Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Paolo Brondolo
Etichetta: 
Universal Music
Anno: 
2007
Line-Up: 

:
- Alberto - voce e chitarra
- Roberta - basso
- Luca - batteria, percussioni e synth

- Fidel - rhodes (traccia 8 e 14)
- Mauro Pagani - mellotron e piano (traccia 4 e 11)


Tracklist: 

:
1. Marti In The Sky
2. Don Calisto
3. Non Prendere l’Acme, Eugenio
4. Angie
5. Aha
6. Isacco Nucleare
7. Caños
8. Il Gulliver
9. Faro
10. Muori Delay
11. Trovami Un Modo Semplice Per Uscirne
12. Opanopono
13. Il Caos Strisciante
14. Was?
15. Sotto Prescrizione Del Dott. Huxley

Verdena

Requiem

C'è chi fa musica per fare soldi e per assicurarsi il successo (costringendosi perfino a ripetere lo stesso disco durante l'intero corso della carriera per paura di finire fuori strada). I Verdena invece osano e rischiano; si mettono alla prova album dopo album e Requiem ne è la conferma.
I tre bergamaschi tornano nella loro formazione classica (Fidel, quarto membro del gruppo ai tempi del precedente lavoro, ha lasciato la band) ma sembrano più sicuri che mai, tanto da autoprodurre l'album.

Già dalle prime note ci si rende conto che è cambiato qualcosa: tutto è più diretto, c'è più sicurezza nel modo di suonare, il gruppo è pronto e preparato (bisogna dire che alcune canzoni erano già state scritte da qualche anno). Alberto non teme il microfono e registra tutto ciò che gli passa per la testa perchè l'atmosfera nell'Henhouse Studio non è mai stata così libera. I tre sembrano in autogestione, non hanno alcun limite dalla casa discografica ed è proprio questo che permette la buona riuscita e la buona messa in pratica delle loro idee. Per la prima volta ci sono intermezzi (o introduzioni) fra i brani ma sono anche presenti due canzoni di 12 minuti; non si erano mai visti i Verdena in queste vesti.

A Don Calisto spetta il compito di aprire l’album (se escludiamo l’introduzione Marti In The Sky) e i tre ragazzi mettono subito le cose in chiaro: non è un riciclaggio del loro vecchio sound, si tratta di un’evoluzione e di un’ulteriore maturazione –seppur non dimenticando le loro origini. Stessa cosa per la seguente Non Prendere l’Acme, Eugenio (citazione della pinkfloydiana Careful With That Axe, Eugene?) che con gli ascolti si rivelerà essere uno dei migliori brani presenti.
Angie è la prima delle due acustiche prodotte da Mauro Pagani, storico componente della PFM, ed è incredibile come nonostante una novità simile (come può essere l’arrivo di una traccia acustica) resti comunque il marchio di fabbrica della band.
L’interruzione con Aha, ovvero un minuto dedicato alle percussioni di Luca, non è niente di indispensabile ma sicuramente innocuo.
Se con Isacco Nucleare e Caños l’influenza stoner dei Queens Of The Stone Age inizia a farsi sentire per quanto riguarda la parte prettamente musicale, ecco che i 12 minuti di Il Gulliver trascinano via qualsiasi cosa. Una tempesta di emozioni, vaghi accenni all’album Solo Un Grande Sasso, incerti ricordi degli Zeppelin di fine carriera, un uso assolutamente perfetto delle parole che mai sono state adattate in modo così naturale alla musica proposta. Per fortuna c’è Faro che permette di prendere fiato (per poco meno di un minuto) visto che la successiva Muori Delay cambia totalmente sonorità. Troppo diversa, viene in mente Beck e non a caso è stato scelto come primo video, forse perché è uno dei pochi potenziali singoli presenti nel disco.
Ecco arrivare la seconda traccia acustica, Trovami Un Modo Semplice Per Uscirne, che vede Pagani al piano, mellotron e harmonium, mentre Il Caos Strisciante, eterea ma anche ribelle resta in tema con il resto dell’album grazie al sound già presentato nei primi brani.
Was? è una sperimentazione, una canzone senza struttura e senza chitarra (Alberto suona il basso) con una parte di batteria trascinante e con la partecipazione di Fidel al rhodes. Molto interessante, anche se in sede live rende decisamente di più.
L’album si conclude con Sotto Prescrizione Del Dott. Huxley, una dozzina di minuti di lungo e agonizzante delirio sullo stile di alcuni dei brani inediti degli EP “Luna” ed “Elefante”.

La registrazione è notevole, anche se il basso di Roberta non è più in risalto come nelle vecchie produzioni e la chitarra ha un impatto minore (probabilmente si tratta di scelte stilistiche).
Molto bella l'idea dell’artwork: nero all'esterno e colorato all’interno del booklet.
Raramente in Italia escono prodotti di questo calibro e quando succede questi non ricevono comunque l’attenzione che meriterebbero. Sul web c’è già chi lo odia e chi lo reputa uno dei migliori lavori dell’anno. In attesa di ascoltare cos’altro ha da offrirci il 2007 nel panorama discografico, Requiem è promosso a pieni voti.



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