Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
A. Giulio Magliulo
Genere: 
Etichetta: 
Interbang
Anno: 
2011
Line-Up: 

Steve Wynn – chitarra, voce
Chris Cacavas – tastiere
Linda Pitmon – batteria
Vicki Brown – violino
Rigo Righetti – basso
Antonio Gramentieri – chitarra
Robin Hitchcock – special guest alla voce in “Knocking On Heaven's Door"

Tracklist: 

1. Rainy Day Women 12 & 35
2. Blind Willie McTell
3. Just Like a Woman
4. Outlaw Blues
5. Gotta Serve Somebody
6. The Groom's Still Waiting at the Altar
7. Isis
8. All Along the Watchtower
9. Knocking on Heaven's Door

Steve Wynn

Wynn Plays Dylan

Un disco di cover di Bob Dylan nel 2011 può essere essenziale per quelli che di Bob Dylan non ne hanno mai abbastanza: essi partono dall'assunto che è tra i grandi poeti della letteratura americana contestataria post-beat nonchè il debito che tutti quelli che suonano ed ascoltano il folk-rock statunitense - così come lo conosciamo noi - hanno da una quarantina di anni. Poi c'è chi vede quelli che ancora seguono la scia luminosa di Dylan come esempi di retorica rock e di inattuale demagogia.

Un disco come questo riesce abilmente a glissare tra le due posizioni evitando da un lato l'eccessiva intellettualizzazione che sui lavori di Dylan è sempre in agguato e dall'altro a restituire una dimensione 'sinceramente' rock e senza tempo in un rock che invece il suo tempo lo ha già ben scandito.

Operazione non da tutti, sebbene in moltissimi si siano misurati nel tempo con brani di Dylan, spesso con sentita devozione ed esito favorevole, anche per la capacità della materia prima ad essere plasmata, ma si parla generalmente di singoli episodi (lo stesso Wynn già con i suoi Dream Syndicate aveva coverizzato Blind Willie Mc Tell e Outlaw Blues, entrambe presenti su questo lavoro).

Qui ci si cimenta invece con un intero album di cover e se avessi dovuto pensare ad un altro artista in grado di portare avanti questo arduo compito con fierezza, forse solo Nikki Sudden, andato via troppo presto, ne sarebbe uscito a testa alta; musicisti rock and roll, artisti totali, la cui credibilità non è mai stata messa in discussione e che han sempre avuto un'immagine pubblica di basso profilo, pur producendo sempre dischi ottimi e trasudanti in ogni singola nota di una passione sconfinata, un pò come quelli del maestro in oggetto ma senza aver mai avuto l'aria dei maestrini, tutt'altro!

Forte di questi presupposti Steve Wynn si approccia a questi brani senza nessuna forma di soggezione e li restituisce assecondandone la sua visione, invero molto simile a quella di Dylan.
Questo è un album particolare per la sua genesi: è un live suonato in Italia nell'agosto del 2009 sulla spiaggia dell' Hana-Bi a Marina di Ravenna.
La line-up è a dir poco stellare: Chris Cacavas alle tastiere (era nei mitici Green On Red), Linda Pitmon alla batteria (nei Miracle 3 di Wynn e sua compagna), la violinista Ricky Brown (collaboratrice di Hugo Race e Calexico) e gli italiani Rigo Righetti al basso e Antonio Gramentieri alla chitarra, direttore artistico del festival itinerante romagnolo Strade Blu il quale, insieme alle Produzioni Bronson, è l'artefice della realizzazione di questo vinile.

La scaletta attinge a diversi momenti della produzione di Dylan, comprendendo canzoni tratte da Blonde On Blonde, Infidels, Shot Of Love, Bringing It All Back Home, Slow Train Coming e Desire e questo è in accordo e sottolinea il pensiero di Wynn per cui in ogni momento della vita, a seconda dell'età, c'è un diverso album di Dylan a diventare più significativo.

Si va dalla sbilenche e ciondolanti Rainy Day Women 12 & 35 e Isis alla murder ballad Blind Willie Mc Tell, dalla romantica Just Like Woman alle incalzanti e forsennate Outlaw Blues, Gotta Serve Somebody e Groom's Still Waiting At The Altar, per finire con le eterne All Along The Watchtower e Knocking On Heavens's Door.
 
Tutti i brani in ogni caso sono sottoposti ad un trattamento conforme alla natura dei musicisti che li velocizzano, rendendoli infuocati ed orgiastici se non proprio lisergici nei momenti in cui le chitarre elettriche, il violino e le tastiere si incontrano e si rincorrono, mai rinunciando alla 'fiesta' che le derive roots di alcune tracce impongono ma dandone una rilettura diversa, soprattutto in quelli in cui la spiritualità di Dylan emerge prepotente a causa della sua conversione religiosa.

E se la preoccupazione di rovinare tutto nel gran finale, affidandolo alla ormai stucchevole Knocking On Heaven's Door è legittimo, c'è ancora una sorpresa che i nostri tirano fuori dal cilindro da abili prestigiatori: l'entrata in scena di sir Robyn Hitchcock, altro peso massimo per il bel rock psichedelico degli '80: questi eventi riconciliano con il mondo ed incoraggiano a credere che esistano ancora piccole isole resistenti sulle quali potersi salvare.

Quest'album invece è un occasione per i più giovani di riscoprire innanzitutto Dylan, poi le bands di riferimento della scena Paisley Underground che ripresero la psichedelia in un'ottica più moderna, legandola alle tradizioni roots-rock americane e suggestionando il desert sound a venire, ed infine tutto un movimento italiano sotterraneo che grazie a personaggi come Gramentieri ed etichette come Interbang rivela tutta una serie di relazioni divinamente pericolose tra il nostro sottobosco musicale ed alcuni importanti nomi del rock internazionale che mi piace lasciar scoprire a voi.

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