36 Crazyfists + Johnny Truant
27/09/06 - Live Club - Trezzo sull'Adda (MI)
Serata strana quella del 27 Settembre al Live Club di Trezzo sull’Adda. Tutto incomincia con un vociferarsi, tra gli addetti,  della possibilità dell’annullamento del concerto a causa di un mega  incidente stradale sull’autostrada che collega la tangenziale ovest di Milano all’autostrada Milano- Venezia, via principale per arrivare alla location dello show e che fa sì che i 36 Crazyfists stiano imbottigliati in mezzo al traffico per una bella ora e mezza. Per fortuna il tutto si è risolto con una posticipazione dell’orario di inizio, aprendo le danze alle 22.00 invece che alle 21.00.




Ad aprire il concerto, com’è di consueto, ci pensa un gruppo spalla costituito dai Johnny Truant. Gruppo fino ad allora sconosciuto, se non ai più affezionati al genere Nu Metal – Hardcore. Il loro è un genere piuttosto trito e ritrito dove l’unica novità, se così la si vuole chiamare, consiste nel front-man che oltre a cantare, suona anche la chitarra acustica con impostazione sia stilistica che musicale, tipica del mondo Mariachi. Abbiamo così pezzi dove le schitarrate a suon di unghie sulle corde, si mischiano con quelle più Heavy e tipiche del panorama Thrash. A condire il tutto ci pensa anche il binomio batteria - percussioni che, in molti casi, finiscono per coprirsi a vicenda con l’effetto di non capire bene chi sta facendo cosa. Ovviamente poi ci sono anche gli aspetti più propriamente legati alla spettacolarità vera e propria; non mancano allora assoli di chitarra (notevole quella del singer-chitarrista Mariachi che denota una buonissima tecnica e, soprattutto, un’alta conoscenza del panorama musicale sudamericano), assoli di batteria e, per ultimo, un duetto tra percussionista e batterista che, se in un primo momento poteva sembrare interessante, a lungo andare si è rivelato piuttosto noioso e spudoratamente scontato. Il finale è lasciato ad uno dei più classici The End della storia musicale, ovvero chitarra spaccata e band che lascia il palco. Peccato solo che il gesto di spaccare la chitarra sia stato solo accennato perché è bastata un’occhiata piuttosto truce da parte di uno della security del locale, per far sì che il cantante si limitasse solo a staccare le corde dallo strumento e a sbatterlo leggermente sui piatti della batteria.

Dopo qualche minuto, necessario per il cambio palco, i 36 Crazyfists fanno il loro ingresso sullo stage del Live Club e, improvvisamente, spuntano persone da ogni parte. Comunque all’interno del locale non c’era più di un’ottantina di persone, col risultato che l’atmosfera, seppur calda, veniva scemata se si dava un’occhiata alle retrovie. Il via alle danze viene dato con l’intonazione del primo brano presente sull’ultimo disco Rest Inside The Flames; stiamo parlando di I’ll Go Until My Heart Stops. Il risultato è positivo perché il pubblico si lascia subito andare, cantando a squarciagola ogni singolo verso della canzone. Bisogna ricordare che questo sarà il massimo supporto che il pubblico darà durante tutto il proseguimento del concerto, perché di poghi o almeno di qualche piccola spinta, non se ne è vista nemmeno l’ombra. Peccato perché il suono era piuttosto  buono e i 36 Crazyfists sembravano proprio in vena e, in effetti, così è stato. Il cantante Brock, dall’alto dei suo metro e novanta con tanto di basettoni, si è sbizzarrito alla grande, dimostrando ancora una volta che il vero leader del gruppo è lui. Questa è stata una sensazione che ha inciso per tutto il tempo: sembrava che gli altri tre musicisti fossero lì proprio per sostenere il singer; più che un gruppo, hanno dato la sensazione di essere formati da un solista più tre turnisti. Man mano che passava il tempo, l’atmosfera diventava sempre più calda e si passava dai pezzi classici che gli hanno resi famosi in campo europeo e americano, a quelli più odierni quale per esempio Felt Through a Phone Line, che ha fatto letteralmente impazzire il pubblico. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, è solito rimanere delusi dalle performance live di gruppi che, sul disco, sembrano spaccare il mondo. Per fortuna questo non è il caso dei 36 Crazyfists che, oltre a dimostrarsi molto validi sul piano dell’intrattenimento, si sono fatti valere anche sotto il profilo della riproduzione dal vivo.

Peccato solo per il mixaggio generale ma, soprattutto, per l’acustica non proprio perfetta che il locale presenta o, per lo meno, presentava quella sera. Il risultato è stato un mix di suoni troppo ovattati e dispersi nell’eco delle mura trezzane, cosa non proprio positiva per un gruppo che è caratterizzato dalla freddezza dei propri strumenti distorti e dalle tonalità taglienti e incisive come quelle del singer Brock. Nonostante tutto, però, i vari strumenti erano piuttosto ben distinguibili, grazie anche alla pre-equalizzazione che ogni strumento presentava. E’ grazie a questo susseguirsi di sensazioni e botte adrenaliniche che il tempo è passato senza nemmeno accorgersene, soprattutto nei momenti in cui sono state intonate grandi canzoni come Slit Wrist Theory che hanno fatto la storia dei 36 Crazyfists.
Il concerto è quindi stato un bel momento di svago e, soprattutto, di sfogo (per lo più vocale, come detto in precedenza) che non ha tolto ma nemmeno aggiunto niente di più su ciò che già si pensava e diceva riguardo alla band. E’ stata quindi una conferma positiva che, senza ombra di dubbio, permette al gruppo di aggiungere un pizzico di onore in più al proprio nome.


Matteo "trendkill" Mainardi

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