Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Sanctuary Records/Edel
Anno: 
2006
Line-Up: 

- David DeFeis - voce e tastiere
- Edward Pursino - chitarra
- Joshua Block - basso
- Frank "The Baron" Gilchriest - batteria


Tracklist: 

1. Immortal I Stand (The Birth Of Adam) (06:33)
2. Adorned With The Rising Cobra (09:40)
3. The Ineffable Name (07:49)
4. Black Light On Black (07:03)
5. Bonedust (06:10)
6. Angel Of Death (08:37)
7. God Above God (07:13)
8. The Hidden God (06:51)
9. Childslayer (05:22)
10. When Dusk Fell (06:57)
11. Visions Of Eden (07:16)

Virgin Steele

Visions Of Eden

Come descrivere una carriera come quella dei Virgin Steele? Sfortunata e rocambolesca sono probabilmente gli aggettivi più azzeccati per riassumere in breve venticinque anni vissuti sul filo del rasoio, da un esordio tinto di Hard Rock fino a grandiosi lavori più recenti, passando per un capolavoro del calibro di Noble Savage ed una mezza delusione chiamata Age Of Consent. I Virgin Steele si sono guadagnati con il passare del tempo gli apprezzamenti di moltissimi kids in tutto il mondo, fattore questo che li contrappone ai cugini Manowar. Lo stile delle due band è assai diverso, tuttavia, per un motivo o per l'altro, vengono associate in continuazione, provocando una sorta di inutile rivalità fra i rispettivi fan. Come se non bastasse, sulla copertina di Visions Of Eden, nuovo full lenght di DeFeis e compagni, la linea che divide i due gruppi americani si fa ancora più sottile, inspiegabilmente...

Già dai titoli dell'album si può sentire il calore della fiamma epica che da sempre brucia nel cuore dei Virgin Steele. D'altronde, non si può rimanere freddi davanti ad un nome come Immortal I Stand (The Birth Of Adam). Il brano in questione apre il disco con irruenza, presentando inizialmente un incedere molto incalzante accompagnato dalle classiche tastiere tanto amate da David DeFeis. Si tratta però di un semplice lampo nell'oscurità, un'ingannevole illusione. Benché l'opener di Visions Of Eden ricordi lontanamente la storica Invictus, purtroppo lo stesso non si può dire dei restanti pezzi. I Virgin Steele hanno sempre avuto il grande pregio di unire alla potenza del Metal un tocco di melodica dolcezza, ma sembra proprio che ciò non accada sulla loro ultima fatica. La stessa Immortal I Stand (The Birth Of Adam), pur rimanendo una canzone memorabile, fatica a decollare dal punto di vista dell'aggressività. David preferisce infatti usare il suo classico timbro vocale di cristallo anziché sfoderare la grinta dei tempi migliori, mentre a rovinare il resto ci pensa una produzione semplicemente scandalosa.

La produzione appunto, qualcosa di spesso secondario, si dimostra qui uno dei maggiori limiti di Visions Of Eden. Dove sono le chitarre?  E' possibile che nel corso di tutte le tracce siano sempre e solo la voce del buon David e le sue tastiere a spiccare? Persino la batteria appare posta volutamente in secondo piano, forse in modo da rendere il sound più orecchiabile. Questo è quanto accade nelle copie promozionali perlomeno, riguarda all'opera definitiva il sottoscritto si astiene da commenti inappropriati. Soltanto durante gli assoli Edward Pursino dà cenni di vita ed è un vero peccato conoscendo la classe del chitarrista statunitense. Di certo Visions Of Eden non è un lavoro da buttare, anzi, probabilmente farà la felicità di chi ama il Power Metal soffice e vellutato. Rimane il fatto che da i Virgin Steele ci si aspettava di più, soprattutto alla luce di quanto mostrato da dodici anni ad oggi. Le parti vocali sono praticamente perfette, ad esclusione di una scarsa incisività, così come le note di piano suonate qua e là. In fin dei conti, quando si fatica a sentire il resto si tende ad apprezzare ciò che si ha.

Adorned With The Rising Cobra è tutto fuorché una canzone accattivante, ovvero proprio quello che manca a Visions Of Eden. Con The Ineffable Name le cose sembrano comunque cambiare, ma in modo del tutto impersonale. Indicativo, inoltre, sapere che le melodie principali provengono tutte dalle tastiere, a dimostrazione di una carenza di prestanza evidente. Fortunatamente Black Light On Black, con il suo incedere prima tirato e poi epico, risolleva alla grande le sorti di un album altrimenti deludente. Gli appassionati delle ballate targate Virgin Steele troveranno in Angel Of Death una nuova perla da aggiungere alla propria collezione, mentre per coloro che cercano principalmente intensità sonora avanza ben poco. Nemmeno The Hidden God o Childslayer, seppur discreti brani, non riescono ad eguagliare i capolavori del passato. When Dusk Fell appare a sua volta come la prosecuzione naturale di Angel Of Death ed anticipa Visions Of Eden, pezzo di buona fattura nonché capitolo conclusivo di un'opera veramente ambigua.

Non ci si può che inchinare di fronte alla classe compositiva di David DeFeis, su questo non ci sono dubbi. Ciò che invece non va è la strada che stanno intraprendendo i Virgin Steele, una via che li porterà probabilmente verso sonorità sempre più sinfoniche e raffinate. Ribadendo ancora una volta il disappunto in merito alla produzione e sperando che qualcosa possa ancora cambiare, non resta che aspettare con apprensione il prodotto finale di Visions Of Eden. Per ora, giudizio parzialmente sospeso e sufficienza politica.


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