Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
Carpark
Anno: 
2012
Line-Up: 

- Dylan Baldi - Guitar, Vocals
- TJ Duke - Bass
- Jayson Gerycz - Drums
- Joe Boyer - Guitar

Tracklist: 

01. No Future / No Past
02. Wasted Days
03. Fall In
04. Stay Useless
05. Separation
06. No Sentiment
07. Our Plans
08. Cut You

Cloud Nothings

Attack on Memory

Questi che stiamo vivendo adesso sono anni di transizione, votati in particolar modo al recupero delle vecchie correnti musicali ed alla conseguente variazione ( più o meno forzata) delle pedine in gioco: non ci stancheremo mai di ripeterlo. La deduzione primaria di tale meccanismo sono una mole gigantesca di uscite considerabili per la maggiore decisamente come una paccottiglia di studi interrotti, di righe lasciate a metà. Come lasciava intendere Ezra Koenig da alcune sue righe, la nuova generazione di ventenni è cresciuta come i suoi genitori in un determinato ambiente, il bar dietro l' angolo o il centro del paese che sia, traendo da questa località i comportamenti e le basi sociali necessarie per stare assieme ed adattarsi. In termini musicali, significa che se sei nato a Detroit suonerai proto-punk oppure techno, se sei nato a Sidney suonerai hard-rock, e così via. Naturalmente, tutti oggi sappiamo benissimo quanto è facile rompere le radici per slegarsi dalla propria terra natia e dedicarsi ai propri reali interessi.
Le nuove frontiere delle comunicazioni ed i perfetti mezzi per l' apprendimento hanno permesso di abbreviare ogni distanza, anche quelle temporali, annullando persino il più insormontabile dei divari. Certo, anche anni addietro la voce si spargeva grazie alle importazioni di dischi del negozio di fiducia, ma mai come adesso tutto sembra alla portata di tutti.
Fin tanto che gli astri nascenti dell' indie-rock odierno, sicuramente i più qualitativamente estrosi e capaci, sembrano essersi imposti come unica prerogativa la rilettura in chiave ( dream) pop degli oramai famosissimi ensemble indie-rock, dei nineties principalmente.

Nella folta schiera di esponenti, alcuni lasciano il tempo che trovano ed altri costituiscono il vero valore aggiunto per un incarico di così grandi ambizioni. Chi ha seguito gli avvicendamenti in casa Cloud Nothings, ad esempio, sa bene che l' imprevedibilità è all' ordine del giorno, ma anche che i giri di parole di Baldi e compagnia hanno come unica finalità l' ambiente radiofonico popular.
Armato dei soli strumenti e di un immancabile background musicale ad hoc per lo scopo designato, il quartetto di Cleveland ha fin dai primi lavori attratto molti degli addetti ai lavori del microcosmo indie, che seguono ogni loro svolgimento con grande apprensione ed emozione. Persino Pitchfork non si è tirato indietro nel lodarli fin da subito, ovvero dal duemilanove, in cui i nostri si imposero nel primo full-lenght Turning On per l' inconsueta amalgama di fuzz garage e aloni d' inquietudine ( shoe / shit)gaze, il tutto fatto risaltare da un produzione primordialmente lo-fi. Le cose migliorarono notevolmente nel duemiladieci, dove gli ancor più affiatati Cloud Nothings nel loro album omonimo regalarono un altra mezz'ora di purissimo college-rock - biglietto in prima classe per San Diego – filtrato da un' attitudine affine con la California über alles memore delle stagioni punk.

