Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Planet µ
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Luke Vibert - Synth, Programming, Musiche

Tracklist: 

1. Belief File
2. We Hear You
3. De-Pimp Act
4. Hot Stick
5. Square Footage
6. Battling For England
7. Pretty Old Acid Music
8. Dive And Lie Wrecked
9. Computer Complex
10. Porn Shirtwee
11. House Stabs
12. Marvelous Music Machine
13. Electrophy
14. Arrogance

Luke Vibert

We Hear You

Luke Vibert è un producer/compositore elettronico britannico, ma ancor prima di questo Luke Vibert è una macchina. Quando per la prima volta mise ufficialmente mano su un controller midi e piedi su una piattaforma da dj era il 1993, data di pubblicazione di Weirs, composto e ideato con l'amico Jeremy Simmonds: da lì in poi una continua e devastante scalata alla conquista della musica elettronica, affiancata da una serie interminabile di produzioni (album, Ep, remix), performance live e collaborazioni (tra cui spiccano quelle con Aphex Twin, col pioniere elettronico Jean Jacques Perrey e col jazzista B.J. Cole). Con una media di quasi un full-lenght e mezzo l'anno, Vibert ha rivoluzionato l'andamento del suono sintetico, ponendosi come tra i suoi più intelligenti e ricercati interpreti e allargandone orizzonti espressivi e contaminazioni stilistiche. Non è infatti un caso che il producer britannico sia tra i più openmind e versatili dell'elettronica contemporanea: tutti i lavori, dalle prime sperimentazioni di metà anni '90 (Throbbing Pouch, Drum'n'Bass for Papa, il capolavoro Big Soup) fino alle più peculiari allucinazioni post-2000 (YosepH, Lover's Acid) dimostrano l'incredibile apertura di Vibert nei confronti dei più disparati sottogeneri elettronici, dalla drum&bass più raffinata all'house, dal synthpop al jungle, dalla techno al sempre presente hip-hop, suo primo vero genere (la sua prima esperienza musicale fu infatti un gruppo hip-hop/punk d'impronta Beastie Boys).

Al sedicesimo anno di attività, simbolo di una carriera fertile ed estremamente produttiva, Vibert si dimostra ancora l'eterno giovane, il bizzarro e spesso infantile sperimentatore che aveva fatto impazzire l'Europa a suon di beat sfiancanti e orchestre di sintetizzatori: We Hear You, non a sorpresa uscito per la Planet µ dell'amico-collaboratore µ-Ziq (in arte Mike Paradinas) non fa una piega nel percorso musicale di Vibert e ce ne regala l'ennesima, bruciante espressione. Come al solito acido e retrò (lo stile e soprattutto il titolo dell'accattivante Pretty Old Acid Music), spesso straniante e bizzarro (i toni circensi-televisivi di Porn Shirtwee), costantemente contaminato da andamenti e cadenze hip-hop e deliri di sintetizzatori urticanti (House Stabs ne è una più che psichedelica espressione), We Hear You non aggiunge nè toglie nulla alla discografia di Vibert, ritirandone al contrario in ballo - come se si trattasse di una summa finale - linguaggi, influenze, contaminazioni e ricerche sonore.

Vibert è l'essere umano che si fa coscientemente e serenamente risucchiare dai frastagliati meccanismi della macchina industriale e televisiva moderna, e la sua musica ne risente come in pochi altri casi elettronici odierni: i respiri si tramutano in battiti martellanti, le parole vengono tradotte in un deviante linguaggio digitale (i veri e propri trapani sonori di Marvelous Music Machine), i sentimenti - se così possono essere chiamati - si dissolvono in atmosfere oblique e spezzate, sempre più strette e impossibili da cogliere nella loro deviante non-interezza. Quando il computer parla necessita però che le orecchie che lo ascoltano siano altrettanto tecnologiche ed avanzate: ascoltare Vibert non è mai un'esperienza semplice da interiorizzare nè piacevole a livello di sensazioni, e We Hear You evidenzia sin dall'inizio quest'aspetto che da sempre contraddistingue le opere del compositore inglese. Belief File, con le sue trascinanti dinamiche ritmiche e il suo equilibrato incastro di synth e soundscapes elettronici, comincia a graffiare l'esoscheletro del disco mostrandocene una prima parte di cuore: le atmosfere distorte, gli effetti alienanti e le scariche di beat sono quelli di sempre e sostengono le invenzioni di Vibert con la medesima forza e gli stessi stimoli del passato.
La straniante De-Pimp Act, le splendide discese techno di Hot Stick e l'accattivante house di Square Footage sono le più lampanti documentazioni che il genio di Vibert è ancora infuocato e capace di produrre le solite hit da discoteca alienante e onirica; peccato che non tutto We Hear You si sviluppi con la stessa intensità e la stessa verve creativa, facendosi risucchiare da quei ricicli stilistici e da quelle banalità che hanno accompagnato Vibert un pò per tutta la sua carriera, come dimostrano l'hip-hop luccicante e manierista dell'omonima We Hear You, le sbilenche trovate melodiche di Battling For England e le ipnotiche ma sconclusionate Dive And Lie Wrecked e Computer Complex.

Complesso da interiorizzare e da comprendere fino in fondo come molti dei suoi predecessori, l'ultimo lavoro dell'ex enfant prodige britannico ne ricalca atmosfere e stili producendo le stesse reazioni e le medesime sensazioni di disagio e straniamento. Continuano d'altra parte ad essere evidenti l'ispirazione e il genio di uno tra i musicisti più particolari e per certi versi "aristoidi" dello scenario elettronico degli ultimi dieci anni: We Hear You, nonostante pecchi spesso di ripetitività, d'esaltazione autoreferenziale e di una durata forse eccessiva, dimostra ancora una volta - al di là delle critiche e delle contestazioni - la sacrosanta giustizia che è alla base della posizione di privilegio assunta col tempo da Luke Vibert. I suoi amanti possono stare tranquilli.

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