Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Frontiers Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Mike Tramp - voce
- Jamie Law - chitarra
- Claus Langeskov - basso
- Henning Wanner - tastiere
- Troy Patrick Farrell - batteria

Tracklist: 

1. Sangre De Cristo
2. Dream
3. Live Your Life
4. Set Me Free
5. I Will
6. Battle At Little Big Horn
7. Never Let You Go
8. Gonna Do It My Way
9. Finally See The Light
10. Let Me Be Me
11. Take Me Home (European bonus track)

White Lion

Return Of The Pride

Riappropriatosi dopo ben diciassette anni dello storico moniker White Lion, il singer danese Mike Tramp, unico superstite di quella che fu una delle migliori e meno celebrate band hard rock degli anni '80, torna finalmente con un nuovo disco di inediti, dopo alcune superflue raccolte, e con una line up completamente nuova, in cui purtroppo pesa come un macigno l'assenza del talentuoso chitarrista italo-americano Vito Bratta.

Come conferma anche la copertina, nonostante i due leoni abbiano in questo caso uno stile più futuristico ed aggressivo rispetto al passato, Return Of The Pride è l'indicativo titolo che segna il come back dei White Lion, trattandosi effettivamente per loro di un pieno ritorno alla musica delle loro origini, quasi a volere riprendere quel percorso che si era interrotto nell'ormai lontano 1991. In realtà la conferma maggiore di questa volontà di riproporre ed attualizzare il loro glorioso passato, ancor più che dal titolo e dalla copertina, arriva proprio dalle stesse canzoni, infatti sarà fin troppo facile notare come i toni epici di sontuosi brani come El Salvador, Road To Valhalla o Lady Of The Valley siano qui ripresi dalle lunghe ed epiche Sangre De Cristo, in cui si affrontano temi religiosi con un piglio solenne, soprattutto nei cori, ed un'alternanza tra momenti più posati ed altri più heavy, e Battle At Little Big Horn, in possesso di melodie e cori dal flavour eroico che perfettamente si intonano al tenore dell'argomento trattato, riguardante uno degli eventi più importanti della storia americana.

Anche relativamente al sostanzioso capitolo ballad si registra un tuffo nostalgico nel glorioso passato, grazie a brani quali Dream, che sorretta dalle melodie piene ricreate dalle tastiere si apre in ariosi e pomposi refrain, la stupenda I Will, indubbiamente tra le tracce migliori del lotto, graziata da bellissime melodie e refrain da brividi, come tra le migliori è anche la bonus track per il mercato europeo Take Me Home, struggente ballad acustica che sembra un po' fare il verso a When The Children Cry, ma in più pervasa dalla dolce presenza di un violino che permette un accostamento anche con la bellissima For My Country di Joey Tempest, e Never Let You Go, sicuramente quello meno riuscito tra i pezzi lenti per via di melodie fin troppo pop, ma anche banali, abbastanza prive di mordente. Questo stesso limite comunque si riscontra anche in altri brani, è il caso in particolare della più dinamica e dal piglio commerciale Live Your Life, pezzo assolutamente da dimenticare, non degno forse neanche degli ultimi Bon Jovi, come prive del giusto mordente risultano le appena discrete Finally See The Light o Let Me Be Me, mostrando così alcuni elementi in comune con il loro Big Game del 1989, non a caso l'album meno riuscito della loro passata produzione.

A mancare quasi del tutto invece sono le scariche adrenaliniche di stupendi brani come All Join Our Hands, All You Need Is Rock n' Roll o Broken Heart, eccezion fatta per Set Me Free, che proprio dall'ultima citata sembra riprendere la struttura, per dare vita ad un altro dei pezzi pregiati del presente come back dei White Lion, grazie soprattutto a strofe sorrette da delicate e malinconiche melodie ed un organo dal retrogusto zeppeliniano prima che un bel riff deciso apra al grintoso ed adrenalinico refrain, mentre la pur buona ed elettrizzante Gonna Do It My Way non è da sola sufficiente a restituire un aspetto ed una sostanza più tipicamente hard rock alla nuova opera di Tramp e compagni.

Tralasciando comunque la qualità dei brani, la maggior parte dei quali sicuramente piacevolissimi da ascoltare, a far storcere il naso è proprio questa operazione di riesumazione del passato che dà tanto la sensazione di un'opera costruita un po' a tavolino per far breccia nei cuori dei vecchi fan. A ciò si aggiunga poi che Vito Bratta è un chitarrista insostituibile per la causa dei White Lion, e che Jamie Law, a parte qualche isolato assolo, non riesce ad incidere e lasciare il segno come il suo predecessore, tanto che un ruolo quasi decisivo assumono le tastiere di Henning Wanner, ecco allora che ci si trova irrimediabilmente di fronte ad un ricordo sbiadito dei tempi che furono. Di contro invece, il timbro di Tramp per nostra fortuna, nonostante l'avanzare degli anni, è sempre lo stesso, graffiante e delicato al tempo stesso, inconfondibile ed unico.
Certo per chi ha avuto la fortuna di conoscere i White Lion negli anni '80 sarà abbastanza automatico ed altrettanto facile riscontrare limiti e pregi appena descritti, con l'inevitabile conseguenza che, pur salutando con immenso piacere ed anche un pizzico di nostalgia il ritorno di questa mitica band, non potrà fare a meno di testimoniare con estremo rammarico che di quel gruppo ormai resiste solo un affezionato e luminoso ricordo, non pienamente ravvisabile purtroppo nella realtà presente. Per tutti gli altri invece, l'ascolto di Return Of The Pride non potrà che lasciare sensazioni positive, e sicuramente sarà per chiunque possibile trovare in quest'album diversi motivi di soddisfazione, grazie soprattutto ad una serie di stupende canzoni infarcite di melodie orecchiabili ma sempre garbate, seducenti ed accattivanti, ben rese dall'interpretazione espressiva di un Mike Tramp ancora in stato di grazia.


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