Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
Domino Records
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Robert Wyatt - Voce, Chitarra, Tromba, Percussioni, Corno, Tastiere

- Brian Eno - Tastiere, Effetti
- Annie Whitehead - Trombone
- Yaron Stavi - Violino
- Paul Weller - Chitarra
- Gilad Atzmon - Sassofono, Clarinetto
- Jamie Johnson - Basso
- David Sinclair - Piano
- Phil Manzanera - Chitarra
- Gianni Bertoncini - Batteria

Tracklist: 

Act One: Lost In Noise
1. Stay Tuned (3:49)
2. Just As You Are (4:21)
3. You You (4:22)
4. A.W.O.L. (2:56)
5. Anachronist (3:28)

Act Two: The Here and The Now
6. A Beautiful Peace (2:27)
7. Be Serious (2:56)
8. On The Town Square (5:26)
9. Mob Rule (2:16)
10. A Beautiful War (2:40)
11. Out of The Blue (3:41)

Act Three: Away With The Fairies
12. Del Mondo (3:29)
13. Cancion de Julieta (7:32)
14. Pastafari (4:37)
15. Fragment (1:38)
16. Hasta Siempre Comandante (4:37)

Robert Wyatt

Comicopera

Chi conosce Robert Wyatt, sa di che tipo si tratta: compositore anarchico e open mind, musicista raffinato, anima creatrice e ribelle, in poche parole un genio del nostro secolo, o meglio di quello precedente. Prima i leggendari Soft Machine, punta di diamante della Canterbury Scene, poi i Matching Mole, miriadi di collaborazioni con illustri personaggi della musica contemporanea a partire da Brian Eno per finire con Fripp e Oldfield, e infine, per coronare la lunghissima attività musicale, una carriera solista molto ricca, di alti e bassi s'intende. A quest'ultima categoria appartiene sicuramente Comicopera, ultimo fiocco blu in casa Wyatt, un neonato capriccioso e lagnoso che vuole fare tante cose ed effettivamente non riesce in nessuna di esse.
Per correttezza nei confronti di Wyatt e per evitare eccessivi accostamenti, non citerò nemmeno quel suo capolavoro immortale conosciuto con il nome di Rock Bottom perchè, indubbiamente, qualsiasi paragone con esso risulterebbe fin troppo nocivo alla sua figura. Ma non sarebbe neanche giusto scendere in confronti, sfide, similitudini e contrasti con quella perla datata 1974, anche per un motivo prettamente stilistico e di progressivi mutamenti dal momento che, da Rock Bottom in poi, Wyatt ha trasformato e cambiato (a volte anche impoverito) il suo registro compositivo, lasciando da parte le sublimi alchimie di rock, jazz e fusion per proiettarsi in una musica forse più personale e sentita, ma sicuramente meno penetrante, una sorta di sperimentale rock cantautorale, come Comicopera ci dimostra.
E' un Wyatt sicuramente invecchiato, la sua barba bianca cresce a dismisura e il suo viso ha sempre più rughe: il Babbo Natale del rock, insomma. In fondo Wyatt è uno che al rock ha dato tutto, ha lasciato alla musica e al mondo intero una meravigliosa testimonianza culturale, ha rivoluzionato e spazzato via limiti e convenzioni ma, come un guerrigliero oramai stanco di lottare, si è lentamente acquietato, si è steso sul suo morbido divano e lì pare essere rimasto.