Appena un anno dopo li ritroviamo ulteriormente mutati, non tanto a livello di idee generali quanto nel suono, “invecchiato” bene e reso ancora più grintoso. Prima di tutto, la qualità espressiva nuda e spoglia messa in atto per il nuovo capitolo Attack On Memory ha l' aria di rappresentare con buona probabilità l' onesta proposta di impatto che alcune caratteristiche del gruppo sembravano voler annunciare molto prima. La voce di Dylan, in primo luogo, aveva sempre posseduto in sé un rabbioso senso di ribellione sino ad ora sopite sotto un cumulo di stanchi ritornelli ed attenuazioni gay-friendly, quasi si dovesse vergognare di stonare in un contesto che preannunciava simili atteggiamenti. Un certo Steve Albini, adetto alla produzione del disco, glielo deve aver fatto notare, ed ecco allora prossimo lo step dei quattro.
Il suono adesso è esclusivamente appannaggio di un indie-rock americano continuamente riverberato ed effettato verso striature poppy grazie alla magniloquente resa sonora, il cui merito maggiore è senza dubbio quello di spaccare in due i piani musicali in modo da rendere ovvie, quasi di routine, le gradevoli aperture surf-pop. Una formula che già aveva reso famose le evocazioni dream pop dei Real Estate, anche loro tesi ad occupare lo stesso spazio temporale, adesso resa cinica e pratica dalla smania ( un tempo definibile come) grunge dei Cloud Nothings, la risposta attuale più credibile alle realtà “minori” di quel periodo, Superchunk in testa. Oltre al progressivo adattamento agli usuali stilemi di indie-pop vaporoso, la componente principale di ogni brano prevede l' utilizzo a piccole dosi di intessiture post-hardcore che incorporano in sé e per sé la parodia dei primi At The Drive-In; ciò in pratica sarà fondamentale per riuscire ad integrare al meglio la voce di Baldi, grezza e adolescenziale anche se non sempre dosata al punto giusto. In secondo luogo, prima ancora di immergersi nella pletora di chiaro stampo noise-pop, da evidenziare sono almeno l' interessante ripresa di vibrazioni dark che negli anni presignati erano costantemente ad uso e consumo dei Nirvana, anche queste solamente “appoggiate” sul velluto ritmico, benchè poi dotate di un forte grassetto nelle prime due caustiche tracce.

Per il resto, si naviga sempre tenendo bene a mente i materiali imprescindibili, comportandosi con uno stile quasi inglese; gli unici due difetti sono gli stessi riscontrabili nei precedenti album: la durata, minima come se fossimo al risparmio di scrittura, e il calo qualitativo vertiginoso man mano che il disco arriva a compimento. Non vi stupirò quindi definendo l' attacco di Attack On Memory come abrasivo e devastante, furioso ed incisivo, in pieno stile '90.
No Future / No Past parte come appassita, assopita da troppa fame. Il crescendo timbrico invece annuncia tutt' altro: i rigurgiti del cantato sono in realtà dei languori profondi, dettati dall' improvvisa consapevolezza di non contare niente. Ma d' altra parte, cosa possono valere quattro giovani ( bruttocci) in questo mondo di novelli banchieri e ladri provetti? La mitraglia di batteria finale evita di rispondere al quesito con nonchalance e perfetto tempismo.
L' altro terribile inno retrò viene lanciato immediatamente dopo; gli otto minuti di Wasted Days – una miscellanea di ( psych) surf-rock segaliano, post-rock di marca indie e fulgidi richiami ad un post-hardcore allungato – sono l' altro punto cardine di Attack On Memory, una piccola perla nel suo genere in grado di unire le turbe del rock con una ritmica estatica che fa il verso a Let's Go Trippin' nei rullanti.
Il suddetto lato dei Cloud Nothings, quello di abbinare melodie catchy ad un cantato punk, prenderà  quota con lo scorrere dei minuti, attestandosi come la peculiarità attraente del nuovo tipo di sound, comprendente tra gli altri Beach Fossils e Smith Westerns, specificato con la parola beach-pop. A molti tale nuovo metodo sembrerà piuttosto evanescente, d' altra parte è d' obbligo chiarire che sempre di retromania stiamo parlando. E tuttavia, le scariche elettriche messe in circolo dai nostri non sono inferiori a nessuno, né quando le melodie prendono il sopravvento ( Fall In, Cut You) né tantomeno se a farla da padrona è l' estetica punk innanzi citata ( Stay Useless e Separation brillano particolarmente tra le rimanenti).

Attack On Memory convince non dopo un buon numero di ascolti, perché così come nelle passate puntate siamo di fronte ad un atto fulmineo e tagliente, dove ogni elemento è teso pressantemente nella ricerca di un piacere breve ma buono. Da sottolineare come le capacità complessive dei Cloud Nothings si siano ulteriormente evolute in questa direzione, puntando tutto su tremendi flash, sospesi tra l' insensibilità rock e la soavità pop. Eccezion ovviamente fatta delle prime due canzoni testamento, che dilatano gli spazi suggerendo evidenti soluzioni raffinate. Menzione speciale per la produzione impeccabile, forse l' ultimo fattore che mancava veramente a questa band.

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