Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Matthias Stepancich
Etichetta: 
Maverick
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Chino Moreno - voce
- Stephen Carpenter - chitarra
- Chi Cheng - basso
- Abe Cunningham - batteria
- Frank Delgado - sampler, tastiera

Guests:
- Annie Hardy - voce
- Serj Tankian - voce

Tracklist: 

1. Hole in the Earth (04:09)
2. Rapture (03:25)
3. Beware (06:00)
4. Cherry Waves (05:17)
5. Mein (03:59)
6. U,U,D,D,L,R,L,R,A,B,Select,Start (04:12)
7. Xerces (03:42)
8. Rats!Rats!Rats! (04:00)
9. Pink Cellphone (05:04)
10. Combat (04:46)
11. Kimdracula (03:15)
12. Rivière (03:44)

Deftones

Saturday Night Wrist

La carriera dei Deftones si presta ad alcuni interessanti confronti. Dapprima presenta similarità con quella dei Tool: entrambi nascono alla fine dei 1980s, entrambi danno alle stampe il primo album cavalcando il successo di un genere nascente (il grunge per i Tool, il nu-metal per i Deftones), entrambi se ne staccano in fretta e inaugurano un percorso evolutivo che ha dell'incredibile, entrambi i singer aprono progetti paralleli con lo scoccare del 2000 (Keenan con gli A Perfect Circle, Moreno con i Team Sleep).
Nel 2003 questi parallelismi crollano: i Deftones danno alle stampe un album poco ispirato sia nelle soluzioni elettroniche (che sembrano trovarsi lì solo perché "rubate" ai Team Sleep) sia negli altri pezzi, a maggioranza dal sapore molto "core" e heavy (uno sguardo al passato con l'intenzione di riaffermarsi in mezzo alle band che stavano plagiando malamente il loro alternative-metal). Qui inizia piuttosto un parallelismo con i "soci" Korn: anche Davis e compagni, dopo una serie di ottimi album, hanno compiuto un passo falso poco ispirato e molto heavy in cerca di riaffermazione (Take a Look in the Mirror).
I Korn hanno poi proseguito sulla strada della mediocrità con See You on the Other Side, più elettronico, più vario, ma anche molto piatto. I Deftones sembravano essere anche maggiormente in crisi. Finalmente uscito, nel 2005, l'album d'esordio del progetto alternative-dark-ambient-rock Team Sleep, purtroppo inferiore alle aspettative, sembrava invero lontana l'uscita di un nuovo soddisfacente capitolo del gruppo principale. Invece, dopo una raccolta di rarità e b-sides, i Deftones tornano sulle scene appena l'anno successivo con un nuovo full-lenght, sotto la produzione del grande Bob Ezrin (Pink Floyd, Nine Inch Nails), compiendo un ulteriore cambiamento di rotta nel sound, e allo stesso tempo tornando alla composizione di pezzi più suggestivi, raffinati e complessi.

Il quintetto avrebbe potuto percorrere qualsiasi evoluzione verso territori già annunciati: inasprirsi, addolcirsi, elettronicizzarsi. E invece ha preferito, fortunatamente, seguire una strada più enigmatica. L'album Saturday Night Wrist ripudia difatti quasi completamente il precedente album omonimo, ma non si ricollega con chiarezza a nessuno degli altri lavori; la band ha proseguito senza dubbio lungo i propri personali binari evolutivi, incorporando nel proprio sound nuovi e peculiari elementi. Stavolta le influenze più presenti sembrano essere proprio i Team Sleep, con annessi i vantaggi (una cura particolare per i passaggi più elettronici, ambient e onirici) che tale scelta comporta, ma allo stesso tempo elettronica ed ambient non prendono mai il ruolo di protagonisti.
Questo nuovo album del gruppo di Sacramento non può avvicinarsi al loro capolavoro (che resta l'ottimo White Pony), ma è un deciso passo qualitativo in avanti rispetto alle ultime prove (un passo molto più ampio e soddisfacente di quello compiuto dai Korn, per tornare ai parallelismi).
Cercando in tutti i modi di far sposare la loro evoluzione nei gusti musicali ai mutamenti della nostra epoca, Chino e compagni scrivono un disco che può considerarsi il "trait d'union" tra un passato fortemente influenzato da hardcore e nu-metal ed un futuro ricco di sfumature indefinibili, in sostanza forse il "trait d'union" tra due epoche musicali.
Quel che è certo è che tutti gli elementi messi sul piatto dal progetto Team Sleep sono qui sviluppati nella stragrande maggioranza dei casi in maniera molto più diretta ed incisiva, quindi superando nettamente in qualità il side-project di Moreno; seconda cosa certa è che non dai soli Team Sleep si sono ispirati i cinque californiani per comporre questo disco: altre influenze evidenti sono alcuni act trip-hop britannici (ad esempio gli Archive, che già facevano capolino nei Team Sleep e nei pezzi più elettronici dei Deftones) e le evoluzioni più moderne del dream-pop e del post-rock attuale, compreso il post-metal più atmosferico (piccole tracce di Mogwai, Explosions in the Sky e Isis riescono ad emergere, disseminate qua e là).

