Bright Eyes
17/07/2007 - FerraraSottoLeStelle2007 - Ferrara

FerraraSottoLeStelle, kermesse annuale organizzata nella città degli Estensi, porta sul palco di Piazza Castello il menestrello dell'Indie americano. Conor Oberst, frontman dei Bright Eyes, incanta la piazza di Ferrara con le eleganti e dense atmosfere dell'ultimo lavoro in studio Cassagada.

Il ritorno di Bright Eyes a Ferrara, due anni dopo, era occasione da non perdere. 17 luglio, città degli Estensi: non tira un filo di vento nella splendida cornice di Piazza Castello, locazione del consueto Festival musicale Ferrara Sotto Le Stelle, che in questa edizione 2007 può annoverare anche il nome di Conor Oberst, menestrello dell'Indie americano, nativo del Nebraska, in Italia per appena due date tra Torino e, appunto, Ferrara.
Cassagada è l'ultimo lavoro in studio del celeberrimo songwriter di Omaha. E' proprio il disco ispirato alla storia fascinosa di una comunità americana popolata quasi esclusivamente da persone che dicono di possedere il dono, soprannaturale, della predizione.

La serata inizia con una sorpresa. Sul palco sale una ragazza timida, con gli occhi bassi e la chitarra acustica tra le braccia. Jaymay è americana, e somiglia un po' all'Oberst degli esordi, fatte le dovute proporzioni. Scalda l'ambiente quel tanto che basta, con le note di chitarra, dolci e raffinate a fare da giusto antipasto a ciò che sarà di lì a poco. Il pubblico gradisce, applaude, ringrazia, saluta e ritorna in attesa.
Passano i minuti, cresce la tensione tipica di ogni inizio concerto che si rispetti. Si abbassano le luci, qualche voce sussurra frasi che suonano famigliari; sul palco si scorgono i primi movimenti. E' buio, Ferrara è illuminata soltanto dalle stelle.

Dodici musicisti, Oberst in testa. Sono tutti vestiti di bianco per una scenografia di sicuro impatto, capace di miscelare eleganza, stile, fantasia e un bel po' di creatività.
Sono le note di Claraudients, in un crescendo di rumori, chitarre distorte e archi che si intrecciano alla perfezione, ad aprire una serata in cui l'unico vento a soffiare è quello elettrico dei Bright Eyes. Ed è una folata improvvisa, quella che investe il numeroso pubblico ferrarese. Ragazzi, ragazze, ma anche persone un po' più in là con gli anni, che chiedono non senza un pizzico di vergogna: "Ma chi sono questi Bright Eyes?".
E' la magia della loro musica a conquistare la platea. Sono le movenze incerte e un po' sconnesse di Oberst a trascinare il pubblico col passare dei minuti.

All'inizio il cantautore è teso. Come ogni incipit che si rispetti, del resto. Ma col passare dei minuti l'atmosfera si distende. Complice, forse, l'ottimo vino italiano che Oberst ha potuto gustare prima dell'entrata in scena. Merito soprattutto di una perfetta presenza scenica, impreziosita da una formazione di musicisti di tutto rispetto, capace di contare una doppia sezione ritmica, una sezione di archi e fiati, più organi, pianoforte, due chitarre ed un basso elettrico. E, ciliegina sulla torta, il fiore all'occhiello degli arrangiamenti dell'ultimo Cassagada: il vibraphone che, di fatto, è il valore aggiunto nell'arrangiamento di questo live.
Il pubblico apprezza; lo dimostra con le ovazioni per Make A Plan To Love Me e l'incisiva Middleman, con il tripudio riservato alla sempreverde First Day Of My Life, che Oberst tira fuori dal cilindro dopo l'inizio acustico. E' uno dei punti emotivi più alti della serata, in cui i Bright Eyes escono allo scoperto con le loro gemme più brillanti.

Oberst sveste la giacca bianca. Il caldo si fa sentire anche sul palco, evidentemente, ma il vento Bright Eyes continua ad investire con folate elettriche e distorte i fans di Piazza Castello. If the Brakeman Turns My Way è un tripudio, con il pubblico a scandire le note e a fare da contrappunto alla voce di Oberst, leggermente provata, a dire il vero.
Ma non conta, tutto passa in secondo piano di fronte a quello che si propone come un vero spettacolo. Nella setlist scorrono le altre colonne portanti di Cassagada. Classic Cars, ma anche Cleanse Song. Tra le due Oberst imbraccia di nuovo l'acustica, si avvicina al microfono e sussurra qualcosa. Poi punta lo sguardo a terra, con la stessa espressione di sempre: a metà tra l'indeciso, il timido, l'incolpevole. Uno sguardo che si riconoscerebbe sul volto di un bambino, forse. E inizia a dettare i tempi per quella che rappresenta l'espressione più triste a malinconica degli ultmi Bright Eyes. No One Would Riot For Less attraversa l'anima dei presenti: l'intensità emotiva è enorme. Gli occhi di Piazza Castello sono fissi sull'immagine sfocata di Oberst, attorniato da luci e con alle spalle lo schermo che proietta immagini sbiadite. Gli occhi di Mr Bright Eyes, invece, sono fissi a terra, socchiusi; mentre la chitarra acustica si lascia cullare dagli archi e dal contrappunto vocale della band.

L'ultima parte è una piccola riscoperta di perle del passato. Dall'elettrico Digital Ash in a Digital Urn, Oberst pesca I Believe in Simpathy, un crescendo di suoni distorti e mai fuori posto che ci portano alle battute finali. Ancora i suoni acustici di Lime Tree, poi tra le altre Soul Singer in a Session Band. Prima della ripresa dopo aver salutato la scena in fretta e furia. Con una piccola gemma nel finale, grazie alla doppietta Lua / At the Bottom of Everything, con Oberst a duettare con il violino e a raccontare immagini lontane mentre guarda le stelle del cielo di Ferrara.

Ferrara sotto le stelle è un quadro pieno di fascino. Con le note di Conor Oberst e l'energia, elegante, dei Bright Eyes è un'immagine che in molti custodiranno per lungo tempo.
Rimane una notte di pensieri che si rincorrono, con una dichiarazione di Oberst dal palco: "I love this city, we could come back...".
Suona un po' come una promessa. Ma c'è anche la convinzione che Cassagada, album accolto tra qualche riserva abbia davvero un lato nascosto da scoprire pian piano.
Ritornino presto, allora; di "due ore di musica" così la gente ha bisogno. E' linfa vitale.

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