Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
A. Giulio Magliulo
Genere: 
Etichetta: 
Avantgarde
Anno: 
2012
Line-Up: 

Malefic - voce e tutti gli strumenti

Tracklist: 

 1. Spoken In Vibes Of Coldness

 2. Nightmares At Dawn

 3. Reprisal

 4. Degenerate Uprising

 5. The Prison Of Mirrors 2007

 6. Losing Hand/Redemption

 7. Portal Of Hatred

 8. Merciless Reflection

 9. A National Acrobat (cover Black Sabbath)

 10. Screaming At Forgotten Fears 2007

 11. Society Wants To Die

 12. Human Flotsam

 13. Enthroned Uselessness

 14. Suicide In Dark Serenity 2004

Xasthur

Nightmares at Dawn

Nightmares At Dawn non è l’ultimo album pubblicato da Scott Conner (aka Malefic) per la sua creatura Xasthur, avendo egli chiuso ogni attività con questo monicker nel 2010, ma una raccolta che comprende 14 brani inediti risalenti al periodo tra il 2004 ed il 2009 tra cui tre suoi ‘classici’ ri-registrati in momenti diversi, 'Prison of Mirrors', 'Suicide In Dark Serenity' e Screaming At Forgotten Fears’.

Vista la prolificità dell’autore nel corso degli anni, sembra che la schiera dei seguaci di Xasthur non abbia preso molto bene quest’uscita, ritenendo i brani di ‘qualità inferiore’  alle potenzialità del Malefic di quel periodo e quindi, questa edizione, solo un’occasione per rimpinguare le sue casse. O svuotare definitivamente i cassetti da ogni altra tentazione discografica xasthuriana, terminata quell’esperienza.

E certo, se lo dicono i ‘seguaci’, il dubbio può essere legittimo, ma davvero le motivazioni di questa insoddisfazione sono quelle menzionate? Perché ascoltando Xasthur l’ultima cosa che viene in mente è la parola ‘qualità’. Il che non significa che non ci siano stati momenti più o meno ispirati nella sua nutrita discografia ma che eventuali alti e bassi vanno perfettamente ad incastrarsi nella natura estetica, stilistica, sonora, emotiva e quindi umana del soggetto in questione, rivelandone un’altra verità, restituendone un’immagine forse più obiettiva, disincantata ed a fuoco.

Questa testimonianza che ricopre diversi periodi della carriera del californiano può essere quindi presa come un vivido viatico per accedere a quell’universo di follia del ‘depressive black metal’: sinfonie malate, marce e corrotte dalle dissonanze che glorificano la miseria dell’uomo, volumi asimmetrici, strumentazione scoordinata, sconnessa i cui suoni sembrano galleggiare in una placenta nera e affiorare in modo apparentemente casuale e che inducono in stati di stupore catatonico, arpeggi in decomposizione che si lasciano cadere a mò di pezzi morti, distese di synth ed archi che crescono in cattedrali di paranoia, il tutto corredato da abbondanti dosi di pervertito autolesionismo.

In questo panorama di negativa magniloquenza neanche la cover di ‘National Acrobat’ dei Black Sabbath in rituale screaming riesce ad apparire grottesca, conservandone il riff originale ed il prezioso cameo gotico della folk singer Marissa Nadler non fa altro che confermare che le visioni infauste di Scott Conner non sono poi così lontane da un comune sentire musicale ‘oltremetal’.     

Terribilmente adatte a questi giorni soffocanti ed opprimenti di un’estate che volge al termine, da ascoltare al tramonto mentre il sole rosso di agosto muore lento, sembra che le composizioni di Malefic siano nate in un contesto simile, forse quella California lì…

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