STORIA DELL'ELETTRONICA II



 
(KRAFTWERK): UN TRENO PER IL NUOVO MONDO.
 
Quando gli anni ’60 elettronici si chiusero in tutto il loro delirio di visioni e innovazioni, la storia della musica contemporanea sapeva di essere di fronte ad una delle sue più incredibili rivoluzioni stilistiche e concettuali.
A rimanere salda al comando della ‘nuova’ musica elettronica fu sempre la Germania, una nazione trasformata e artisticamente febbrile, sebbene ancora scossa e ridotta culturalmente in macerie. Gli anni ’70 videro infatti nascere in terra teutonica i due progetti più seminali e imprescindibili per quanto riguarda gli esiti futuri, l’espansione e la globalizzazione di tutto il suono sintetico: da una parte i Kraftwerk di Ralf Hütter e Florian Schneider, dall’altra i Tangerine Dream di Edgar Froese e Klaus Schulze, due complessi cronologicamente e geograficamente affini ma diretti verso soluzioni creative completamente differenti che finiranno per influenzare, chi in una maniera chi nell’altra, l’intero scenario elettronico internazionale a venire. Ma andiamo con ordine.
Quando Hütter e Schneider portarono a termine la prima pubblicazione era il 1970 (Tone Float è il disco in questione): il marchio Kraftwerk ancora non esisteva e i due giovani studenti, nascondendosi dietro il monicker Organisation diedero vita ad uno dei primi (ma non il primo) esperimenti krautrock della storia, un afrodisiaco immaginario di flauti, violini, organi e percussioni all’insegna di un peculiare gusto espressivo che, come sappiamo, ha trovato le sue più grandi espressioni nei capolavori di Can, Amon Düül, Popol Vuh, Faust e Neu!.
Dopo Tone Float la storia di Hütter e Schneider, come quella dell’intera musica elettronica, non fu mai più la stessa: assorbite le lezioni stockhauseniane seguite a Dusseldorf e ampliata la line-up con l’ingresso di Andreas Hohmann e Klaus Ginger, i due giovani studenti tedeschi si chiusero in studio, abbandonarono il precedente monicker e tirarono fuori per la prima volta il nome Kraftwerk, titolo dell’esordio (e del successivo omonimo album del 1972) e - da qui in poi – del più importante progetto elettronico della storia. Kraftwerk 1 riprende l’impianto di Tone Float ma lo rigetta in un immaginario urbano sbilenco e inquietante in cui addirittura trovano spazio atonalismo e musique concrete, rendendo sempre più tangibili le sorti dell’evoluzione stilistica del complesso tedesco. Ma è solo con Kraftwerk 2 che per la prima volta farà apparizione la strumentazione elettronica (sequencer, drum machine, campionatore, synth) che da lì in avanti accompagnerà senza sosta le sperimentazioni di Hütter e Schneider; il processo verso l’espansione del suono elettronico comincia lentamente a schiarirsi, a tracciare le proprie linee guida, a scandire i primi paradigmi di un linguaggio destinato a sconvolgere l’arte musicale.
Divengono a questo punto fondamentali due anni in particolare, spartiacque dell’evoluzione kraftwerkiana e primi apripista della grande stagione elettronica allora alle porte: il 1974 con la pubblicazione del grande capolavoro Autobahn e il 1977 con quella della più pesante pietra miliare della musica elettronica contemporanea: Trans Europe Express. Due dischi, più il secondo del primo, che segneranno in maniera indelebile tutte le esperienze sintetiche che di lì a pochi anni prenderanno il sopravvento tanto in Europa quanto negli Stati Uniti: Autobahn e Trans-Europe Express tracciarono i canoni definitivi della nuova musica elettronica, combinando perfettamente ricerca sperimentale ed easy-listening, fondendo nello stesso linguaggio aspirazione colta e attitudine pop e aprendo di conseguenza le porte a tutta la stagione elettronica degli anni ’80 (tanto il synth pop quanto la techno risentono incredibilmente del marchio Kraftwerk), decennio che continuerà a vederli protagonisti grazie alla pubblicazione di Computer World (1981) e di Electric Cafè (1986).




Kraftwerk

 

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