Therion + Grave Digger
29/01/2007 - Alcatraz - Milano
Quando si esordisce con la celebre (e spesso abusata) frase 'Uno dei concerti dell'anno!', spesso si rischia di prendere cantonate colossali o di diventare bersaglio di critiche e scherni (in questi casi più che giustificate) da parte dei lettori. Ma dopo la performance di lunedì 29 Gennaio all'Alcatraz di Milano da parte degli svedesi Therion, co-headliner con i Grave Digger e supportati dai Sabaton, questo rischio lo si corre volentieri.




Riusciamo, causa un anticipo imprevisto dell'inizio dei concerti, a vedere solo l'ultimo stralcio dello show degli svedesi Sabaton, prossimi alla pubblicazione della loro quarta release Metalizer. Difficile dare un giudizio con così poco materiale ascoltato, ma il sestetto scandinavo ha dimostrato di essere un buon gruppo live, una sorda di via di mezzo tra la cruda e diretta velocità epica dei Grave Digger e la melodia dei connazionali Hammerfall.

Tocca ai Grave Digger, co-protagonisti della serata assieme ai sinfonici e sui generis Therion, e subito la formazione guidata dalla roca voce di Chris Boltendhal entra in azione....o meglio parte decisa ma non sembra ancora abbastanza 'carburata' per quanto riguarda la resa. Infatti bisognerà aspettare 3 o quattro brani, all'incirca da Valhalla o Excalibur, per poter sentire i Grave Digger essere al 100% o quasi. Infatti il quintetto tedesco, in tour per la promozione del nuovo lavoro Liberty Or Death, durante i primi minuti della sua esibizione appare leggermente sottotono, non certo sul profilo esecutivo, ma per quel che concerne l'energia trasmessa all'audiance, di solito il punto di forza della loro musica e dei suoi live act, visto che la presenza di una sola chitarra live, quella del robusto (musicalmente parlando) Manni Schmidt, fa perdere un po' del muro sonoro del five-piece europeo. Sono, però, i brani successivi, specie se ripescati dai lavori della loro 'seconda giovinezza' (Tunes Of War, Knights Of The Cross) come The Dark Of The Sun o Knights Of The Cross, a riportare alto il livello dello show dei Grave Digger e di Boltendahl in particolare, con la sua inconfondibile voce, ora ben carburata. Ma c'è anche spazio per i nuovi brani, non si tratta solo di pezzi storici: Shadowland, Silent Revolution e The Terrible One godono sicuramente della carica live della band, anche se al primo ascolto (ovviamente per chi vi scrive) appaiono meno incisive di pezzi storici come l'antemica Rebellion. Il concerto, che raggiunge i suoi picchi con i pezzi più aggressivi dei Grave Digger come Morgane Le Fay, ha dei piccoli momenti di calo quando vengono eseguiti mid-tempo che risentono dell'assenza della seconda chitarra a completare il 'wall of sound' degli 'scavafosse'. Fortunatamente, a mantenere sempre alto il livello adrenalinico dello show, ci pensa il batterista Stephan Arnold, in assoluto il migliore in campo. Energico e buon concerto, concluso con il classico brano di chiusura, la title-track del primo lavoro dei Grave Digger, Heavy Metal Breakdown, ma dal quale, in tutta onesta, ci si aspettava qualcosa di più.

Si abbassano le luci, vengono montate le scenografie da cattedrale con un macabro fondale pieno di finestre gotiche, dal quale si affaccia un demone, con le date 1987 – 2007. 20 anni di Therion, una band nata come formazione di death metal dalle tendenze sinfoniche e trasformatosi, nel corso degli anni, in uno degli act più originali della scena metal mondiale, grazie all'idea del suo leader Christofer Johnsson. Con una formazione particolarissima che vede, oltre al tradizionale schema della doppia chitarra e della sessione ritmica basso/batteria, quattro vocalist (due uomini e due donne) che assolvono alle funzioni di coro e solisti a turnazione, la band svedese da inizio ad uno show incredibile, un vero e proprio concerto di musica metal/lirica. I fan della prima ora dei Therion, conoscendo le origini del combo scandinavo che affondano nel death svedese elaborato e sinfonico, non rimangono certo sconvolti dal notare che sono spariti dala scaletta quasi tutte le track inerenti ai primi lavori e che la performance di stasera s'incentra da Theli in avanti e presenta alcuni assaggi del nuovo album, prossimo all'uscita, Gothic Kabbalah. L'impatto scenico e musicale è, ovviamente, formidabile, ma non solo per la particolarità della fromazione: i Therion si dimostrano una band superiore, con un cura nell'esecuzione di brani ed arrangiamenti molto complessi, sicuramente certosina ma, allo stesso tempo, con una forza ed un pathos che in poche formazioni si possono trovare. Brani come The Rise Of Sodom And Gomorrah sottolineano la splendida amalgama raggiunta dai quattro cantanti Mats Levén, Snowy Shaw, Katarina Lilja e Hannah Holgersson, quattro voci differenti, per una coralità e momenti solisti, assolutamente unici: Levén, quasi una versione metal di David Coverdale, Katarina Lilja un contralto corposo ed avvolgente, Hannah Holgersson un soprano potente ed epico nella sua interpretazione e Snowy Shaw (sì, esatto proprio lui, l'ex batterista di King Diamond, Merciful Fate, Memento Mori e Dream Evil) duttilissmio nel passare dalle parti liriche, alle cupe e quasi growl, fino agli screaming da cantante power. Non è possibile individuare un brano o più che sono stati gli acuti di quest'esibizione, visto che si è trattato di un lungo e splendido climax di bravura ed intensità emotiva, da parte di una band che sicuramente ha precorso i tempi di formazioni come i più conosciuti Nightwish (più leggeri, ultimamente, e meno teatrali, oltre che non certo all'altezza del combo svedese, viste, almeno, le ultime release), che non fonde, in brani come To Mega Therion o Ginnungagap, metal e lirica, ma trova l'anima comune di questi due generi, unendoli proprio tramite la comune radice di grandeaur e pathos. Si passa dai pezzi del nuovo lavoro come Sons Of The Staves Of Time e la title-track a brani di Secrets Of the Runes quali Schwarzalbenheim e Ljusalfheim, andando per Grand Finale e Cults Of The Shadow tratti da Theli, il tutto presi da quest'imponente e magica atmosfera, scandita dalle chitarre di Johnsson e Niemann (entrambe anche agli assoli), basso di Johann Niemann, fratello di Kristian e dal fluido drumming (come si nota anche nel suo assolo) di Petter Karlsson; ma l'attenzione è soprattutto per i quattro cantanti, incredibili in coro e nelle parti soliste, che si esaltano nell'esecuzione di Lemuria e, come bis finale, in una Thor - The Powerhead dei Manowar dove Snowy Shaw potrebbe benissimo far fare una pessima figura ad Eric Adams, supportato dai cori maestosi che donano quel senso epico di cui è intriso il pezzo del quartetto di New York. Altro da dire? Assolutamente nulla, se non che siamo davanti ad uno dei concerti papabili per il titolo di best live-act del 2007 (anche se l'anno è appena iniziato)...speriamo non siano soli a correre per questo riconoscimento.

Report - Andre "Vash_Delapore" Evolti
Foto - Andrea "AFTepes" Sacchi

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