Il risultato è un genere indefinibile, a causa delle molteplici sorgenti, ma sorprendentemente omogeneo e compatto.
Se le prime tracce non svelano ancora il nuovo corso degli eventi ma si limitano ad introdurli (Hole in the Earth è un alternative-metal imbevuto di post-rock, in cui questi due aspetti riescono a convivere senza sbavature, mentre Rapture è un metalcore anomalo e accompagnato dai synth), sono i pezzi successivi a raggiungere nuovi picchi qualitativi: Beware incrocia melodie avvolgenti e oniriche a riff monolitici, ricordando nei suoi 6 minuti power-ballad mozzafiato come Minerva (una delle tracce più riuscite e sognanti del precedente album) o gli episodi più riflessivi di Around the Fur; Cherry Waves si muove sulle medesime coordinate, con un'altra power ballad dagli spunti post-rock e dark-wave che disegna un'incantevole paesaggio rarefatto; Mein si altalena tra riff punk-rock carichi di delay e ritmiche schizoidi mentre Chino ricama melodie sempre più oniriche, e al momento del chorus entra come guest un Serj Tankian perfettamente incastonato nel brano (ancora una volta, come già con Passenger in cui cantava Keenan, i Deftones sanno valorizzare i guest rendendo la traccia omogenea ed integrata al disco, senza esasperare il fatto di avere un ospite importante al microfono).
L'enigmatica U,U,D,D,L,R,L,R,A,B,Select,Start (titolo derivante da un codice per le cheat nei videogiochi Konami) è una strumentale rilassata ma dalle vibrazioni profonde, valorizzata da un drumming a metà tra trip-hop e jazz; Xerces si avventura in un collage di trip-hop (il drumming secco di Cunningham), post-rock (il pianoforte, gli echi) e hardcore (così contaminato da non avere più nulla di hardcore in senso stretto), su cui Chino disegna un chorus estremamente emozionale.
Una potente carica di hardcore vecchio stampo caratterizza piuttosto le strofe di Rats!Rats!Rats!, pezzo percorrente uno zig-zag continuo tra sferzate heavy ed escursioni melodiche, in uno stile sostanzialmente ripreso e aggiornato da Around the Fur.
A questo punto dell'album arriva l'unica traccia deludente, ovvero Pink Cellphone, parentesi elettronica insulsa contenente un monologo weird e stupido (tagliato nella versione "clean" del disco) di Annie Hardy dei Giant Drag, un tentativo fallito di inserire dell'humor triviale e malato in maniera amalgamata al resto (tutt'altra pasta insomma rispetto ai ben più riusciti e suggestivi intermezzi dei Tool come Message to Harry Manback).
Il finale dell'album non scende invece di livello rispetto ai primi pezzi: Combat sembra voler riassumere svariati stilemi del rock alternativo (una lunga intro ambient, un'esplosione con riff spettacolare di Carpenter, melodie non banali concatenate a raffica, urla hardcore su tappeto chitarristico), un altro vertice come Kimdracula discende direttamente dalle power-ballad di White Pony (risultando quindi di molto facile assimilazione, complice un chorus magnetico e altamente emotivo), mentre la conclusiva Rivière, forse il pezzo meno immediato e più sperimentale del disco, richiama alla mente Pink Maggit, il finale di White Pony.

I Deftones hanno fatto centro un'altra volta, e lo hanno fatto con la classe che manca alla stragrande maggioranza delle band sventolanti la bandiera "alternative metal" sopra alle loro teste. Particolarmente apprezzabile la volontà di non ripudiare nulla del sound sviluppato lungo tutti i precedenti album (restano presenti le venature dark, l'elettronica, l'hardcore) pur riuscendo a modificare ancora una volta lo stile espressivo, inserendo elementi tanto inaspettati quanto ben incastonati.
Saturday Night Wrist è un disco che evita l'impatto frontale e più easy-listening, ma qualitativamente è di poco inferiore ad un Around the Fur (disco più heavy e immediato, ma suppergiù al medesimo livello per qualità, forza e ispirazione), e probabilmente supera l'esordio Adrenaline, consacrandosi dunque uno dei tre album migliori fin'ora scritti dalla band di Sacramento. Ha solo due difetti: il primo è Pink Cellphone, il secondo è l'accidentale "import" dei difetti firmati Team Sleep (eccessiva rarefazione, eccessivo impegno in ritmiche simil-ballad), che comunque la band cerca di tener lontani grazie ad un songwriting più tagliente e vario, oltre che concedendosi sfuriate come quelle di Rats!Rats!Rats! e Rapture.
Tutti i componenti offrono una prova convincente, specialmente Moreno (sempre più sognante) e Carpenter, il quale ritrova finalmente l'ispirazione per quanto riguarda i riff (viene a volte messo da parte in favore dei campionamenti, ma quando entra in scena supera senz'altro ciò che aveva tirato fuori per il disco omonimo).
I fan dei Deftones più cattivi e urlati resteranno delusi, qui non c'è nulla per loro, ma continuino pure ad ascoltare lavori tanto violenti quanto (ormai) superati, e lascino Moreno e soci (auspicabilmente) proseguire lungo quest'ottima strada di sperimentazione.
 

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