Già con Cockooland del 2003 (che per quanto poteva essere un buon disco, non era nulla dì strepitoso) la vena compositiva di Wyatt ha incominciato a placarsi, continuando a lasciare vive le sue spruzzate creative ma senza un adeguato controllo.
Comicopera è un disco ancora più povero di quanto poteva esserlo un Cockooland, sia a livello di particolari sia sotto l'aspetto, per così dire, "interiore".
L'album è diviso in tre parti per un totale di sedici brani: "Non un pò troppi!?" vi verrà da dire? Esattamente, decisamente troppi se si sta a guardare la misera mole espressiva che il disco riesce a creare.
Il primo capitolo Lost In Noise è forse il più personale di Wyatt con i quei fiati a suggerire atmosfere morbide e penetranti: l'opener Stay Tuned è rilassante ma fin troppo timida, You You è un esempio vincente di pop/jazz molto particolare, Just As You Are è una lenta ballata che tenta di commuovere e in fondo ci riesce con i suoi toni soffusi e cullanti, mentre A.W.O.L. e Anachronistic falliscono nel tentativo di stupire l'ascoltatore, addormentandosi in radure confuse e blande.
La seconda parte The Here And The Now peggiora notevolmente una situazione che fin'ora si stava mantenendo su livelli medio-alti: quel pò di atmosfera inquieta e penetrante scompare d'improvviso per lasciare spazio a intrecci folk/cantautoriali tutt'altro che interessanti, stantii e poco espressivi: da A Beautiful Peace fino ad A Beautiful War (ricercata parabola satirica?) nulla brilla di luce propria se non la sola collaborazione con un Eno anch'egli di scarsa vena creativa. Solo On The Town Square prova a smuovere leggermente quest'atmosfera ferma con i suoi ariosi giochi strumentali, ma è solo un lieve sogno che finisce subito perchè la successiva Mob Rule ci riporta ad un sonno primordiale tutt'altro che piacevole (almeno, se l'obiettivo era quello di farci dormire, poteva riuscirci meglio!).
Con Out Of The Blue, tanto particolare per effetti e suoni quanto fastidiosa, giungiamo infine all'ultimo frammento del disco, Away With The Fairies, che prosegue con l'estraniante cover del C.S.I. Del Mondo, canzone lenta e quieta ma non per questo sottotono, simpaticamente cantata in italiano da un Wyatt che quasi ci intenerisce in questo nuovo tentativo linguistico. Noiose e stavolta veramente sottotono sono invece Cancion de Julieta e Pastafari (sentite gli inutili virtuosismi xilofonistici per averne la prova) e, lasciatemelo dire, a questo punto è normale che l'ascoltatore non veda l'ora che la musica s'interrompa per poter dire: basta.

Rimangono infatti solo i bizzarri giochi di voce di Fragment e le sonorità latino americane di Hasta Siempe Comandante (ovvio il riferimento al Che) prima che Comicopera giunga al capolinea per fermarsi una volta per tutte.
E' triste ma altrettanto inevitabile ammettere che il Wyatt che si ha di fronte dopo l'ascolto di questo disco è solamente un ritratto uscito male del vero Wyatt, del santo del rock, dello sperimentatore e del rivoluzionario. La sua intoccabile figura umana, per carità, non verrà nemmeno sfiorata, ma questa volta il nostro vecchio si meriterebbe qualche bacchettata sul sedere, giusto per rimanere in tema da "opera comica".
Fa sempre un pò dispiacere quando un mito e un mostro sacro del rock come lui cade in fasi di, chiamiamole, involuzioni, perchè tale è quella in cui Wyatt ha ultimamente fatto dimora, assieme ad idee stantie e in ogni caso incapaci di uscire e di esprimersi in egregia maniera, come lui stesso ci aveva abituato sin dai tempi di Rock Bottom. Questa è anche la prova che per fare un buon disco non bisogna per forza circondarsi di grandi musicisti (per capire bastano Eno, Paul Weller, Annie Whitehead e Phil Manzanera) perchè se le idee non riescono a reggersi da sole, allora tutto crolla senza possibilità di resistere. Non so per quale motivo Robert Wyatt mi ricordi tanto Neil Young; forse perchè sono state due tra le figure più importanti nella storia del rock e, nonostante abbiano già dato tutto attraverso carriere lunghe e intensissime, continuano a provarci, come dei freschi giovincelli che non hanno nulla da perdere. Non so se questo è un aspetto negativo o positivo, ma personalmente la vedo di più come una caduta di stile. Peccato Rob.

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