Voto: 
6.3 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Lucifer Rising Records/Self
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Steve Sylvester - voce
- Ele Matteucci - chitarra
- Jjm - basso
- Freddy Delirio - tastiera
- Carranza - batteria

Guests:
- Romina Malagoli - cori
- Gherardo Monti - chitarra aggiuntiva
- Leonardo Guarducci - chitarra aggiuntiva
- Marzio Manni - chitarra aggiuntiva
- Max M. Toy - chitarra aggiuntiva

Tracklist: 


1. My Goddess
2. Bleeding
3. Mesmerized
4. Where Love Has Gone
5. Liar
6. Blow My Mind
7. Shock Me
8. Hold Me, Touche Me, Heal Me
9. Falling Into You
10. Desperation
11. Out Of Time
12. Sometimes

W.O.G.U.E.

Work of God United Entertainment

Enigmatico e misterioso, il moniker W.O.G.U.E. si staglia già sulla copertina nera dell’album di esordio (già rilasciato a maggio come Opus Dei, ma in seguito alle proteste dell'omonima prelatura vaticana il gruppo ha dovuto cambiare nome) della nuova creatura di Steve Sylvester, leader degli ormai defunti Death SS; sebbene il pubblico italiano ed europeo possa ricordarsi del carismatico musicista come uno dei rappresentanti più celebri del filone occulto dell’ambiente Heavy Metal di ottantiana memoria, il progetto W.O.G.U.E. (che sta per "Work Of God United Entertainment") sorprende in modo positivo con i suoi toni diametralmente opposti al genere tessuto dai Death SS 0 fino al loro scioglimento.
W.O.G.U.E. è una realtà che trae origine dal panorama Dark-Wave inglese di metà anni Ottanta, poiché chiari sono i riferimenti ai Sisters Of Mercy di Andrew Eldritch nell’intero album di esordio: chitarre magiche e intrise di oscurità, gusto per l’esoterismo e ritmiche dalle sembianze meccaniche.

Fin dalla traccia d’apertura, My Goddess, emerge il tratto gotico di Steve Sylvester e compagni, trainati da splendidi arpeggi di chitarra che appare tratta dal capolavoro First And Last And Always; nonostante l’influenza principale rimanga appunto la Dark-Wave d’oltremanica, non mancano reminescenze più contemporanee, quali la vena più Synth-Pop della scuola tedesca che ha interpretato i canoni impartiti da Depeche Mode e Pet Shop Boys, così come una venatura elettronica cara ai frammenti industriali dei Nine Inch Nails.
Quello dei W.O.G.U.E. è un registro stilistico variegato e capce di rompere gli schemi tipici del Dark d’autore; nonostante il passato di Steve Sylvester possa far vagare la mente dell’ascoltatore verso un’idea di Goth Rock d’immagine come quello degli storici Christian Death, le dodici tracce di cui si compone il platter spaziano attraverso sonorità più contemporanee, mantenendo comunque un certo trend tenebroso.
Accanto all’opener, tra gli episodi più meritevoli si possono rammentare la successiva Bleeding, abbastanza fuori dagli schemi per il suo approccio, o la canonica ma gradevole Where Love Has Gone.

La voce di Steve Sylvester risulta a volte acida e a volte melodica, non giungendo mai però ai lidi profondi e avvolgenti del timbro ottantiano di Eldritch o di altri significativi esponenti della scena inglese; il punto di forza dell’architettura strumentale dei W.O.G.U.E. è rappresentata dalla chitarra, suonata dalla cantautrice lucchese Ele Matteucci: i temi esibiti in Blow My Mind ne sono la testimonianza più evidente, poiché conservano un fascino estraneo a gran parte del sottobosco italiano che ha tentato di emulare i classici del genere.
La nota negativa dell’album è da ricercare invece nell’ampio uso dell’elettronica in capitoli come Mesmerized o Shock Me, che non si adattano al contesto raffinato plasmato nelle sezioni squisitamente Wave; allo stesso modo appaiono difficili da comprendere a fondo i pezzi più irruenti come Liar o Falling Into You, in quanto sembrano oltrepassare i meandri timbrici interpretati nella maggior parte dell’album, puntando a una discutibile commistione con venature Metal.
Fortunatamente giunge la conclusiva Sometimes a risollevare le sorti dell’opera, grazie al convincente binomio chitarra-tastiera, intriso di influenze Synth Pop.

Si può pertanto ritenere degno di nota il neonato progetto W.O.G.U.E. di Steve Sylvester, poiché riesce a conciliare i trascorsi Dark-Wave degli Ottanta con una rinnovata tendenza buia e cupa; ci si auspica che il talento compositivo di Steve Sylvester e degli altri musicisti che lo affiancano nella realtà W.O.G.U.E. possa essere sfruttata in modo più consapevole, abbandonando quelle sfaccettature elettroniche poco convincenti e privilegiando il feeling spettrale dell’intreccio chitarra clean-tastiera.

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