensi quindi che il vostro modo di fare musica, possa riflettere le atmosfere e le sensazioni che si provano nel vivere in Alaska?

Steve - Sì, credo proprio di sì. Penso che vivere in Alaska sia un’esperienza molto affascinante ma anche parecchio disarmante a livello psicologico…sai abbiamo sei mesi all’anno in cui non vedi praticamente mai il sole e questo senz’altro incide sull’animo umano. Per questo penso che la nostra riesce ad evocare quelle sensazioni di rabbia e frustrazione che si provano in quei momenti bui e profondamente inconsci che si sentono solo con condizioni climatiche estreme.

M.M. - Parliamo ora del vostro ultimo album, Rest Inside The Flames. Cos'è che vi ha spinto a scegliere un titolo del genere?

Steve - E' un riferimento all'album precedente Snow Capped Romance. Ci piaceva l'idea di portare avanti il progetto iniziato con quel cd e quindi abbiamo pensato che il modo migliore per farlo capire ai nostri fans sin da subito, fosse quello di utilizzare un titolo che facesse capire che non è cambiato nulla rispetto a prima, anche se in questo nuovo album ci sono parecchi cambiamenti a livello di scrittura e di stesura dei brani. Però ci piaceva dare un senso di continuità e credo che questo fosse il modo migliore per mettere subito in chiaro quali erano le carte in gioco.

M.M. - Tra l'altro ho visto che un cambiamento c'è stato anche per quanto il produttore che, in questo nuovo album, è Sal Villanueva...

Sì, esatto.

M.M. - Quali sono le principali differenze tra Sal e i produttori precedenti?

Steve - Sai, le differenze tra i produttori solitamente riguardano l'impostazione musicale e sonora che cercano di "importi" perchè quello è il loro unico modo che hanno per lasciare la loro impronta e credo proprio che Sal, in questo, ci sia riuscito appieno. In questo album i suoni sono parecchi duri e taglienti ed è proprio quello che volevamo. Non mi sento però neanche in dovere di descrivere negativamente gli altri perchè i suoni che sono usciti con loro, erano esattamente quelli che volevamo nel periodo in cui stavamo facendo l'album. Quindi ho un ricordo molto positivo di tutti loro e penso proprio che sia altrettanto.

M.M. - Personalmente trovo che anche la copertina sia molto azzeccata...

Steve - Dici? Sono contento che tu lo dica! A noi è piaciuta moltissimo dal primo momento che l'abbiamo vista! E' stato come se fosse stata lei a chiamarci e non noi a crearla... una sorta di magia direi. Per noi era altrettanto importante creare una cover che rappresentasse al meglio il nostro modo di fare musica... le fiamme sono l'ideale ma anche il cuore al loro interno, secondo me, è geniale! Poi, tra l'altro, ognuno la può leggere come vuole e penso che quando un'immagine può essere letta e riletta in modo diverso, sia allora una piccola opera d'arte dove ognuno può vederci raffigurati quello che gli passa per la testa.

M.M. - Analizzando invece il vostro seguito in campo musicale, andate molto forte in Europa anche se siete sotto un'etichetta che distribuisce per la maggior parte negli Stati Uniti. Come te lo spieghi?

Steve - Mah, credo che questo sia uno dei frutti della globalizzazione. Una volta era impensabile una cosa del genere; se ti andava bene riuscivi a malapena a raggiungere gli stati confinanti con il tuo. Oggi, invece, penso che la musica viva proprio grazie a questa globalizzazione che è solo che un bene noi gruppi musicali perchè, come dicevi tu, ti dà la possibilità di estendere le tue radici in ogni punto del globo terrestre permettendoti anche di girare il mondo per portare la tua testimonianza viva sul posto. In questo modo i fans si sentono ancora più vicini a te e fedeli. Per quanto riguardo gli States, credo che lì il discorso sia un po’ più diverso perchè c'è una netta discrepanza tra i vari generi... per farti capire meglio: chi ascolta Thrash Metal non andrà mai ad ascoltare un gruppo Metalcore o di qualsiasi altro genere se non quello Thrash; lo stesso vale per tutti gli altri generi. Mentre qui in Europa trova che sia un approccio più aperto verso la musica e verso tutti i generi musicali a partire dai fans stessi.

M.M. - Avete mai pensato di lasciare gli States per venire a vivere in Europa?

Steve - A dirti la verità no. Ci piace moltissimo l'Europa e tutta la sua cultura anzi, molte volte se possiamo veniamo a passarci le vacanze... quei pochi giorni che abbiamo! però non abbiamo mai pensato seriamente di venire a stabilirci qui... magari in un futuro!

M.M. - A proposito di futuro: i 36 Crazyfists sono in continua evoluzione; quali sono i vostri piani futuri?

Steve - Sicuramente continuare a suonare fino a quando ce la facciamo e fino a quando il nostro corpo regge! Faccio fatica a pensare al mio futuro senza una chitarra e un plettro in mano... non ci riesco proprio! Ora è già da un pò che stiamo girando in giro per il mondo per promuovere il nostro nuovo album, anche se abbiamo già diversi pezzi nel cassetto che non è detto che possano venire bene per un nuovo lavoro. Ora, però, è troppo presto e sinceramente non abbiamo ancora niente di preciso in programma eccetto concerti, concerti e ancora concerti!

M.M. - Bene, allora aspetteremo vostre future novità con trepidazione! Ti ringrazio ancora Steve per il tempo concesso a RockLine.it!

Steve - Grazie a voi!

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