Voto: 
8.4 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
Charisma/Virgin
Anno: 
1970
Line-Up: 

- Peter Hammil - Voce, Chitarra
- Guy Evans - Batteria
- Hugh Banton - Tastiera
- Keith Ellis - Basso
- David Jackson - Sassofono e Fiati

Tracklist: 

1. Killer
2. House With No Door
3. The Emperor In His War-Room
- The Emperor
- The Room
4. Lost
- Part I: The Dance In Sand And Sea
- Part II: The Dance In The Frost
5. Pioneers Over C

Van Der Graaf Generator

H to He Who Am the Only One

Naturalmente non si può parlare di rock progressivo senza nominare il criptico e misterioso nome dei Van Der Graaf Generator, band di punta del panorama musicale di inizi anni '70, costituita da musicisti di una classe e di un estro veramente senza paragoni. In tutti i lavori prodotti, il gruppo inglese ci ha sempre presentato composizioni dal contenuto emotivo sensazionale e impressionante, grazie alla facilità con cui Peter Hammil & Co. sono riusciti a creare schemi ritmici e melodici equilibrati, elaborati e naturalmente meravigliosi nel mixing di sperimentalità e classicità.
Questo H To He Who Am The Only One, è il disco che precede di un solo anno quel capolavoro illuminante di Pawn Hearts, introducendoci quindi in qualche modo al sound e alle caratteristiche che hanno reso quel disco una delle pietre miliari del Rock di sempre.
L'album si apre con la superba e mastodontica Killer, una delle canzoni più conosciute e venerate della band inglese, una song schizoide, misteriosa, sconvolgente nei suoi refrain introspettivi e nei suoi stacchi malati, sperimentali e sempre corposi. Le capacità tecniche del gruppo si sentono e come, ma più della tecnica qui viene messa in esposizione la vera e propria genialità compositiva degli Inglesi, maestri dell'equilibrio emotivo e professori per quanto riguarda stile e originalità.
Dopodichè, superate le piacevoli intemperie interne di Killer, un fantastico e delicato giro di pianoforte ci introduce alla successiva House With No Door, che oltre ad avere un titolo meraviglioso, è una canzone commovente e straziante nei suoi ritornelli, leggerissimi ma sempre curati resi al meglio grazie ad un arrangiamento mai banale e scontato, e di ciò ce ne possiamo rendere tranquillamente conto con la terza The Emperor In His War-Room. Si tratta di una epica e gloriosa canzone divisa in due parti (The Emperor e The Room) nella quale assistiamo ad uno spettacolo come al solito sconvolgente e strabiliante per ciò che la band ci presenta con classe ed eleganza sopraffina: riff elaborati ed abbaglianti nella propria complessità vengono affiancati celestialmente ad altre parti più quiete e loquaci ma non per questo meno attraenti e coinvolgenti, anche se manca un pò di quello slancio che poi renderà Pawn Hearts un disco eccezionale.

Le sperimentazioni e i refrain più complessi e labirinteschi non mancano mai, come ci mostra la seguente Lost, come al solito strana e bizzarra nei cambiamenti emotivi, radicali ed improvvisi, che lasciano l'ascoltatore in preda ad una leggera ma piacevole e consapevole emicrania musicale. Ed è proprio in questo momento che sale in cattedra la band, capace di amalgamare i suoni e le note di ogni singolo strumento superbamente e in maniera a tratti divina; sassofono, fiati, basso, tastiera e chitarra si prendono per mano e si consegnano all'ascoltatore che non deve far altro che scartare il regalo appena ricevuto, e goderselo in tutta la sua bellezza.
Il disco viene infine chiuso con la suite Pioneers Over C, caratterizzata da un crescendo ritmico e dinamico eccellente, che fa innalzare impetuosamente la canzone, supportata da una base strumentale sempre ben costruita ed estremamente ben abbinata con la voce di Hammil, che ancora una volta si dimostra uno dei più bizzarri e geniali compositori del progressive rock, naturalmente supportato da altri musicisti eclettici e originalissimi. Questo non è forse il migliore disco sfornato dalla band, ma per capire in pieno il gruppo inglese, H To He Who Am The Only One, è sicuramente un disco fondamentale che ci da una spinta importante per farci assorbire con più facilità le atmosfere sognanti e chimeriche della band, che forse in questo disco, ogni tanto, faticano ad uscire, ma davvero sporadiche volte.
Comunque, al di là di tutti i giudizi personali, i Van Der Graaf Generator sono diventati Storia del Rock, infondendo nelle radici della musica un amore, una passione, una celestiale angoscia e uno stile incontraddistinguibile che si è conservato perfettamente per tutti questi anni, e che si conserverà sicuramente per un altro secolo, se non di più.

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